Per me, milanista, è sempre stata un’esigenza etica come combattere la Dc. Dobbiamo porci il problema delle generazioni future
È un fatto morale
Se davvero l’avversione per la Juve è perfino un fatto morale, un’esigenza etica – e per noi di un’altra generazione è stato come combattere tutta la vita il potere della Democrazia Cristiana – l’interrogativo che oggi si impone è se questa passione civile possa essere coltivata (e conservata) anche dalle giovani generazioni. Molte delle cose che un tempo abbiamo ritenuto indispensabili non esistono più, o si sono trasformate in altro, e se hanno ceduto mille muri perché non potrebbe succedere anche con l’odio (sportivo) per la Juventus? Se dovesse accadere e dio non voglia, dovremmo aggiungere ai molti errori fatti anche questo e probabilmente sarebbe un giorno amaro.
Certo non possiamo pretendere che un ragazzo abbia subito la “luce” senza avere gli strumenti, è miracolo di pochi ottimati, per capirci, quei fondamentali che per noi (da milanista) sono stati ragione di vita, di gioco, di sberleffo e di sgavazzo (e ancora uno spaghetto sontuoso delibato l’altro giorno con il direttore Gallo ne è piena testimonianza). Rivediamoli insieme.
La barzelletta sull’arbitro e la Ritmo
Primo tra tutti la sudditanza arbitrale, che ha sempre viaggiato in parallelo alla storia della Fiat, l’impresa di famiglia. Nella sua vita sportiva la Juve ha dovuto sopportare un amaro contrappasso: non avere una dimensione internazionale – sino a non moltissimi anni fa nessuno in Europa ha mai considerato la Juventus e ancora oggi la questione rimane aperta – e patire terribilmente la dimensione nazionale, dove nessuno ha mai considerato i suoi successi come frutto esclusivo del sudore della fronte bianconera. Resta nei libri di scuola la barzelletta che ha accompagnato i nostri anni, dove un esagitato Trapattoni spinge dalla panchina la squadra svogliata urlando a squarciagola «Ritmo, ritmo!» sino al momento in cui l’arbitro, infastidito, ferma il gioco, va verso la panchina del Trap e pone la questione: «Ma non avevamo concordato una Delta?»
È stata una fortuna, se volete, che tutte le leggende sulla Juve che “maneggia” gli arbitri abbiano avuto piena definizione solo in epoca moderna, con il disvelamento pieno della Triade a trazione moggiana. Significa che la storia è stata sostanzialmente onesta e ha portato le sue prove – sotto forma di intercettazioni, schedine più o meno svizzere e tanto altro – a supporto della tesi fondamentale che ci ha fatto crescere sani e forti nella consapevolezza che la Juve non ha mai vinto semplicemente perché era più forte. Qualche additivo c’era.
Il balbettio al processo per doping
E a proposito di additivi, niente è stato più luminoso e umiliante del processo per doping a cui un visionario Zeman diede la stura con una memorabile intervista a L’Espresso. Il balbettio impaurito con cui i giocatori resero le loro deposizioni, gli avvitamenti del medico sociale, il senso di vergogna che avvolse tutta la vicenda, rinnovellarono i nostri antichi convincimenti togliendoci, se possibile, il piacere del bar sport, che rimane e rimarrà ancora e sempre il luogo più autentico del calcio, dove poter dire male, malissimo, di questo e di quello, ingiuriarne la storia e le persone, senza la necessità di portare le prove a conforto della propria tesi, solo impressioni, cicaleccio, corridoio, leggenda metropolitana, perchè non siamo in un’aula di giustizia ma solo al bar per raccontarci quattro cazzate e litigare furiosamente di calcio.
Ci hanno rovinato il bar sport
Ecco, un bel giorno la Juve tenta di rovinarci il nostro luogo del cuore, il bar dello sport, presentandoci le prove giudiziarie dei suoi misfatti, il nero su bianco, i magheggi acclarati, le pastette con tanto di verbale, il doping con tanto di cartella clinica. Questa sì che è stata la vera infamia bianconera, cercare di rovinarci il giocattolo che ci aveva fatto vivere in allegria per moltissimi anni.
La questione centrale del Napolista
Per tornare alla questione centrale del Napolista: perché è buono e giusto tifare contro la Juventus quando (in teoria, ma molto in teoria) rappresenterebbe l’Italia in Europa, c’è da capire se questo tema che per noi è stato fondamentale, possa scatenare una qualche euforia anche in un giovane dei nostri tempi, il quale è certamente meno attento alla Storia e più al contemporaneo social. Da cui, però, trarre linfa vitale per un nuovo modo di schifare i gobbi senza uso di antologie polverose, ma solo con lo stile di lorsignori ai giorni nostri. Due episodiucci gustosi aiuterebbero: quel tamarro di Allegri che sfancula i vigili che hanno osato contestargli un paio di infrazioni (guida senza patente ma con telefonino incollato all’orecchio) e la terribile punizione per il baby Bonucci costretto a sfilare al Guantanamo Stadium con l’odiata maglia bianconera.
Ecco, a un ragazzo di oggi, di fronte a una buona pizza, direi semplicemente questo della Juve: lascia perdere tutte le maldicenze della storia che hanno alimentato il nostro rancore, limitati allo stile di oggi. Io sono fiducioso.