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De Laurentiis ha tanti meriti, ma al Napoli mancano politica e attività di lobbying

Posta Napolista -. Per il salto di qualità, il Napoli di De Laurentiis ha bisogno di figure professionali, politicamente importanti, nell’organigramma societario.

De Laurentiis ha tanti meriti, ma al Napoli mancano politica e attività di lobbying

Il salto di qualità. È il tema ormai, quasi ossessivo, per tifosi e commentatori. Il Napoli di De Laurentiis è tornato da qualche anno ai vertici del calcio italiano ma ha bisogno di uno scatto per vincere qualcosa che conta. Procediamo con calma. Non si parla di rosa, tattica, allenatore o almeno tutto ciò, potrebbe essere conseguenza di altro. Al Napoli manca un management e la politica.

Un coefficiente ideale

Intanto per non inseguire l’incomprensibile, a mio avviso, vulgata del “papponismo” diamo a Cesare quel che è di Cesare. Se esistesse un coefficiente fra ranking UEFA e fatturato societario il Napoli sarebbe la prima squadra italiana. Oggi è fra le prime 16 in Europa per qualità dei risultati, ma nemmeno fra le prime 20 per fatturato. Questo significa che si sono raggiunti dei traguardi importanti nonostante la capacità finanziaria non sia enorme o quantomeno inferiore ad altre squadre italiane che invece arrancano in Italia e non vedono l’Europa che conta.

Tralasciamo il mainstream autoassolutorio degli ultimi anni del Napoli che giocava con Martina Franca e Lanciano e che oggi può sfidare a testa alta il Real. Cosa manca oggi davvero al Napoli?

Se si dà un occhiata al cda della Juventus troviamo nomi come Paolo Garimberti (ex presidente Rai) e Giulia Buongiorno (avvocato lobbista di primissimo livello). Il cda del Napoli, invece, è corrispondente alla famiglia De Laurentiis (Aurelio, moglie e figlio).  La Juventus è una multinazionale nel calcio moderno, il Napoli una società a gestione familiare. Sul piano dell’ espansività finanziaria oggi e forse anche domani è inconcepibile la competizione fra FCA e Filmauro, ma certo, è possibile colmare i propri limiti possibili con sapienza.

Una piazza difficile

Napoli, si sa, è una piazza difficile. In Italia gli è paragonabile, forse per alcuni aspetti, solo Roma sponda giallorossa. Napoli è squadra, tifo, popolo e città. Cosa che ad esempio non è la Juventus a Torino, che può vivere in modo molto più tranquillo.

Partiamo da quì. Al Napoli, occorrerebbe come il pane, nell’idea di un rinnovato e più largo e moderno management una figura di raccordo fra squadra e città: un uomo “politico” capace di interpretare i bisogni della pancia della città, di mediarli e smussarli in rapporto alla squadra, con l’obiettivo di creare il clima di serenità utile a tutto il contesto.

Si dice “la Juve ruba”. In passato è stato sicuramente così, come le sentenze della giustizia sportiva hanno decretato, con le pene conseguenti per la società e i dirigenti dell’epoca. Capitolo chiuso. Oggi, la Juve ricostruita dalla macerie ha comunque sicuramente “potere”. Il quadro azionario e il cda ne sono la prova provata.

Politically correct e calcio

Aurelio De Laurentiis si lamenta spesso dello strapotere del nord calcistico, risvegliando in tutti noi tifosi napoletani, quei “sani” sentimenti neoborbonici, di cui almeno nel calcio, vivendo vite sociali e professionali politically correct, possiamo aver diritto. Però, nella realtà per provare a contare serve recuperare “influenza”. Al Napoli serve una capacità di lobbying.

Nei mesi scorsi si era parlato dell’ingresso, ad esempio, nel cda del Napoli, di Andrea Abodi, dirigente e “politico” del calcio di lungo corso; forse non basterebbe, ma certamente una figura simile rappresenterebbe un passo avanti.

È una narrazione falsa sui numeri, quella che prova a raccontarci del De Laurentiis pappone, di un Napoli su modelli Udinese e Sassuolo. Basta guardare i numeri. Con la cessione di Cavani il Napoli acquistò Higuain e altri; con quella di Higuain, (bene mobile ad alto rischio di usura si direbbe in economia aziendale) ha investito per potenziare la rosa (oltre dieci acquisti di qualità e in prospettiva), vero gap storico degli ultimi anni. Segnando comunque sul campo più gol dell’anno precedente pur non avendo l’attaccante argentino.

De Laurentiis ha sempre speso oculatamente e spesso bene, ma è rimasto chiuso nel suo fortino. Finanziariamente è al massimo delle sue potenzialità, altro discorso sarebbe se decidesse di cedere parte dell’azienda a investitori pesanti (stranieri). Insomma, al Napoli, oggi, manca un processo di internazionalizzazione e di modernizzazione societaria senza i quali il salto di qualità non ci sarà mai. Ma soprattutto, manca un po’ di sana capacità politica e manageriale.

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