La maturazione di Insigne, forse, è giunta a compimento. Ha ritrovato le misure della stagione scorsa, ha dimenticato la vicenda contratto, è fondamentale per il Napoli.
Chiedersi cosa sia Insigne
La condizione assoluta espressa da nelle ultime partite ci spinge a formulare un interrogativo: Lorenzo Insigne è arrivato al punto di maturazione definitivo? Al di là del lavoro in allenamento che potrà fare da qui fino al termine della sua carriera, Insigne è questo qui? Così forte, così maturo, così decisivo? Oppure è ancora intermittente, mentalmente influenzabile dagli eventi, non ancora “pronto” a essere davvero un leader, quantomeno tecnico?
Ovviamente, sono domande retoriche. Non c’è risposta, non può esserci. Insigne, come tutti i calciatori di questo mondo, vive di periodi. Cioè, le sue doti non cambiano e non andrebbero mai messe in discussione. Il rendimento sì, invece. È capitato persino a Messi, anche Maradona è stato fischiato a Napoli. Non c’è necessità di crucciarsi, i calciatori più fantasiosi possono vivere momenti di appannamento. Ma poi tornano.
Il vecchio Insigne, il nuovo Insigne
Ecco, Lorenzo è tornato. Ha saputo riprendersi la sua scena, ha saputo recuperare le sue migliori misure di sempre. Quelle dell’inizio dello scorso campionato, che raccontano di assist e gol e giocate decisive. A ripetizione, di fila. Una serie di sorrisi che sembrava essersi smarrita tra la fine della scorsa stagione e l’inizio di questa. Un periodo bifase, con al centro l’Europeo e l’assurda querelle su un contratto rinnovato di fresco, che quando si è iniziato a parlare non era nemmeno due anni. Certo, Insigne merita il rinnovo. Magari non alle cifre che sono circolate, e su cui abbiamo scritto tanto. tantissimo (qui l’ultima volta), ma ormai ha uno status riconosciuto che gli permetterebbe di guadagnare di più altrove. Di conseguenza, deve guadagnare di più anche a Napoli. Non si scappa.
Contratto
Insigne merita questo rinnovo proprio perché ha dimostrato di meritarselo. Perché, dopo l’inizio a marce ridotte, ha saputo recuperare le misure del professionista pure nel rendimento. Nel senso: si è sempre allenato bene, ha scazzato qualche volta per qualche sostituzione ma sono cose che rientrano nel gioco, e nel gioco del perssoaggio. Poi, si è tolto l’ossessione del gol dalla testa ed è diventato di nuovo un calciatore fondamentale per il Napoli. Abbiamo scritto anche questo, e proprio durante il suo periodo biondo – che, ovviamente solo per curiosa coincidenza temporale, si può identificare come il suo periodo nero. Il titolo di quel pezzo era “Quant’è forte Insigne quando non vuole spaccare il mondo“. E scrivevamo così:
E allora, Insigne, prendi questo turnover tattico impostato da Sarri come una giusta prova dopo le meritatissime gratificazioni dello scorso anno. Consideralo possibilità per crescere ancora. Per affinare ancora di più il tuo campionario, per poterti evolvere in qualcosa che punti al sodo. Non crucciarti del gol che non è ancora arrivato, perché nel frattempo sono arrivati tre passaggi decisivi tutti belli e difficili e che nessuno avrebbe fatto.
Avrebbe segnato, poi, Insigne. A Udine, una doppietta scacciacrisi. Per Insigne, e per il Napoli. Poi avrebbe segnato e segnato ancora, fino a San Siro, al Bernabeu, all’altra perla di ieri. Che si è consumata in un’altra giornata in cui è ricomparsa di nuovo l’idea del turnover, con Mertens in panchina nonostante il suo fuoco e le sue fiamme di questo 2017, e Pavoletti in campo. L’altro intoccabile, insieme all’intoccabile per antonomasia Callejon, è stato proprio Lorenzo Insigne. Come l’anno scorso, che Dries ha soprattutto scaldato la panchina. Della serie: anche Sarri sa che Insigne è indispensabile. Lo sa perché se n’è reso conto, lo sa perché l’ha sempre saputo.
Utile e dilettevole
Insigne ha saputo recuperare questa dimensione di insostituibilità, ha saputo metterci dentro l’upgrade dell’efficacia e dell’essere decisivo. Oltre che bello, ma quello non è mai mancato a Lorenzo. Il gol di ieri è la sintesi di tutto ciò: la giocata migliore, la più utile, è stata anche la più bella. Ma quella, se vogliamo, è solo la ciliegina. Una ciliegina gustosa, importante, che però va tu una torta di giocate utili e della solita tecnica sopraffina. Fa anche un assist, Insigne, ma nessuno se lo ricorda. Il bellissimo gol di Zielinski nasce da un suo tocco a liberare il polacco. Quant’è forte Insigne quando non vuole spaccare il mondo. Quando non ne ha l’ossessione.
Anche perché, poi, giocando giocando, ci riesce pure. Come ieri, col suo tiraggiro. Come a Madrid, come a Bologna e Milano. È Insigne il campione, anche se a volte un po’ irritante e intermittente. Solo che succede molto di rado, e sempre più di rado. Il punto di maturazione definitivo, forse.