Dalla parte di Pepe. Il racconto di una lettera trovata in un palazzo di Fuorigrotta alla fine di Napoli-Atalanta
Un palazzo sgarrupato a Fuorigrotta
Nei meandri più pittoreschi di Fuorigrotta c’è un vecchio palazzo sgarrupato dove mi trovai a passare per caso. Era notte fonda, e la luna diffondeva un chiarore argenteo sul vetusto ed augusto stadio San Paolo. Diverse ore erano oramai passate dopo l’eclatante e sofferta rimonta sull’Atalanta ed io ero ancora li a gironzolare. Non so perché entrai in quel palazzo né perché il mio occhio cadde istintivamente su quel foglietto spiegazzato gettato a casaccio in un angolo polveroso dell’atrio. Mi chinai ed alla luce del lampione che dentro l’atrio del palazzo proiettava una luce oblique aprii il foglio. Era una lettera.
La carta utilizzata sembrava quella della salumeria. Un po’ unta, c’era una larga macchia di caffè sull’angolo destro. Ad un primo esame l’autore doveva avere avuto un’ispirazione improvvisa e non trovandosi niente sotto mano aveva usato quello che poteva. La lettera non aveva destinatario, né c’era menzione dell’autore. Scorrendo brevemente tra le linee di quella scrittura nervosa ed istintiva, a tratti quasi indecifrabile, intuii che trattava del caso Reina. L’autore entrava immediatamente nel merito come se stesso proseguendo un’ipotetica conversazione. Forse cominciata proprio in salumeria. Non negai di essere colpito dal tono della lettera che cozzava con l’estrema umiltà del supporto cartaceo.
Anche io ho pensato al colpo di teatro
“Un atlelta – esordiva l’autore – è fatto anche di carne, sangue, sudore non solo opportunismo. Anche io ho pensato inizialmente al “coup de théâtre”, caro amico mio, alla mascherata che avrebbe assunto il ruolo di ulteriore calcificante per un squadra che ad inizio stagione già si trova bell’e compatta, il tira e molla destinato al molla finale tanto per mettere “pepe” alla stagione (nu tarall caver!) o come dispettuccio prima di andare via dopo le ciniche battute presidenziali.
Eppure ho visto gli occhi di Reina diventare lucidi e abbassarsi, la leggera smorfia di colui che non trova una soluzione, che non riesce ad ottenere quanto sperato, che capisce che volente o nolente dovrà smobilitare tra un anno dato che il massimo che gli si è prospettato è un altro anno di contratto al 40% dello stipendio attuale, un’amarezza nello sguardo che non voleva dire né “me ne vado, mi dispiace” ma nemmeno “resto mio malgrado”. Io ho visto il viso di un atleta che non ha trovato la via d’uscita che cercava. O no?
Il ruolo di Pepe nello spogliatoio
Io credo che Reina sia solo deluso. Sperava di ottenere qualcosa in più, e non lo ha ottenuto. Dal canto suo credo ADL non abbia ancora compreso l’importanza della figura di Reina nello spogliatoio. La difesa di Sarri è stata tale da aver protetto Reina da una smobilitazione precoce (come quando o’ pate dice e’ criature: “mo tiene 18 anni, vaje a faticà” e a’ mamma lo difende e dice: “o’ figlio mio resta ‘cca!”). Un altro anno ancora, un altro anno insieme a questo Napoli. Reina non è un portiere. E’ nu pal ‘e l’elettricità. Senza lui non c’è luce e tutta la banda resta al buio. Lui è di più di quanto possiamo immaginare. O vulimm capi’?”
Qui la scrittura diventava incomprensibile per poi riprendere con grande foga. Sembrava che l’autore avesse fretta di concludere. Scrittura più nervosa, lettere non ben delineate, nessuna firma.
Generoso, passionale, impulsivo
“Se dovessimo fare una metafora con il portiere di un palazzo direi che Reina è il classico portiere che prende tutti i pacchi mettendo la tua firma, che ti offre ‘o café, che pure se gli bussi di notte ti apre in pantofole e canottiera bianca, che ti mette da parte i fiori, che si mette il pacco in casa quando tu non ci sei (signo’ state tranquilla, il pacco è in buone mani!), che quando torna dal suo paese ti porta il vino, i pomodori, le nocelle (favurite signo’ chiste so e’ meglio nocelle e’ napule!). Il portiere che verrà dopo Reina non sarà mai cosi. Cosi generoso, passionale, impulsivo. Sarà forse più professionale. Farà bene il suo lavoro, sarà forse irreprensibile. Ma lascerà baluginare attimi di freddezza che ti lasceranno stupito.
Per esempio ti lascerà il bigliettino nella cassetta della posta per avvertirti del pacco ma senza venirti a bussare in pantofole. Non oserà firmare al posto tuo (non sia mai!). Oppure ti risponderà dicendo “cara signora, non mi citofoni dopo l’orario di lavoro”. Insomma metterà tra sé e la gente del palazzo una distanza di protezione, che col tempo diventerà un vuoto incolmabile. Insomma sarà uomo di libertà, non uomo d’amore! Quella di Reina non credo sia una sceneggiata. Il suo è stato uno sfogo verso il pubblico, l’unico che poteva capirlo in quel momento. Come quando qualcosa non va come vorremmo e cerchiamo il vecchio, caro amico presso cui sfogarci. Come quando se ne va la luce di notte e tutti corrono al piano terra a cercare il portiere che già sta miez e’ scale con la candela in mano”.
Ripiegai la lettera e me la misi istintivamente in tasca. Più volte sono ritornato, nelle notti di luna piena, a cercare quel palazzo di Fuorigrotta. Non l’ho mai più trovato. Eppure quella lettera scritta su carta da salumeria la conservo ancora gelosamente.
Marco Cesario ilnapolista © riproduzione riservata