Il “4 senza” con Castaldo, Di Costanzo, Abagnale e Vicino vince l’oro agli Europei. Dopo il Mondiale di due anni fa e il bronzo olimpico a Rio.
L’oro del “4 senza”
E, alla fine, il triplete sappiamo farlo anche al di sotto del parallelo del Garigliano. ’A tripletta, chiamiamola così perché suona anche meglio e il messaggio diventa più chiaro. L’exploit è stato firmato da quattro splendidi canottieri della brigata di ’Ndrè (Andrea) Coppola che nella stagione in corso hanno conquistato, in sequenza, un titolo mondiale nel 2015, una medaglia olimpica nel 2016 (bronzo per tutti, sia pure in due discipline diverse) e, per chiudere il cerchio magico, il campionato europeo.
I tre protagonisti dell’impresa si chiamano, in ordine di anzianità e di blasone, Matteo Castaldo, Giuseppe Vicino e Marco Di Costanzo. Tre napoletani veraci ai quali si aggiunge uno stabiese che discende da sacri lombi, Giovanni Abagnale che, al pari di Castaldo, è figlio d’arte e il canottaggio fa parte del loro dna. Abagnale non ha vinto il Mondiale, al suo posto c’era Lodo. Il terzo, Di Costanzo, è un simpatico scugnizzo dei quartieri spagnoli, tutto genio e sregolatezza, che sul carrello, però, fa valere la voglia di bruciare le tappe e di affrontare le sfide a viso aperto.
Il broker Castaldo può attendere
Le loro storie sono molto diverse, anche per la differenza di età: Matteo, trenta anni e un avvenire professionale garantito, era “sceso” dalla barca dopo il coronamento del sogno di una vita e aveva deciso di collaborare con papà Nino dedicandosi alla professione di broker, ma il “dottore”, cioè Giuseppe La Mura, e il “mago”, cioè Andrea Coppola che sta al canottaggio come Sarri sta al calcio essendo sorretto da eguale passione, non hanno faticato più di tanto per riaverlo a disposizione. «L’Italremo ha bisogno di te» gli hanno detto e Matteo, che vive per lo sport e non è ancora pronto per altre imprese in giacca e cravatta, ha immediatamente risposto perché in cuor suo aveva già deciso. «Eccomi» e ha seguito il suo ideale di vita. Per il resto c’è sempre tempo.
I predestinati si regolano a questo modo e Matteo, d’altronde, aveva già dimostrato di saper deviare il corso del destino. Anche quando le circostanze remavano contro e i “nemici” erano noti. Per il canottaggio campano, che rema sempre in un mare di difficoltà, il bilancio è stato addirittura prestigioso perché su otto canottieri che hanno vinto l’europeo ben quattro sono campani. Un trionfo, alla faccia delle ristrettezze.
«Siamo convinti delle nostre possibilità»
L’ultima prodezza, quella che ha saldato il triplete, è giunta, come abbiamo detto, via paterna: «Matteo ha vinto e le medaglie sono tre, il canottaggio è sempre vivo», ha tuonato Nino chiamando direttamente dalla bacino di Racice – Repubblica ceca – qualche minuto dopo che la gara del 4 senza si era conclusa. Una gioia immensa, anche perché la barca non era in grande spolvero. La classe, però, non è acqua e ha consentito a Domenico Montrone, un pugliese naturalizzato partenopeo, a Matteo Castaldo, a Giovanni Abagnale e Marco Di Costanzo di agguantare l’oro nella gara più prestigiosa. Come fosse la cosa più normale di questo mondo.
E non era così. «Abbiamo vinto perché ora siamo convinti delle nostre possibilità. La certezza nuova ce l’ha data la medaglia olimpica, se la vinci sei l’atleta più felice del mondo, ma hai ancora fame. Detto così sembra normale, ma il fatto nuovo è che ora sappiamo come si fa. Siamo arrivati qui portandoci dietro una montagna di dubbi, ma in gara i timori sono scomparsi ed è arrivato l’oro. Possiamo fare ancora meglio, però, e ci proveremo».
L’obiettivo, però, non è dietro l’angolo. Il quadriennio olimpico è appena iniziato, Tokyo è ancora molto distante ma questi ragazzi possono farci sognare. Ne è convinto anche Davide Tizzano, che di ori olimpici s’intende avendone due in bacheca e sa che la stagione che segue l’Olimpiade segna la rotta: «O ti dà la carica o ti deprime, noi siamo ripartiti alla grande perché il lavoro di questi anni sta ancora pagando. Via così allora e non diciamo altro». ‘A Madonna ci accompagni, direbbe il Cardinale Sepe.