Sembra che Napoli sia Beirut anni Ottanta. Sotto inchiesta è la Juve, la connivenza (dice la Procura) per gli striscioni su Superga è della Juve. Peccato che il Napoli si è prestato a questa narrazione.
Ci si mette anche il Napoli
La narrazione di Napoli-Juventus è a dir poco sorprendente. A guardare la tv e ad ascoltare le dichiarazioni dei protagonisti e – ahinoi – anche a leggere il sito del Calcio Napoli, sembra che la nobile Juventus stia venendo a giocare in una polveriera, in una Beirut anni Ottanta. Dove – e lo scrive un giornale mai tenero con i tifosi del Napoli, organizzati e non – da tempo non ci sono incidenti tali da giustificare un appello francamente incomprensibile che campeggia sul sito del Calcio Napoli. Anche il passaggio dedicato all’arbitro è un clamoroso autogol mediatico. Prima si aizza la canea dopo Juventus-Napoli di Coppa Italia, con un linguaggio sopra le righe, e poi si prova a rimediare con uno scarno comunicatino di cui non si comprende la ratio.
Gli striscioni su Superga non sono del Napoli
Quel che sconcerta, mediaticamente, è ascoltare appelli più o meno velati alla civiltà dei tifosi del Napoli, quando affrontiamo una squadra la cui tifoseria ogni domenica si contraddistingue allo Juventus Stadium per cori razzisti. Affrontiamo una società che è sotto processo per rapporti illegali con la tifoseria organizzata cui delegava parte della vendita dei biglietti. Tifoseria organizzata che forse ha in alcuni elementi legami con la ‘ndrangheta. Una società il cui presidente Andrea Agnelli – stando all’accusa della Procura federale, poi ci sarà un processo – era a conoscenza degli striscioni offensivi su Superga introdotti allo Stadium. Notizia che ovviamente in settimana abbiamo fatto fatica a leggere sui quotidiani. Non parliamo delle tv.
Higuain sarà fischiato, è la legge dello stadio
Insomma, occorre un minimo senso delle proporzioni. Dispiace che anche il Napoli si sia prestato a una narrazione che a parere del Napolista non rende il clima che c’è in città. Higuain sarà fischiato, così come lo fu Paolo Rossi nel 1979. Allora campeggiavano almeno due sagome col numero 9 impiccate. È lo stadio. Non possiamo (e non vogliamo) anestetizzarlo. Un sacro vaffanculo non ha mai fatto male a nessuno. Ma ci aspetteremmo dai media uguale attenzione per i cori razzisti che ogni domenica intonano allo Stadium.
Capiamo che questa narrazione di Napoli è favorita da un tripudio di oleografia enfatizzato finanche da personaggi in vista della città e dal sindaco de Magistris che ne è diventato un cantore. Però ci sembra che si stia esagerando. E lo scrive il Napolista che ha da sempre un rapporto profondamente conflittuale con Napoli e i napoletani.
Oggi e mercoledì si giocheranno due partite di calcio in una città che andrebbe raccontata non più come una macchietta. E per primi i napoletani dovrebbero sottrarsi a quest’operazione che finisce soltanto con lo screditarci. Speriamo che prima o poi qualcuno lo capisca.