Il funerale di uno sportivo, che ha segnato la storia della pallanuoto: De Crescenzo, il suo palmarés inarrivabile, i suoi ragazzi, i suoi valori.
“Dai campione passami la palla”. La voce di Marco Pirone, oggi notaio a Spoleto ieri giovane promessa della Canottieri Napoli e della Nazionale, è rotta dall’emozione, ma ritrova un po’ di forza salutando alla maniera con cui si parlavano in acqua i Dennerlein boys che poi vinceranno anche una Coppa dei Campioni. Tra di loro c’era anche Paolo De Crescenzo.
Per raggiungere lo stesso risultato la Pro Recco ha impegnato fior di milioni, i ragazzi giallorossi, invee, sono cresciuti con la che il loro tecnico-fratello-maggiore preparava con le freselle del Faito, i pomodori del suo orto a Fontanelle sulle colline di Vico Equense e la treccia di Massalubrense.
L’ultimo saluto
È una bellissima favola quella che raccontiamo nel giorno in cui salutiamo per l’ultima volta Paolo De Crescenzo, pallanuotista gentiluomo che nella vita ha vinto tutto ma più ancora ha insegnato ai ragazzi che allenava che vincere non è la cosa più importante e che a volte una sconfitta è più salutare di una vittoria.
Nessuno l’ha fatto come lui, Paolo ha addirittura superato il maestro Fritz e per questo ci siamo illusi che i dirigenti nazionali fossero in chiesa a ringraziarlo per quello che ha fatto in favore della pallanuoto. Ce n’erano pochi, invece, è colpa grave. In primissima fila, invece, c’erano Luciano Cimmino e Maurizio Marinella, gli industriali che hanno sostenuto questo sport bellissimo e finanche fiero della sua “povertà“.
I punti salvezza del Bogliasco
Eravamo tutti profondamente commossi all’interno della chiesa gremita di Santa Maria della Libera su al Vomero e i momenti più toccanti della funzione li abbiamo vissuti attraverso i ricordi di Gualtiero Parisio e di Franco Porzio, i capitani di Canottieri e Posillipo, di Marco, di Guido Criscuolo e di Silvano Forte che hanno parlato ai lati della bara ricoperta dal gonfalone giallorosso, dalla bandiera verde e rossa del Posillipo e, soprattutto, dalla calottina numero 4, di Paolo. Apparteneva a suo fratello Massimo, che ha vissuto sempre nella scia di Paolo ed ora allena a Vigliena.
Fedele agli stessi principi, come dimostra questo episodio, in apparenza normale ma in effetti straordinario per i tempi che viviamo. Quando sedeva sulla panchina del Bogliasco fanalino di coda Massimo venne a cercare i punti salvezza alla Scandone contro la Canottieri, ma Paolo non fece sconti familiari – né Massimo li chiese – e raccomandò ai suoi atleti di giocare con il massimo della concentrazione dal primo all’ultimo minuto. Risultato: il Bogliasco venne sonoramente sconfitto.
Un palmarés irripetibile
La lealtà, il rispetto delle regole e degli avversari, la concentrazione anche nei momenti della gara: con queste virtù – e, naturalmente, con un adeguato tasso di classe che alla Canottieri e al Posillipo non è mai mancato – si vincono tredici scudetti e due Coppe dei Campioni. Paolo De Crescenzo ha messo insieme un palmarés che pochi altri campioni dello sport possono vantare ed è giusto, quindi, che i suoi ragazzi, oggi orfani, si rivolgano ancora a lui con la richiesta di sempre. E Paolo la passerà, precisa sulla mano o in profondità, comunque per andare a segnare.
O per andare a pungere, come dice Mario Vivace, un altro di quella covata irripetibile, che ora trattiene a stento le lacrime, poggiandosi alla parte della chiesa.