La lettera a Repubblica di un giovane arbitro aggredito nel Milanese per un dubbio fallo di mano in area.
Riportiamo sul Napolista la lettera di un arbitro di calcio pubblicata oggi da Repubblica nello spazio curato da Corrado Augias.
Picchiato in campo a Cernusco sul Naviglio
Sono un arbitro di calcio e sono stato picchiato in campo, a partita in corso, poche ore fa. Ho 21 anni, sono uno studente di Milano, e ho iniziato ad arbitrare tesserato Aia Figc a 16 anni. Dopo tre anni di arbitraggio professionale decido di smettere, stanco di insulti, proteste, tensione e maleducazione dilagante. Un anno di stop, poi la mia grande passione per questo sport ha il sopravvento.
Un fallo di mano in area
Torno in un campionato amatoriale. Nonostante i continui atteggiamenti di protesta e insulti dei giocatori trovo la motivazione per tornare ogni settimana in campo. Oggi però durante la partita c’è stato un episodio dubbio: un fallo di mano in area di rigore. Io non sono nelle condizioni di valutare con certezza l’episiodio, decido di non fischiare. Non faccio a tempo a fare un passo che un giocatore corre verso di me e mi scaraventa al suolo. Io mi alzo, vengo colpito al volto, rimango impassibile. Vengo preso per la maglia e stretto al braccio.
L’emulazione
Penso di aver perso l’amore per questo sport. Tuttavia ho ancora una speranza. Senza dubbio l’episodio di stasera è stato causa dell’ignoranza del singolo, tuttavia non posso non essere amareggiato e sì, arrabbiato, con le società calcistiche professionali. Che con proteste plateali e frasi ingiuriose danno luogo a palcoscenici di odio nei confronti della figura arbitrale. Si tratta di un fatto di una gravità infinita, perché in serie A gli arbitri sono protetti dai carabinieri, ma sul campo di Cernusco sul Naviglio io sono solo. Le persone ignoranti si sentono giustificate a emulare questi atteggiamenti, portandoli agli estremi. E io, stanco, triste e pure dolorante, ne pago le conseguenze.
Carlo Barbesino