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Il Napolista intervista Sarrismo: «Noi siamo i 18 della rivoluzione»

Una chiacchierata informale con una pagina Facebook che ormai è un culto: «Sarri al Napoli conviene a De Laurentiis, al Napoli e a Sarri stesso».

Il Napolista intervista Sarrismo: «Noi siamo i 18 della rivoluzione»

Gianna Nannini

Poche cose, nella mia vita, mi risultano più odiose e indigeste di Gianna Nannini. Però non sono un ottuso. Nel senso: riconosco il suo valore di artista, l’importanza che riveste nella mappa della musica italiana. È brava a cantare, ha un suo valore iconico. Però, che volete, non ce la faccio. La sua “Sei nell’anima”, su di me, ha lo stesso effetto di un Lasix. Mi perdonerà, del resto io sono nessuno e lei è Gianna Nannini. Lasciateci almeno la possibilità di esprimere i gusti, a noi piccoli. Chiarita questa mia posizione iniziale, bella severa, allego il video dell’unico momento in cui Gianna Nannini mi ha dato piacere. È colpa di Sarrismo – Gioia e Rivoluzione.

Avrò rivisto questo montaggio una cinquantina di volte. Le prime volte ridevo tanto, che ne so, mi sembrava la reazione migliore. Credo di poter definire questa mia risposta emotiva come una manifestazione d’amore. Sono uno di quelli per cui la risata è soprattutto e principalmente amore, chiamatemi pure retorico.

Oggi, che ovviamente l’ho rivisto prima di inserirlo nel pezzo, ho provato qualche brivido. E allora sono stato orgoglioso di me, dell’attaccamento che riesco a provare verso le cose a cui tengo. In questo caso, sarebbe il primato estetico espresso dalla mia squadra del cuore.

Sono orgoglioso di questi miei brividi, la seconda dimostrazione d’amore che ho per questo video. Che poi è amore per quello che questo video rappresenta, ovviamente. Sarrismo – Gioia e Rivoluzione: chi cazzo siete?, vi devo conoscere, mi sono detto più volte. Nonostante Gianna Nannini.

«Una birra al bar»

Quando ho sentito per la prima volta che Sarrismo – Gioia e Rivoluzione si identifica in persone vere, con un nome e una voce e un’identità che va oltre la pagina, quasi ci sono rimasto male. È un po’ la storia di un empireo personale che si sgretola a contatto con la realtà. Il Gran Consiglio Sarrista è composto da miei pari, miei simili, no, che delusione. Il fatto che si siano dimostrati subito disponibili a lasciarsi intervistare per il Napolista ha mitigato questo senso di ingiustizia assoluto che mi permeava.

La mia proposta era quella di incontrarsi al tavolino di un bar, possibilmente all’aperto, con una birra davanti. A me piacciono le scure, tipo Guinness. Loro, probabilmente, avrebbero preso una chiara. Non lo so, c’ho questa idea ed è ancora una questione dell’empireo personale. Non la voglio cambiare. La risposta a questo invito, da parte del Gran Consiglio, è stata quella che mi aspettavo. Anzi, quella che volevo sentire: «Non è possibile, il Gran Consiglio è sparpagliato e non si riunisce facilmente. Dovremmo fare questo incontro solo virtualmente, ti sembra possibile riprodurre quest’atmosfera anche in un’intervista a distanza?». Ho risposto di sì, educatamente. Volevo dirgli sticazzi la distanza. Volevo dirgli che è il modo in cui si fanno le cose a determinarle. Volevo dirgli che voi, più di chiunque altro, dovreste saperlo. Mi sono trattenuto. Non li conoscevo ancora abbastanza.

L’attuale immagine di copertina del gruppo Facebook

Quando mi siedo a questo tavolino virtuale, ordino la mia scura e decido di incalzarli subito. So che sto per andare incontro a un conflitto ideologico pesante, vero, reale. Non so molto di politica, non mi considero un esperto, quindi sono in soggezione di fronte a una claque che si caratterizza per una scelta identitaria precisa. Allora, provo a spostare la discussione nel mio campo d’interesse e quindi d’azione. Gli chiedo, semplicemente, se il Napolista gli sta sul cazzo. Niente. C’hanno ragione loro, perché parlano bene e sanno di politica.

Risposta Sarrista (RS)Nulla di personale: vi teniamo ideologicamente sul cazzo. Siete l’emblema di una sinistra annacquata e imborghesita che parla di calcio per non parlare dei propri fallimenti, che assurge a propri idoli allenatori spagnoli rammolliti dall’ingordigia e dal 4-2-3-1.

Benitez. Lo sapevo. Il Napolista vive di etichette, lo so, ci sono dentro. Credo che questa del rafaelismo sia ancora più profonda che quella del filo-presidenzialismo. Puoi provare a lavare questo sito con l’acido citrico, con la lava dell’Etna, con qualsiasi composto liquido militare creato in laboratorio. Non va via.

Dato che loro, mentre bevono la loro bionda – hanno chiesto una Bolshaya Kruzhka Krepkoe alla spina, il guaglione del bar che è di Ponticelli centro si è chiuso in bagno a vomitare e poi gli ha portato una Peroni – si scambiano sorrisetti ironici sulla loro palese superiorità di conoscenza politica nei miei confronti, io lancio l’asso nella manica. Zdanov. È il loro precursore, ed è tutto del Napolista. Non voglio dire che abbiano copiato, ma che almeno si sono ispirati. Sorrido io, questa volta. Mi sento in vantaggio. E invece sono inscalfibili.

RS: Abbiamo copiato in maniera spudorata e arrogante, ma invitiamo il compagno Zdanov a evitare rimostranze: l’esilio a Southampton è dietro l’angolo.

Hanno ancora ragione. Ho sempre pensato anch’io che Southampton fosse un posto di merda.


Uno dei primi video pubblicati dalla pagina

Saperne di più

A questo punto, compresa l’area che tira al tavolino virtuale, decido di saperne di più. Due domande rapide. Con la prima gli chiedo nuovamente quanto gli stiamo sul cazzo dopo aver tirato in ballo il nostro Zdanov e averlo posto come capostipite di un certo movimento che poi hanno ereditato. E poi gli ho chiesto, semplicemente, chi fossero, da dove venissero, dove vanno. E un fiorino, of course.

Domanda Napolista (DN): Ecco, ve lo richiediamo: ora non è che vi stiamo sul cazzo dopo la domanda assassina su Zdanov? Sapete com’è, ci terremmo.

RS: La situazione, per dirla con Flaiano, “è grave ma non è seria”. Quando avremo preso il potere, vi verremo a prendere casa per casa. Sempre se nel frattempo non avrete abbracciato la Rivoluzione.

DN: La cosa che ci ha colpito di più della vostra pagina è la qualità. Che poi è una qualità culturale assoluta, nel senso di completa: avete conoscenze musicali, di storia politica, producete dei contenuti grafici e multimediali di alto livello e esteticamente ricercati. Ma voi, in realtà, chi siete? E come funzionate?

RS: Novembre 2015, conferenza stampa in Danimarca. Maurizio Sarri è incalzato da domande sediziose riguardanti il suo scarso ricorso al turn-over, scorciatoia per allenatori borghesi. Risponde così: “Io credo che in 18 persone si possa fare un colpo di Stato e prendere il potere”. Noi abbiamo deciso di essere quei 18. Il progetto iniziale era di andare a Chisinau a destituire nel sangue il governo moldavo, poi abbiamo pensato d’incanalare la nostra smania rivoluzionaria in un progetto che non avrebbe comportato la perdita della vita. Forse. Nessuno di noi, nella realtà, si occupa di cose legate al calcio. Siamo appassionati di Sarri e del Napoli. Un gruppo estremamente eterogeneo, che vive in zone diverse dell’Italia ma che riesce comunque ad attenersi a una rigida organizzazione interna. Una specie di soviet supremo, ma su WhatsApp.

Ideologia, tecnologia, compartecipazione. È la tempesta perfetta. È solo che hanno un pessimo gusto per le città, oltre che per la Nannini. Chisinau dopo Southampton. E mi citano la conferenza stampa fatta dal Comandante, lo chiamano così, a Herning. Il luogo del Midtjylland. La prossima volta che li intervisto gli chiedo se sanno comm’è bella Parigi. Così, per colorare il grigiore.

Ridere, ridere, ridere ancora

Gli metto davanti questa loro testimonianza. Il Gran Consiglio Sarrista ha finalità rivoluzionarie, questo l’ho capito, ma sembra avere anche finalità di intrattenimento. Nel senso: fanno ridere, sanno farlo. E riescono a farlo di tutti, anche di loro stessi. La storia di cui sopra, sono un retorico perché l’amore è ridere e ridere è amore. Glielo voglio chiedere.

DN: Siete anche autoironici, avete scritto che mangiate i bambini. Anche questo ci ha colpito molto. Perché siete lontani da bomberismi e nostalgismi vari, ovviamente parliamo di qualità, eppure riuscite a far sorridere. E, insieme, a far riflettere. Come giudicate, in questo senso, il vostro lavoro?

RS: Se avessimo fatto del bomberismo, il Comandante ci avrebbe idealmente sputato in faccia. Odiamo i tormentoni e il destino ha voluto che invece ne creassimo involontariamente alcuni: gulag time anche per noi. Ma siamo partiti senza l’ossessione (né la speranza) di raccogliere grandi numeri o di fare tendenza. Abbiamo solo pensato di raccontare Sarri e, con lui, un modo diverso d’intendere il calcio. E lo abbiamo fatto nell’unica maniera in cui sappiamo: divertendoci.

DN: Dopo l’autoironia, l’ironia pura. Che peso ha nella gestione della vostra pagina Facebook? E, soprattutto, vi rendete conto che l’ironia è il miglior modo per essere cinici e critici senza che nessuno ci resti male? Anche perché, ad esempio, la vostra ironia è molto più sottile e aristocratica di quella di Juventibus.

RS: Aristocratica lo dici a soreta. La sfida è utilizzare l’ironia anche nei momenti più difficili. Aiuta a tenere il punto anche quando tanti – tifosi volubili o cialtroni interessati – vorrebbero gettare tutto all’aria. Riderci su è fondamentale. Ma come dice il guru del nostro guru, Arrigo Sacchi, “il calcio è la cosa più seria tra le cose meno serie”. Non bisogna dimenticarlo. Ora: che cazzo è Juventibus?

Non oso rispondergli, non ho il coraggio. Un giorno, forse, gli girerò via telegrafo questo pezzo – dato che non potrò mai avere accesso al soviet supremo su Whatsapp. Lo farò, magari, quando li saprò più tranquilli. A rivoluzione ultimata, o almeno una volta che saranno tornati da Chisinau.

Nel frattempo, dopo aver dato dell’aristocratica a mia sorella, mi sono recato all’anagrafe e le ho fatto cambiare il nome di battesimo.

Si chiama Arianna, forse è sconveniente. Problemi di doppie.

Nadežda Konstantinovna mi pareva più conciliante, più sicuro. Ha un suono decisamente più dolce.

Sarrismo

Frattagrad. Geniale.

Il Comandante

Maurizio Sarri, per me, è il miglior allenatore che abbia mai visto sulla panchina del Napoli. Allenatore, sottolineo allenatore. Ho amato visceralmente Benitez, lo difenderò da oggi fino alla fine dei tempi. Grazie a lui, ho imparato ad amare anche Sarri. Rafa mi ha fatto innamorare di Maurizio ben prima che lo conoscessi davvero. Preventivamente. L’ideale, per me, sarebbe il duopolio: Benitez manager, Sarri in campo. Una miscela esplosiva per una convivenza impossibile.

Questa cosa, ovviamente, l’ho scritta dopo l’intervista vera e propria. Col cazzo che la dico a questi, che ora hanno finito la birra e attendono la conclusione di questo colloquio. Abbiamo parlato di loro, abbiamo parlato di noi attraverso le differenze con loro. Sarrismo – Gioia e Rivoluzione è una pagina concettualmente aperta al confronto. Nel senso che ti fa confrontare con una realtà, quella disegnata dalla pagina stessa, a carattere mono e multitematico insieme. Sarri, e da Sarri discende il tutto. E allora, non posso che chiudere parlando proprio di Sarri. Del concetto dietro questo allenatore, questa figura. Loro si rilassano, li vedo già. È il loro campo d’azione preferito.

DN: Sarri, da una certa parte della tifoseria, è visto come un santone assoluto. Uno che non sbaglia mai, che non può sbagliare. La pensate anche voi così? Pensate che sia giusto questo atteggiamento quasi fideistico? Per noi, ad esempio, lui è stato balbettante dal punto di vista comunicativo fino a un certo punto di questa stagione. Poi si è evoluto, è migliorato molto. La gestione del campo, invece, è condivisibile e giusta, vicina alla perfezione. Per voi ha commesso qualche errore?

RS: I tifosi del Napoli sanno essere molto critici. Una parte di loro, fomentata dalla stampa reazionaria, ha massacrato Sarri dopo le prime tre uscite della stagione 15-16. C’è chi ancora oggi gli contesta Insigne trequartista quando il problema del rombo era difensivo, chi ne ha chiesto la testa dopo il pari interno col Sassuolo. Lo diciamo sussurrando: il Comandante può sbagliare, ha sbagliato e continuerà a sbagliare. Non ci piace quando parla di fatturato: è un fenomeno e non ha nessun motivo di giustificarsi, tanto meno utilizzando il cavallo di battaglia del vostro idolo spagnolo. Qualche errore di comunicazione lo ha commesso la scorsa stagione, vedi l’ormai celebre storia di Mancini “finocchio”. Tuttavia, anche in una serata no, arrivò la perla: “Avrei potuto dargli del democristiano”.

Decido che voglio farmi odiare. Che possono farlo, anzi devono. Questo colloquio virtuale è avvenuto dopo Madrid, non posso esimermi dal tirare in ballo il postpartita del Berbabéu. Lo merito io, che mi sono presentato al cospetto del Gran Consiglio da solo, disarmato e porgendo un ramoscello d’ulivo. Lo meritano loro, sento di poterlo dire: quelli di Sarrismo – Gioia e Rivoluzione hanno testa e palle per poter esprimere la loro opinione su tutto.

Anzi no, solo la testa. Le altre due cosette dichiarano spontaneamente di averle perse. Dicono che sono cadute.

DN: L’ultima domanda, purtroppo, riguarda l’attualità: la querelle post-Madrid. Noi abbiamo ospitato molte opinioni, soprattutto contrarie a De Laurentiis. A voi sono prima cadute le palle, poi avete emesso due “comunicati” (qui e qui, ndr). Ora, che la situazione volge al freddo, come giudicate la cosa? Come vedete il futuro della Rivoluzione sarrista?

RS: A lungo abbiamo evitato di parlare del presidente De Laurentiis. Sono in tanti a sguazzare nel “papponismo”, noi preferiamo parlare di calcio. Ma dopo Madrid non potevamo esimerci: sfogo totalmente fuori luogo e fuori tempo, i cui strascichi dobbiamo adesso lasciarci alle spalle. Crediamo che il Comandante continuerà a guidare a lungo la Rivoluzione a Napoli. Conviene a lui, che qui ha trovato un terreno fertile alla propria idea di calcio e che qui sta costruendo un progetto tecnico del quale non si può che ipotizzare un avvenire radioso.

E conviene al Napoli, che in Maurizio Sarri ha individuato l’allenatore più adatto cui affidare una squadra giovane ma ambiziosa. De Laurentiis questo lo sa bene: le sue provocazioni, figlie di un’umana gelosia verso la popolarità di un professionista che sarà pure suo dipendente ma non sarà mai sua creatura, non si spingeranno oltre il punto di rottura. E dall’altra parte il Comandante, per come tutti noi abbiamo imparato a conoscerlo, non sembra tipo facile alla resa.

L’ultima sorsata di birra. È quasi calda. Mi alzo, ringrazio, saluto e faccio per andare via. Loro mi salutano. Avverto meno distacco rispetto all’inizio dell’intervista, ma forse è solo una mia sensazione. Anzi, forse è una speranza. Torno nel mondo reale, riaccendo il pc e mi metto a scrivere.

Ho finito. Sorrido. Vado sulla pagina, mi rivedo il video di Cagliari-Napoli. Meravigliosa Creatura, e stigrancazzi che canta la Nannini. Ora che li conosco, a quelli di Sarrismo – Gioia e Rivoluzione, so che hanno fatto una hazzata a mettere questa canzone. Altre volte hanno fatto meglio. Tipo qui.

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