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Napoli Basket Calling, nella serata dei peluche ci pensa il baby Nikolic

Napoli vince gara della finale play-off contro Palestrina e va 2-0. Gara tesa, poi la risolvono Maggio e lo slavo.

Napoli Basket Calling, nella serata dei peluche ci pensa il baby Nikolic
Nikolic

L’omaggio ai bimbi del Santobono Pausilipon

Cantami o diva del bimbo l’ira funesta, di colui che sotto una pioggia di peluche ne vuole vincere uno, e ci riesce portando Napoli due a zero nella serie. 65-58 a Palestrina in gara 2 della finale play-off di Serie B. Che sia lo Stefan Day lo si capisce dalla prima palla azzurra, che va dentro proprio partendo dalle mani del serbo più piccolo che segna a referto i tre punti. Come da accordi, i tifosi lanciano peluche sul parquet nella serata dedicata ai bambini del Pausilipon-Santobono. Chapeau.

Il palazzo è gremito ma Palestrina è squadra di valore, l’ex applauditissimo Serino e Rossi trovano facile la via del ferro e Napoli risponde a fatica. Le squadre sembrano appannate, una sottile brina chiude la visuale al parabrezza degli occhi, e gli errori sono figli di una lucidità che vede la fretta cattiva consigliera.

Gara di nervi e di coraggio

Il Pala Barbuto canta, i tifosi di Palestrina pure, corretti incitano i propri beniamini, ma la stanchezza punge le gambe e le braccia e a pagarne è lo spettacolo. Si assiste ad una gara di nervi, di coraggio, di passione, di voglia. Una gara simile ad uno scrittore fermo vicino ad un taccuino per ore, ma niente, nulla esce, e scrive e cancella, fino a che non decide che forse fare altro aiuta. Ci pensa Visnijc a dare una scossa ma gli rispondono Vangelov e Pederzini, e a fine primo quarto, il punteggio è di 15-15.

Napoli non trova il ritmo giusto

Nel secondo periodo la musica non cambia, Napoli non riesce a dare continuità in attacco, e in difesa si affida al guardiano del faro, Nando Matrone, che finalmente tiene a bada Vangelov e difende come un soldato di Leonida nella scaramuccia con Serse. Tanta roba che pone l’accento sul più grande pregio di questa squadra: tutti protagonisti, tutti utili alla causa, tutti pronti a dare l’anima per raggiungere quell’obiettivo, appena abbozzato, dal più ottimista ad inizio anno. Il quarto scorre lento, con percentuali non esaltanti da entrambi i lati, tante palle perse ma con il duo balcanico che ci tiene a galla, e si va a riposo col punteggio di 29-26.

Al rientro i partenopei prendono sette sberle da Serino e compagni in appena due minuti scarsi, e coach Ponticiello chiama time-out su un parziale di 0 a 7 per gli ospiti. Il coach capisce che questa è una di quelle partite in cui la differenza la fanno le motivazioni, la fame, la voglia di vincere i propri demoni. Lo capiscono anche i tifosi che non smettono di cantare nemmeno per prendere fiato. Matrone giganteggia, autoritario, cala rimbalzi a ripetizione, e prova a tenere alta l’energia di squadra, ma i laziali giocano una buona pallacanestro e chiudono il terzo quarto in vantaggio di uno. Lo sguardo cade su ogni singolo spettatore, come se si cercassero quegli occhi sicuri che ti fanno capire che andrà tutto bene, tanto è l’ansia di una gara che in qualsiasi modo bisogna vincere.

Poi Maggio fa prendere l’ascensore a Nikolic

Oplà, quando oramai persino i peluche raccolti cominciano ad abbracciarsi per farsi coraggio, capitan Maggio gonfia palloncini e suona la riscossa. “Bomba su bomba, arriveremo a Roma” cantava Venditti e Robertino da leader vuole andare oltre la capitale, a Montecatini e vuole farlo prima possibile, e dunque dona cinque centesimi al bimbo slavo, Nikolic, che prende l’ascensore, sale al sesto piano, prende il pallone e scende tre piani sotto per metterlo dentro. La moneta il capitano gliel’ha lanciata da prima di metà campo, cosi per gradire, in nonchalance, perché lui scarta i cioccolatini guardandoli, tratta il pallone come Chet Baker la tromba, figurarsi se non riesce a lanciare nello spazio, al tempo giusto un assist del genere.

Napoli si stringe in difesa, l’inerzia è cambiata, il bimbo slavo, al quale adesso diamo lo status di maggiorenne, dà spettacolo, come un puledro di razza corre e segna, va ragazzo, là dove i tramonti si allontanano finché gli corriamo incontro, va e indica con l’indice il posto esatto dove dobbiamo correre e abbracciarci, corri e lascia dietro il vento, la polvere, la strada che segna a caratteri giganti, sul quel cartello: meno una al sogno, sì, ne serve solo una, non vi par vero? Venerdì a Palestrina potrebbe già arrivare. Napoli Calling, loro rispondono, gli dei cominciano a preparare il caffè, li nel salotto dell’Olimpo.

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