Continua il dialogo surreale per occupare l’estate “calma” del Napoli, tra Pessoa, Ibrahimovic, Socrate e un Lorenzo Tonelli sempre più ubriaco.
Caro Raniero,
Abbiamo fatto bere troppo Tonelli, gli abbiamo consegnato la 10, e lui si mette a giocare palla a centrocampo, ma nessuno se la prenderà con noi e poi non ti scrivo per questo. Ci ho riflettuto ma quest’estate serena del Napoli mi sta ammorbando, ma l’estate scorsa mi vennero dei pezzi eccezionali, con qualche vertice di quasi letteratura. E non era per la latrina che se ne andava, era per la giusta tensione, per il nervosismo che prendeva molti, che ci circondava.
Stiamo sempre là, l’incertezza ci regala stimoli, almeno ci costringe a inventarci qualcosa per sopravvivere per esorcizzare. Io quest’estate il pallone l’ho proprio scordato, non so nulla, non mi appassiona nulla, pure tutti i movimenti di mercato del Milan mi sembrano non realmente accaduti, quasi non me ne sono accorto. Bonucci è passato davvero? Mi pare tutto uno Stargate, vorrei almeno parlare dieci minuti al telefono con Raiola e vorrei che si cominciasse a giocare sul serio.
Ma perché non ci mandano a intervistare Ibra? Ti pare che gli affari estivi debbano essere quel ciuccio di Lukaku e mister capello curato / capata in bocca Morata? Non so, poi ho appena letto un libro sul calcio totale e sull’Olanda, tutta una storia sullo spazio e a Milano mi manca l’aria. Vabbè, t’abbraccio.
Caro Gianni,
Permettimi di offrirti un po’ di questo caffè greco, una bevanda che ha la caratteristica di essere non-finita, senza inizio reale e senza un termine concreto. Dura in eterno. E va bene per questa estate noiosa e dilatata, dove ti cazzeano pure se dici che forse possiamo vincere lo scudetto. È la calura, Gianni. E sotto la calura troppe cicale. Ti ricordi, nei primi bar sport, quando Socrate, discorrendo della dieci a Tonelli con Fedro, gli parlava del mito delle cicale, uomini così innamorati del canto da dimenticare persino il cibo e morire di musica?
Ecco, Socrate parlava per metafore della stampa sportiva e del tifo, una canicola continua sulle nostre teste. Pensa che dopo avergli raccontato questo mito, mio figlio di cinque anni mi ferma in questi giorni ad ogni cicala riversa stecchita per strada e mi chiede di dargli da mangiare, rimproverandola di cantare troppo.
Ecco, c’è la stramberia di un cinquenne in queste ore in cui si chiede ai tifosi, che sognano, di mangiare piuttosto che cantare. Come se la vittoria non fosse anche sogno ma un due etti di cotto. Il calcio non è un ristorante – cosa difficile da dire in una nazione in cui i cuochi sono diventati eroi rivoluzionari.
Ma vuoi ancora caffè greco?
Caro Raniero,
Come potrei rifiutare? Siamo nati per non finire le cose, o meglio finirle in modo che ci lascino spazio per ricominciare, come Cruijff che allungava il campo da gioco, semplicemente vedendo gli spazi che altri non vedevano. Socrate e Socrates mancano entrambi e entrambi saprebbero di nuovo morire per il canto e rinascere per il gusto della discussione, per il piacere della consapevolezza della parola che è l’inizio della convinzione successiva, dell’azione. Si dice che nulla esista oltre la parola, non sono d’accordo, ma la parola conta quanto il pensiero, per questo devono viaggiare insieme. Come l’assist e il gol.
Ora sto andando a Lisbona, anche lì hanno un caffè particolare, che spero di poterti offrire con la prossima corrispondenza. Lisbona, dove chiederò se questo Ronaldo di cui tutti parlano possa fare la panchina del Napoli. Vedi che ci stiamo annoiando già meno? Andrò a fare una domanda a Pessoa, poi ti dico cosa mi risponde.
Caro Gianni,
Attendo la risposta di Pessoa, che poi sono certo sarà solo un’altra domanda. Di Socrates manca soprattutto l’inutilità poetica ed assoluta del suo tacco. Pensa che ne parlavo proprio stamattina, davanti a un piatto di ricci e pane cafone, con un vicino di spiaggia svedese ed Henry Miller. Lo svedese è di Malmö e l’argomento di discussione è stato immediatamente Ibrahimovic. Che dono divino il calcio che è divenuto la nostra fantastica mappa geografica come i giapponesi erano l’argomento principe di Balocco, il fantastico compagno di classe di Troisi. E solo un semidio poteva rendere famosa Malmö.
Poi con Henry Miller – che ha chiesto del limone sulla polpa rosa dei ricci – si è discusso dell’inutilità della vittoria che è però di natura paradossale, visto che è obbligatorio provare a vincere per trionfare e dichiarare senza senso il trionfo stesso il giorno dopo – trionfo che già Socrate sapeva non valere certo la regalità di un piatto di ricci. Al cameriere greco, Miller ha ricordato una frase del suo capolavoro Il colosso di Marussi: “La Grecia non ha bisogno di archeologi: ha bisogno di arboricoltori”. Ed ha chiosato confermando che il Napoli vincerà il prossimo scudetto se riuscirà ad esprimere sul campo questa idea.
Ti verso altro caffè.
Caro Raniero,
Grazie per il caffè, ricambio con una tazzina di bica, qui lo fanno ottimo e ne bevono moltissimo, arrivano anche agli 8/10 al giorno, e sorridono mentre te lo preparano e te lo servono, e ti chiedono – e sempre li ringrazieremo – se lo preferiamo corto. Ronaldo ha detto che verrebbe al Napoli, accettando di fare il terzino perché davanti sarebbe chiuso da Insigne, Mertens e Callejón, mi piace l’umiltà di questo ragazzo; verrebbe per vincere naturalmente.
Con Pessoa abbiamo fatto un accordo: gli ho dovuto spiegare che in troppi si sono attaccati a quella cosa del “poeta fingitore” non capendo cosa lui intendesse, gli ho allora proposto questo cambio: il poeta è un metalmeccanico. È scoppiato a ridere e ha detto, facciamo che è un arrotino, e prima di salutarmi ha aggiunto: “Ricordati che il vero fingitore è l’attaccante”. “Non per le finte”, ho risposto. “Naturalmente”, mi ha fatto, toccandosi il cappello e se ne è andato lungo Rua Garret.
La luce di Lisbona dovrebbe essere la seconda maglia del Napoli, sfuma continuamente dall’azzurro chiaro all’azzurro scuro, e poi il bianco. Se la gente si mettesse a pensare quante sfumature di bianco esistono romperebbe le scatole molto meno. Ti verso una bica e ti offro un Pastéis de nata, dolce a cui non posso più rinunciare. Ti aspetto per parlarti del baccalà in tutte le sue forme e del pressing a tutto campo.
(continua)
(forse)