È gran parte merito del presidente se siamo arrivati a Madrid, ma deve imparare a controllarsi. Sarà colpa sua se il Napoli sbanderà nel prossimo mese.
In trent’anni il Real solo in amichevole
Ogni volta che mi è capitato di scrivere o di pronunciare “Real Madrid” in questi giorni mi ha assalito una sensazione di straniamento. Una partita così, negli ultimi 30 anni, l’abbiamo potuta giocare solo in amichevole (ad Alicante nel 2000). Oppure alla play station o a Subbuteo. Una fantasia, quindi. Un sogno, se vogliamo. E invece ieri sera al Santiago Bernabeu c’era il Napoli vero. C’era il capitano Hamsik. C’erano Mertens e Insigne. Nel Napoli c’erano addirittura due giocatori che su quel campo tornavano da ex.
Dall’altro lato c’era una squadra formidabile, fatta di veri e propri fenomeni. Una squadra campione d’Europa in carica e campione del mondo anche. In panchina c’era Zidane, uno che ha vinto tutto anche quando giocava. Eppure eravamo lì, bianchi contro neri, come in una partita a scacchi. Quando il cronometro ha cominciato a correre, e il risultato era zero a zero, si è capito che per noi non era la partita della vita, per loro non era un allenamento.
Napoli all’altezza della Champions
Il Napoli è stato all’altezza della Champions League. Ha dato fastidio al Real Madrid. E’ andato in vantaggio, addirittura. Poi ha subito la rimonta e due gol in apertura di secondo tempo. Ma non è sparito dal campo. Ha segnato un secondo gol, purtroppo in fuorigioco. Ha sfiorato un gol con Mertens.
Nello sport esistono i rapporti di forza, esiste il timore reverenziale, esiste la superiorità atletica, esiste l’esperienza. Tutti questi fattori erano contro il Napoli, eppure in campo si è vista una partita a tratti equilibrata. Uno dei tre gol subiti è stato un coniglio tirato fuori dal cilindro, gli altri due sono stati frutto della superiorità tecnica. Il Napoli ha affrontato la partita restando il Napoli, provando a giocare come sa, senza cedere alla tentazione di plasmarsi sull’avversario. E restando il Napoli ha perso 3-1, con a centrocampo un ragazzino di 19 anni e uno di 22.
Il Barcellona ha preso 4 gol, l’Arsenal 5
Delle prime 4 partite giocate, in due casi il discorso qualificazione è chiuso. Il PSG ha rifilato 4 gol al Barcellona. Il Bayern 5 all’Arsenal. Il Real Madrid, invece, ha messo un tassello importante, ma non è sicuro al 100% di andare ai quarti. Probabilmente lo farà, ma dovrà venire a giocare un’altra partita vera al San Paolo.
Veniamo al premio per la maglia sudata
Al terzo posto: Pepe Reina.
Il primo tiro lo ha dovuto parare dopo 25 secondi di gioco. Ne ha presi 3 di gol, uno tratto dai libri di fantascienza calcistica, gli altri due comunque imparabili. Ma ha tenuto i nervi saldi, ha salvato la porta in almeno due occasioni uscendo tra i piedi di gente come Ronaldo e Benzemà. Ha provato a dare sicurezza alla squadra cercando sempre la precisione nei rinvii e addirittura azzardando un dribbling in area di rigore. Reina ha fatto capire ai suoi compagni e agli avversari che non aveva paura dei Galacticos.
Al secondo posto: Lorenzo Insigne
Chissà che gli è passato per la testa dopo 8 minuti di gioco, quando ha visto il portiere del Madrid posizionato malissimo e lo ha infilato con un tiro beffardo da 40 metri. E’ una giocata che gli abbiamo visto provare altre volte, non gli era riuscita mai. Dopo il gol ha cercato di fare il meglio che poteva, sia in fase offensiva che in quella difensiva. Ha recuperato un paio di palloni importanti, ha provato alcune delle sue aperture preferite, ma, soprattutto, è entrato nella storia per essere il primo azzurro a segnare al Bernabeu.
Mr. Maglia sudata per Real Madrid – Napoli: Amadou Diawarà
L’8 febbraio 2015 Diawarà ha esordito nel calcio professionistico, precisamente in Lega Pro, durante la partita Santarcangelo – San Marino. Due anni e 7 giorni dopo è sceso in campo al Santiago Bernabeu. Basterebbe questo per lodare questo ragazzo. Basterebbe la strada fatta in 740 giorni. Ma Diawarà ci ha messo dell’altro. Sarà l’incoscienza dell’età o una personalità fuori dal comune, ma era quello che in campo mostrava meno timore. Ha sbagliato più del solito, forse, ma ha tentato spesso la giocata. Con un lancio millimetrico ha pescato Callejon in area di rigore e per un nulla il Napoli non segnava il 3-2. Ha palleggiato, trovato il dribbling, tenuto la testa alta per tutto l’incontro. Se esiste un simbolo della maturità del Napoli questo è il suo giocatore più giovane.
La maglia asciutta ad Aurelio De Laurentiis
Il più maturo è stato il più giovane, il più immaturo è stato il più anziano, il patron, quello che più di ogni altro doveva essere soddisfatto della partita di ieri sera.
Quali che siano le motivazioni personali che lo hanno spinto a rilasciare quelle dichiarazioni nel dopo gara, De Laurentiis ha sbagliato. Sotto qualunque ottica la guardiamo. Sia che volesse mandare un messaggio di rescissione anticipata a Sarri, sia che volesse sfogare una frustrazione, sia che volesse attirare l’attenzione. Non esiste una spiegazione plausibile per le parole che ha detto.
Ha fatto incazzare l’allenatore, i giocatori, i tifosi. Ha dato materiale polemico in pasto a giornali che non aspettano altro. Ha sminuito la prestazione della squadra e il suo stesso lavoro.
Se il Napoli è agli ottavi di Champions League contro il Real Madrid è soprattutto merito suo, se la squadra sbanderà nel prossimo fondamentale mese sarà soprattutto colpa sua.
Non è la prima volta che in un momento topico il presidente perde le staffe. Non per questo siamo tenuti a farci l’abitudine.
Fabio Avallone ilnapolista © riproduzione riservata