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Napoli e il mantra scudetto, un entusiasmo da maneggiare con cura

La squadra gioca a memoria e la consapevolezza è un passaggio fondamentale. Ma tra competere e vincere passa un oceano. La stagione è lunga e il contratto di Sarri diventerà un tormentone

Napoli e il mantra scudetto, un entusiasmo da maneggiare con cura

Oltre lo sdoganamento

A Napoli sembra che si proceda per eccessi. E non se ne capisce il motivo. Per anni, tenuta segregata in un luogo irraggiungibile, l’innominabile parola “Scudetto” è stata d’improvviso sdoganata. E sdoganata è un termine riduttivo. È stata affissa sui manifesti. È diventata uno slogan. Un mantra. Da un anno all’altro, la stessa squadra, con gli stessi uomini, si è trasformata da inadeguata a competitiva. A dir poco competitiva. Il che vuol dire che o si è esagerato lo scorso anno a sottovalutare una formazione che invece, con un pizzico di consapevolezza in più, avrebbe potuto regalare ancor più soddisfazioni. Oppure che si sta esagerando quest’anno, con dichiarazioni che rincuorano sotto il profilo della consapevolezza ma che potrebbero rivelarsi anche un boomerang.

La litania delle interviste

Ieri mattina, sull’edizione napoletana di Repubblica, il professor Guido Trombetti si è chiesto il motivo di questo improvviso cambio di marcia che ha coinvolto anche il presidente De Laurentiis. Sul Napolista avevamo capito l’andazzo sin dal mese di maggio, ma francamente non ci aspettavamo un simile trasporto sin dal mese di luglio. Con calciatori che a ogni intervista ripetono lo stesso concetto come se fosse una litania. Qualcuno, in privato, ha parlato di romanizzazione del tifo napoletano. Dalle parti della capitale ogni anno, di questi tempi, lo scudetto è loro. Il più accorto è stato Sarri che nella serata con i tifosi ha finalmente sdoganato l’iscrizione alla competizione ma ha sottolineato come la vittoria non possa essere un obbligo.

È cresciuta la consapevolezza di sé

Cerchiamo di analizzare la situazione. Il Napoli è certamente una delle favorite per lo scudetto. Lo è da sei anni, in realtà. Due anni fa, è stato in testa alla classifica fino a San Valentino. Lo scorso anno si è autoridimensionato perché scioccato – fino a raggiungere e abbondantemente superare vette patologiche – dalla partenza di Gonzalo Higuain. Eppure, è stato l’anno della consapevolezza. Consapevolezza che è cresciuta dopo il doppio confronto col Real Madrid. Una sconfitta – diciamolo: netta, com’era normale che fosse, viste le forze in campo – che Napoli e il Napoli hanno vissuto diversamente. Da quei due primi tempi, la squadra, la società e l’ambiente hanno tratto la convinzione di poter competere ad altissimi livelli. Convinzione suffragata dalle decine di record battuti dal Napoli di Sarri, squadra che ha incantato in Italia e in Europa. Che sfodera una calcio incantevole e che gioca a calcio con una semplicità che stupisce.

Il contratto di Sarri diventerà un tormentone

Una la richiesta alla società: non vendiamo nessuno. E nessuno è stato venduto. Il Napoli è pronto ad affrontare la terza stagione sotto la guida di Maurizio Sarri. La terza e forse anche l’ultima. Particolare non irrilevante nel quadro d’assieme della stagione. Il contratto di Sarri a giugno 2018 prevede una clausola rescissoria di otto milioni, e potrebbe andar via. Lui stesso, con grande onestà intellettuale, lo ha ripetuto in più salse. E ovviamente sarà uno dei tormentoni mediatici della stagione. L’altro, come ampiamente scritto, sarà quello Mertens-Milik. Oltre a Reina: il Napoli alla fine giocherà la stagione con lo stesso portiere dello scorso anno.

I due limiti che il Napoli deve superare

L’eventuale vittoria dello scudetto da parte del Napoli sarebbe tutto fuorché un miracolo. È una squadra che ormai gioca a memoria. Che Sarri ha plasmato a sua immagine e somiglianza. Che De Laurentiis e Giuntoli hanno rafforzato in maniera intelligente lo scorso anno. Rog, Diawara, Milik, Zielinski sono stati signori acquisti e tutti hanno un anno di più e quindi maggiore esperienza.

Due sono i limiti che il Napoli deve affrontare. Uno è un limite che ci siamo autoprodotti. L’eccessivo entusiasmo. Che ovviamente si commuterà nell’esatto contrario, alla prima difficoltà. Nessuno ha mai vinto una competizione prima di disputarla. L’elenco di fuoriclasse che hanno perduto gare che sembravano già vinte, è infinito.

Il secondo è il tema di cui parliamo da sempre e che in parte deriva dal primo. Il Napoli quest’anno giocherà con una diversa pressione sulle spalle. Con una tensione che a Napoli ignoriamo. La ricorda chi ha vissuto i tempi di Maradona. Gli altri l’hanno vissuta due anni fa. Quando, non a caso, tremammo la sera in cui battemmo l’Inter 2-1 e diventammo primi in classifica. O, sempre non a caso, ci sciogliemmo la domenica successiva a Bologna. O, ancora, quando subimmo la mazzata del gol di Zaza allo Juventus Stadium. Lo scorso anno, pur arrivando vicino alla Juventus e alla Roma, il Napoli non è mai stato in corsa. Si è autodepennato dalla competizione sin dalla prima giornata.

Il Napoli deve vincere quest’ultima sfida: mostrare la propria superiorità di gioco anche nei momenti di tensione. Insomma, in quell’universo in cui ti prendono i crampi allo stomaco e la tremarella. Un universo a noi sconosciuto. La vittoria del campionato non è impossibile. Nel senso che il Napoli è chiaramente abile arruolato alla competizione. Ma tra la competizione e la vittoria ci passa un oceano. Se non comprendiamo questo passaggio, rischiamo di risvegliarci ammaccati e doloranti.

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