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“Papà, andiamo allo stadio a vedere il Napoli?”

Il punto di vista di un bambino tra sette ore fuori casa, il freddo, i trentamila sugli spalti. E l’osservazione finale: «Mi è piaciuto Reina».

“Papà, andiamo allo stadio a vedere il Napoli?”

A che ora partiamo?

È martedì, fa freddo come se fossimo in Alto Adige ma siamo solo a Castellammare e ci sentiamo davvero fuori luogo con il pigiama imbottito e i calzettoni tirati su fino alle ginocchia da fare invidia a Callejon. Il Napoli ha appena fatto fuori lo Spezia in Coppa Italia e, mentre sto riflettendo che Chichizola con i piedi è meglio di Maggio, arriva mio figlio Andrea e mi fa: “Papà, domenica andiamo al San Paolo a vedere il Napoli?” Si, andiamo dai, mi fa assai piacere.

“A che ora partiamo?” La partita è alle tre, ci conviene partire a mezzogiorno. “Così presto?”. Essì, mentre arriviamo a Napoli, il bordello sulla Tangenziale, il tempo di dare 10 euro al parcheggiatore semiabusivo, la mezz’ora di fila al tornello dei Distinti, una ventina di minuti per trovare un paio di sedili senza gomme azzeccate o cacche di piccioni risalenti all’epoca di Jonas Thern, un paio di morsi alla pizza di pasta che col freddo si sarà ammollata e si fanno le 3 meno 10, giusto il tempo di alluccare “chi non salta bianconero è” e inizia la partita.

E a che ora torniamo?

“E a che ora torniamo?”. Beh, il tempo di uscire dallo stadio senza ruciuliarsi per tutti i gradini dell’anello superiore, arrivare nel piazzale cercando di scansarsi quel centinaio di motorini che sfrecceranno tra la gente, l’eventuale festeggiamento nel caso in cui ritroviamo la macchina sana e salva, quell’oretta di traffico per uscire dall’ingorgo a croce uncinata post partita, la tangenziale e l’autostrada e per le 6 e mezza, sette siamo a casa. Marò, sei ore e mezza per andare a vedere una partita di 90 minuti?”  Essì, e mi sono tenuto stretto con i tempi. “Vabbè, papà, facciamo una cosa, vacci solo tu che io mi mangio lo spaghetto con le vongole che fa mammà e mi guardo Soy Luna, poi quando torni, se ancora non sono andato a letto, mi dici com’è finita”.

Alla fine però ha cambiato idea, è venuto nonostante il freddo e si è accomodato tra me e il fratello con lo sguardo vigile di chi vuole capire perché 30mila persone preferiscano guardare una partita del genere allo stadio e non sul divano di casa.

Cosa ti è piaciuto di più?

Dopo il rigore di Caprari saltelliamo un po’ e ci avviamo verso l’uscita sperando che quei nuvoloni carichi di pioggia sparino a salve almeno per un’altra mezz’ora. Approfitto del buonumore del momento e con molta circospezione gli chiedo: “Andrea, sei contento di essere venuto a vedere la partita?”  Sì, non è stato male dai, a parte il freddo, la bambina seduta vicino a me che mi ha scarpisato i piedi per tutto il tempo e la scatola di Cipster che era già finita quando Strinic, durante il riscaldamento, ha tirato verso la porta cogliendo uno che portava le cocacole in Curva B.

“Cosa ti è piaciuto di più, il gol di Hamsik, quello di Mertens oppure l’incazzatura del portiere del Pescara sul 2 a 0 contro non si sa chi?”. A me è piaciuto Pepe Reina. “Reina? Ma quello non ha fatto nemmeno una parata, cosa ti è piaciuto di lui oggi?”

Il suo completo, lo faceva tale e quale all’evidenziatore color zucca che mamma mi ha comprato venerdì da Mimì o’ cinese.

La pioggia non ci ha risparmiato, la macchina l’abbiamo ritrovata e alle sette eravamo a casa. Lo avevo avvisato, con i tempi mi ero tenuto stretto.

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