Quasi tutti passano, Christian Maggio resta. Professionista timido, rapito dal Napoli. Se una relazione supera i sette anni è amore: lui è arrivato a nove.
Resistere
Ieri 11 Maggio, come il numero di Christian il capitano silenzioso che per amore della maglia resta e resiste. Dalla Sampdoria dei miracoli al Napoli, su quella fascia a correre e a inseguire il sogno di giocare in una grande piazza.
Mai una polemica, mai una parola fuori posto, mai un ripensamento. Napoli l’ha rapito, e lui le ha regalato i migliori anni della sua carriera. Negli anni in cui sono passati i Lavezzi, i Cavani, gli Higuain, lui non è mai passato, si è legato al dito la fede azzurra e ha sposato il motto finché età non ci separi. Ero allo stadio, quando in quel Napoli- Fiorentina le curve furono chiuse, per un motivo ancora oggi poco chiaro, e il buon capitano realizzò un gran goal. Corse sotto la Curva B chiusa e fece un inchino. Da quel momento il popolo partenopeo capii che il ragazzotto veneto aveva rinunciato alla grappa per il limoncello.
Correre
Ha corso, talmente tanto, che sulla fascia ci sono le impronte di chi la storia recente del Napoli l’ha scritta. Pellegrino, ha visitato i santuari dell’Europa, quella piccola e quella grande, ha tenuto sotto la sua ala protettrice quelli che la maglia la usavano come trampolino, e poi la lasciavano mesta nello spogliatoio. Fenomenale, il goal nel recupero contro il Palermo, in spaccata ad impattare il pallone di destro che poi rimbalzò sul ginocchio sinistro e andò in porta.
Con Mazzarri gli anni in cui ha segnato più goal. Timido, introverso, schivo, ma mai timoroso. Cristian è il simbolo della continuità del Napoli di De Laurentiis, è il punto di riferimento di chi arriva, è il rimpianto di chi va via. Maggio ha il passaporto per viaggiare indisturbato nell’anima dei tifosi, perché lui, se andiamo a scorrere gli annali, è qui da nove anni e si sa, se una relazione dura più di sette anni è vero amore.
Le maglie
Un giorno, prima dell’allenamento, decise di fare una commissione segreta. Da casa prese con sé alcune cose e le ripose in uno zaino, tra queste anche tutte le maglie di quei colleghi che avevano deciso di stoppare la propria permanenza in città, e di volare in altri luoghi, cambiando bancomat, sogni, aspettative. Salutò la moglie e si avviò da solo verso Via Toledo. Cappellino e occhiali scuri, per non farsi riconoscere, un caffè e una sfogliatella e poi diritto in quella bottega in cui l’attendevano. Si mise li, seduto e aspettò che l’artigiano sbrigasse il suo dovere. Dallo zaino prese le maglie, la sette, la nove, la ventidue, la undici e cominciò alacremente a lavorare.
Dopo due ore, il bravo artigiano, finì la sua opera. Il sarto aveva sancito sulla pelle di Christian il tatuaggio dell’orgoglio, di quel timido uomo veneto, che aveva scelto di cucirsi addosso la maglia del Napoli, portando il lembi degli addii, ma anche i sogni di nove anni di sacrifici, gioie, delusioni, perché se una storia dura più di sette anni allora è vero amore. Onore a Christian Maggio, uomo vero, uomo partenopeo!