Un bellissimo racconto di calcio e amore, ambientato nello spazio. Un pallone lanciato in orbita, una missione finita male e una seconda possibilità. Forse, quella giusta.
“… tutto pronto per il calcio di punizione, parte il tiro… niente di fatto, palla alle stelle!”
E’ una metafora piuttosto abusata nelle telecronache. Una di quelle frasi fatte che abbiamo ascoltato centinaia di volte. La storia che raccontiamo oggi, però, è quella di un pallone che tra le stelle ci è finito sul serio, anche se per arrivarci ci ha messo più di trent’anni. Tutto comincia nel 1986, a gennaio.
Non c’era ancora stato il gol del secolo, all’epoca, e Diego Maradona avrebbe coronato il sogno di “salir campeon” di lì a qualche mese, a Città del Messico. Non molto distante da lì, un paio d’ore d’aereo precisamente, a Houston, Texas, c’è una scuola – la Clear Lake High School – che ha due squadre di calcio, quella maschile e quella femminile. Si chiamano entrambe Falcon. Le ragazzine della scuola giocano bene in quegli anni, stanno per vincere il torneo del distretto e lo vinceranno, negli anni a seguire, per altre 4 volte di seguito. Magari qualcuna di loro, alla fatidica domanda “cosa vuoi fare da grande” avrà risposto che vuole giocare al calcio. Qualcun’altra, invece, avrà risposto che vuole fare l’astronauta.
L’idea
Forse è proprio così che a Janelle Onizuka, classe 1970, viene un’idea. Lei in famiglia ha qualcuno che il suo sogno lo ha già realizzato, esattamente un anno prima. Il 24 gennaio del 1985, infatti, suo padre Elison Onizuka ha preso parte alla missione STS 51C dello Space Shuttle Discovery come responsabile di carico. E’ un astronauta vero, Elison. Lui, di origine giapponese e di religione buddista, è stato il primo americano di origine asiatica a raggiungere lo spazio.
Di quella missione, durata 3 giorni, 1 ora, 33 minuti e 23 secondi, non si sa molto. Fu la prima missione compiuta per conto del Dipartimento della Difesa statunitense e molte informazioni sono tutt’oggi secretate. Tutto dovette andare per il meglio, però, visto che un anno dopo Onizuka venne arruolato per tornare nello spazio: missione STS 51L. Janelle non perse tempo, dunque, e pensò di mandare in orbita, insieme al papà, qualcosa a cui teneva molto, qualcosa che potesse rappresentare i sogni suoi e delle sue amiche.
Bianco, con i pentagoni neri
Così prese un pallone, uno di quelli di cuoio, bianco con i pentagoni neri, come si usava all’epoca, lo fece firmare da tutte le sue compagne di squadra e lo consegnò ad Elison che lo mise tra i suoi effetti personali, insieme ad un pallone da football e ad una bandiera a stelle e strisce. Tutto finì sullo Space Shuttle Challenger, giunto ormai al suo decimo volo, Partenza fissata, dopo un rinvio, per il 28 gennaio 1986.
Il sogno di Janelle, però, si infranse in soli 75 secondi. Lo Shuttle decollato da Cape Canaveral ebbe un’avaria, uno dei due reattori esplose e si disintegrò in diretta TV, davanti a milioni di telespettatori. 120 tonnellate di detriti del veivolo finirono in fondo all’oceano atlantico. Tra quelli recuperati ci fu il pallone che Janelle voleva sapere tra le stelle insieme al papà. Le fu riconsegnato insieme agli altri oggetti ritrovati e da allora lo ha custodito gelosamente.
Trent’anni dopo
Trent’anni dopo un altro astronauta iscrive il figlio alla Clear Like High School di Houston. Si tratta di Shane Kimbrough, della Nasa. Il sogno di Janelle di portare quel pallone tra le stelle diventa ad un tratto di nuovo possibile. Kimbrough, che evidentemente non è scaramantico, decide che sì, si può fare. Lui è il comandante della cinquantesima missione sulla Stazione Spaziale internazionale, prende il pallone di Janelle e lo porta con sé. Il 3 febbraio Kimbrough twitta un’immagine incredibilmente poetica: il pallone di Janelle che fluttua all’esterno della Stazione Spaziale.
This ball was on Challenger that fateful day. Flown by Ellison Onizuka for his daughter, a soccer player @Clear_LakeHS. #NASARemembers pic.twitter.com/grShwq372X
— Shane Kimbrough (@astro_kimbrough) 3 febbraio 2017
“Questo pallone era sul Challenger quel fatidico giorno. Ora è pilotato da Elison Onizuka per sua figlia, una giocatrice di calcio”. L’emozione di Janelle, nel vedere dopo 31 anni il suo pallone tra le stelle, possiamo solo immaginarla. “Quel pallone in qualche modo ha continuato la missione che mio padre ha intrapreso tanti anni fa – ha dichiarato – ha continuato a viaggiare ed esplorare lo spazio, ispirando tanti attraverso la sua storia”.
Ora il pallone delle Falcon della Clear Like High School del 1986 vaga nello spazio, portando con sé il sogno spezzato di Elison e degli altri membri dell’equipaggio dello Space Shuttle Challenger, ma anche quello realizzato di Janelle e delle sue compagne di squadra di allora. Guardandolo non si può non pensare che, alle volte, c’è una seconda possibilità e che, magari, è quella giusta.