Un giro in città per sondare gli umori. E la constatazione che non è affatto l’argomento del giorno. Napoli distrattamente pensa a Higuain.
A tutti quelli che leggendo il pezzo penseranno: ma chist nun ten niente a fà?, fornisco subito due tipi di risposte. Lascio a voi la scelta su quale sia la più appropriata al vostro modo di essere:
1 – Ho un ordine di priorità completamente diverso da quello della maggior parte della gente.
2 – Fatevi i fatti vostri…
Sgomberato subito il campo da ogni sorta di dubbio retorico e non, passiamo a cose più importanti. Nella settimana in cui la capolista scenderà nel catino infernale del San Paolo, non una bensì due volte, la nostra città dimostra una crescita socioculturale che la pone di diritto tra le grandi capitali europee e perché no, mondiali. Tra quelle grandi città che, se proprio non riescono a guardare con distacco al football, lo maneggiano come uno degli elementi che ne caratterizzano la vita al pari di altri come la moda, il teatro, il cinema e non come invece accade da sempre, come l’unico fenomeno catalizzatore delle attenzioni di tutti.
Girando per la città, ad appena due giorni dal big-match, non si percepisce alcuno stato di fibrillazione nella gente, nessuna attesa spasmodica, nessuna ansia da prestazione. Caricare l’evento è qualcosa che avviene a un altro livello: giornali, televisioni, social media. In città, la strada mi ha detto che le cose non stanno proprio così, a differenza degli anni passati in cui si cominciava a parlare di Napoli-Juve dal lunedì precedente.
Partendo dal Vomero
Sostando sulle varie panchine monopolizzate come risaputo sin dalle prime luci dell’alba da bellicosi gruppetti di pensionati o inacidite vecchiette logorate dal tempo psichicamente più che fisicamente, cerco di tendere l’orecchio alle loro discussioni. Nel giro di un’ora e mezza di spionaggio auricolare i temi più gettonati sono: pensioni, amministrazione comunale, dolori articolari, medicinali. Nessun accenno alla gara di domenica sera. Nemmeno un insulto o una jastemma all’argentino traditore.
L’estrazione del Lotto
Deluso, mi incammino per il Petraio e dopo aver tagliato corso Vittorio Emanuele comincio a girare i quartieri convinto di trovare, in questa Napoli più popolare, quello che cerco. Entro in un paio di bar, in una merceria e infine in una tabaccheria-ricevitoria del lotto gremita di gente. Mi intalleo appositamente. Scelgo la fila più lunga. Lancio sguardi interrogativi e di complicità in giro, cerco di attaccare bottone con un paio di signori. Tutti gli occhi sono puntati sullo schermo dell’estrazione del 10 e lotto. Ora sì che c’è fibrillazione. La tensione è palpabile. Il silenzio impressionante. Quando viene fuori l’ultimo numero, l’88 che, come quasi sempre succede, non è buono per nessuno, qualche gesto di disapprovazione, qualche imprecazione, qualcuno abbandona la scena, altri si riaccodano per tentare ancora la fortuna, qualche pensionata ostinata si riavvicina al bancone brandendo il foglietto della giocata precedente per ritentare la sorte con gli stessi numeri appena falliti. Ma di Napoli-Juve ancora nessuna traccia.
Via Toledo.
Commercianti, turisti, volanti della polizia. Fiumane di persone. Entro nei negozi anche qui. Mi accodo a coppiette, a gruppi di amici, a ragazzi vestiti tutti uguali e a ragazzine che si tengono per mano. Venditori di sciarpe e bandiere agli angoli coi quartieri. Mi siedo su una panchina a piazza Carità accanto a due ragazzi. Avranno una ventina d’anni. All’improvviso, mentre stanno parlando di una compagna di corsi all’Università, una certa Alessandra, sottolineandone le qualità fisiche con colorita partecipazione, uno dei due senza dare il giusto peso alla sua affermazione fa: “Ma domenica c’è Napoli-Juve?”. Guardo l’orologio. Sono esattamente le 12:04. Sono in giro da quasi tre ore. Neanche il tempo di pensare ah, ecco ci siamo, che l’altro smorza ogni mio entusiasmo. “Mi sembra che giocano sabato,” dice senza conoscere la gravità della sua affermazione sia nella sostanza sia nel disinteresse che mostra verso l’argomento nel buttarla fuori.
Aspetto in attesa di repliche e approfondimenti. Mi chiedo se devo intervenire per correggere l’informazione errata. Un secondo dopo sprofondano entrambi nei cellulari. “Eccola, l’ho trovata la foto che cercavo,” dice il primo “guarda qua che tette.” “A volte è venuta vestita così anche all’Università,” replica quello che ha detto che Napoli-Juve la giocano sabato con una nota d’entusiasmo sull’ultimo accento. Decido che non meritano di essere corretti. Mi alzo e me ne vado ancor più deluso.
Piazza del Gesù, San Biagio dei Librai, Piazza San Domenico Maggiore
Entro in una pizzeria. Prendo una margherita e una birra seduto in mezzo a studenti universitari e gruppetti di turisti. “Studio Sport” dal televisore in sala dedica una quindicina di minuti buoni a Napoli-Juve. Nessuno fa caso alla tivvù, neppure i due in giacca e cravatta, napoletanissimi, che stanno mangiando seduti al tavolino accanto al mio. Nessuno alza lo sguardo verso lo schermo. I due pizzaioli continuano a impastare e sfornare pizze di tutte le specie, le cameriere e i camerieri continuano a sgusciare agili tra i tavoli e a rivolgersi con cortesia agli avventori.
Un dubbio mi prende: ma sono a Napoli? Esco.
San Gregorio Armeno, Piazza San Gaetano, Piazza Luigi Miraglia.
Mi siedo su una panchina. Dopo un po’ arrivano due uomini sulla cinquantina. Uno dei due ha “Il Mattino” sottobraccio. Si siedono accanto a me.
“Che faccimm rummeneca?” attacca deciso quello col giornale. “Pareggiamo,” e dopo una piccola pausa “o 1 a 1, o 2 a 2.” Io guardo diritto davanti a me. Mi fa già enorme piacere constatare come siano entrati nell’argomento senza citare né il Napoli né la Juve. Sento i loro occhi che furtivamente mi scrutano. Mi giro. Incrocio i loro sguardi. Sono tutti e due rivolti verso di me. “Boh, non ne ho idea, può succedere qualsiasi cosa,” cerco di non alimentare il discorso voglio vedere dove possono arrivare da soli. “Secondo me e schiattamm a cap! Il San Paolo di sera fa tremmà e cosce…” chiude lapidario l’altro prima di scomparire dietro le pagine aperte del giornale.
Io ritorno a guardare i turisti che scivolano leggeri in entrambe le direzioni con cartine alla mano e macchine fotografiche al collo. Passano un paio di minuti. Poi quello riemerge dalle fauci del quotidiano: “Sa quanta fischi prende Higuain…secondo me all’intervallo chiede il cambio…” e si fa una bella risata. Con disinteresse l’altro sminuisce il peso di tutto: “Penso che questa partita non cambia niente. La Juve ha già vinto lo scudetto. Per noi è più importante quella di mercoledì perché secondo me li possiamo ancora buttare fuori. Di Higuain nummene fotte proprio niente. Lo fischiano, non lo fischiano, fanno gli striscioni, non li fanno. Cà ci abbrucia o’ fronte, penzamm a Higuain…” E questo è quanto.
Piazza Bellini, Port’Alba, Pignasecca, funicolare e poi nuovamente il Vomero non regalano nessun altro accenno alla gara. È il segno dei tempi che cambiano? Ho incontrato la gente sbagliata? Due giorni sono una distanza ancora troppo grande dalla partita? Scaramanzia? O la celebre quiete prima della tempesta? Basta aspettare. La risposta l’avrò domenica sera. Me la darà il San Paolo.