Parla l’avvocato dell’uomo che faceva da trait d’union tra ultras e Juventus nonché indagato per associazione mafiosa. E smonta la linea difensiva dei bianconeri.
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La prima udienza di Alto Piemonte
La prima udienza del processo Alto Piemonte regala la notizia del giorno. Notizia che fa comprendere quanto la vicenda Juventus-ultras-‘ndrangheta sia diventata delicata. Per giorni, la difesa della Juventus – che non è indagata nel processo penale ma in quello sportivo sì – è stata incentrata sull’assenza di rapporti tra il club ed esponenti della ‘ndrangheta. Dove per esponenti della ‘ndrangheta cui era stata demandata – in quanto ultras la – gestione dei biglietti si intendeva appunto Rocco Dominello. Oggi l’avvocato di Dominello ha risposto in maniera inequivocabile e ha lanciato un messaggio eloquente ad Agnelli e alla società bianconera. Per la serie: se la Juventus voleva costruire la propria linea difensiva scaricando Dominello, è meglio che cambiate tattica e modulo.
Indagato per il 416 bis
Dominello è indagato con il padre Saverio per il reato 416 bis (associazione mafiosa) nel processo che si è aperto oggi a Torino. I Dominello sono considerati dall’accusa esponenti del clan Pesce-Bellocco di Rosarno. È Dominello è il trait d’union tra la Juventus e gli ultras ed è attraverso di lui che la Juventus cedeva ai gruppo organizzati parte della gestione dei biglietti. È qui importante ricordare che ai fini della giustizia sportiva è ininfluente se Dominello sia o meno appartenente alla ‘ndrangheta. La Juventus – per ammissione dell’ex direttore marketing Francesco Calvo – aveva ceduto per quieto vivere alle pressioni degli ultras perla gestione e la vendita dei biglietti.
«Dominello non è un mafioso»
La novità, tutt’altro che irrilevante, di giornata è che è stato l’avvocato di Rocco Dominello a fugare ogni dubbio: lui e Andrea Agnelli si sono incontrati più e più volte alla luce del sole. «Rocco Dominello non è un boss mafioso – queste le parole del suo avvocato Ivano Chiesa -, valuteremo ai fini di una querela le dichiarazioni rese da tutti quanti, comprese quelle del procuratore federale Giuseppe Pecoraro». E ancora: «Andrea Agnelli dice il vero quando afferma di non avere mai incontrato un boss, perché Dominello non è un boss. Se danno per scontato che il mio cliente sia un mafioso, quando si tratta solo di un’ipotesi accusatoria, muoveremo le azioni necessarie per tutelarci. Agnelli e Rocco si sono incontrati più volte, da soli e con altre persone, comeè normale che sia tra il presidente di una squadra di calcio e il rappresentante di un gruppo ultrà. Sono stati incontri leciti, alla luce del sole».
La dichiarazione sibillina
Non pago, ai microfoni di Mediaset, l’avvocato di Dominello ha rincarato la dose: «Se dovessimo andare a dibattimento, il primo testimone che noi citeremo sarà il presidente Agnelli perché confermi i rapporti leciti che ci sono stati tra Dominello Rocco e la presidenza. I due si sono parlati più di una volta e sicuramente il signor D’Angelo conosce queste circostanze». Una dichiarazione sibillina che suona come una chiamata fin troppo chiara.
A questo punto, le intercettazioni di ieri sono superate dai fatti.
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Repubblica.it