Tifosi che si trasformano in turisti dello stadio, mentre l’amico del gruppo decide di sfidare la scaramanzia. Poteva andare meglio, ma decisamente anche peggio
Il mio Napoli – Nizza 2-0
– Se un giorno decidessi di scrivere un libro e avessi cali di ispirazione, basterebbe procurarmi un taccuino e annotare tutto ciò che accade allo stadio in una serata come quella di ieri.
Il titolo sarebbe “la partita di cartello”. Sì, perché durante questi eventi, specie nei periodi più caldi che invogliano a uscire e abbandonare i divani di casa, si può incontrare ogni genere di stravaganza.
Prima di tutto, un capitolo lo dedicherei al Minao che è buono in tutte le stagioni: una contraddizione ambulante. Per esempio, si ricorda di essere scaramantico solo dopo, quando le conseguenze sono ormai irreparabili. Per non so quale assurdo motivo ieri ha scombussolato il nostro sacro iter che da casa ci porta allo stadio dai tempi in cui Palummella veniva allo stadio con la tuta e noi portavamo il caschetto. In una partita importante come il preliminare di Champions, poi.
Il nuovo percorso
Si è voluto fermare ad un fatiscente bar sulla strada per acquistare le sigarette invece del solito tabacchino in piazza. Ha voluto intraprendere la tangenziale che non ci vedeva dalla gara col Bilbao, invece della classica gimcana tra piazza Municipio, piazza Vittoria e la galleria. L’auto l’abbiamo parcheggiata sulla solita strada, ma dal lato opposto al consueto. Tant’è vero che per occupare un buon posto, ci sono volute due manovre e alla prima stava per schiattarsi la ruota nel marciapiede. È entrato nel varco della tribuna Nisida, quando noi abbiamo come unica meta l’ingresso della Posillipo. Ha usufruito del bagno sulle scale, quando il cambio alle olive è sempre stato effettuato al piano terra.
Uno juventino allo stadio
Tutto inspiegabile e, allo stesso tempo, preoccupante. A questo, si è poi aggiunta una aggravante non da poco che si ricollega ai temi del libro di cui sopra.
Fuori lo stadio è pertanto impazzito.
“Gigì, l’hai visto?” mi ha chiesto allarmato.
“Antò (Minao), chi?” gli ho risposto.
“Emiliano, l’hai visto Emiliano?”.
“Antò, chi cazz è Emiliano?”.
“Il tuo vicino di casa. Quello è juventino nel midollo. Ha portato i figli a vedere la partita e indossava addirittura una sciarpa del Napoli. Ci è venuto a secciare”.
Nelle partite di cartello capita anche di incontrare questi soggetti che, impossibilitati di emigrare sino alle Alpi, per vedere una partita (divertente) dal vivo di Champions, sono costretti a venire dalle nostre parti. Ciò che mi ha lasciato perplesso è che il Minao ha parlato di portasfiga dopo tutto quello che aveva combinato prima di arrivare lì. Sta di fatto che mi ha messo il grillo in testa che continuamente mi ripeteva “Gigì, l’hai visto Emiliano? È venuto a secciare”. Le assurde manovre del Minao contro il solito protocollo e la presenza dello juventino con sciarpa azzurra sugli spalti mi ha fatto temere il peggio.
Tra i bambini e Andrè the Giant
Il peggio si è materializzato invece quando ci siamo accomodati nel nostro strapieno e stracaldo settore. Mi sono infatti capitati 7/8 schiamazzanti bambini nella fila avanti che mi hanno impedito di fumare per evitare di sentirmi un brutale Erode. E ho avuto il piacere di assistere a tutta la gara accanto al sosia di Andrè The Giant che ovviamente occupava tre quarti del mio sediolino e che in ogni scorbutico movimento faceva schizzare la temperatura oltre i 40 gradi. Due le opzioni: spiaccicare il Giuffrè addosso al Minao e farmi spazio o posizionarmi in braccio ad Andrè come il bambiniello con la Madonna. Ho scelto la prima e ho bestemmiato Emiliano che non era nei paraggi, ma nei miei pensieri.
Quelli che il biglietto è la cartina di Los Angeles
Poi è stato un viavai incessante di persone che ha deliziato il pre partita. Più dell’8 su 10 di Calle che ieri è sembrato infallibile prima del fischio d’inizio. Nelle partite di cartello ci sono coloro che si fermano mezz’ora in piedi davanti a te in cerca dell’amico con in mano un cellulare e con l’altra agitata al vento che gridano “sto qua, sto qua, non mi vedi?” senza specificare dove. Poi ci sono quelli che non vogliono alzarsi e cedere il posto ai legittimi titolari dicendo “sto seduto qua da 3 ore e mo’ te ne vieni bello bello a 5 minuti dall’inizio a fotterti il mio posto?”. Poi ci sono coloro che non vogliono alzarsi dalle scale e quelli che in piedi ripetono allo steward “io non mi muovo da qui. Chiamm a chi vuò tu”.
I più belli sono coloro che deambulano col biglietto in mano come se fosse una cartina di Los Angeles e non hanno la minima idea di dove sia il loro posto. Entrano in una fila a caso, fanno alzare 20 persone per passare e poi tornano indietro pestando 40 piedi per la seconda volta prima di infilarsi in un’altra fila a caso. Si fermano sulle scale e chiedono lumi allo steward. Non ancora convinti chiedono allo primo spettatore che gli passa sotto mostrando il biglietto come se fosse un testo in aramaico da tradurre “scusate, sapete dov’è il mio posto? Lo steward non mi ha fatto capire niente”
“TNE fila 25 posto 6” risponde il malcapitato dopo aver visionato il biglietto.
E lo spaesato signore, fissando il tagliando tra le mani, lo sposta e guarda l’intervistato come se fosse un alieno “TNE? E che roba è? Maronn, è troppo complicato”.
Fino a quando l’intervistato sbotta: questa è la Tribuna Nisida. Ok? Siamo allo Stadio San Paolo. Siamo a Napoli. In Campania. In Italia. Sul pianeta terra.
Quelli al telefonino
Poi ci sono quelli che trascorrono più tempo a riprendere col telefonino che a guardare intorno ciò che accade. Ieri ce n’è capitato uno che ogni tanto si girava e ci ripeteva compiaciuto: devo riprendere l’urlo Champions. Devo riprendere l’urlo Champions. Quando lo fanno? Che lo devo mettere nel gruppo degli amici di WhatsApp. Quando lo fanno?
Peccato che abbia ripreso minuziosamente tutte le fasi dell’allenamento e poi, poco prima dell’urlo, gli si è scaricato, giustamente, il cellulare.
Poi ci sono quelli che entrano dopo 20 minuti di partita e pretendono che si fermi tutto e quelli che fanno scalare l’uomo dell’acqua per 350 scalini e chiedere: vendi le sigarette?
Poi c’era Andrè The Giant che a ogni cross faceva aumentare il livello dell’afa dandomi delle possenti ginocchiate che mi spostavano sempre di più addosso al Giuffrè che a sua volta si spostava addosso al Minao e poi c’era l’Emiliano di turno che mi faceva bestemmiare perché Calle, cecchino mostruoso poco prima della gara, si mangiava un paio di gol non da lui.
Poi c’erano i bambini a cui ho risparmiato l’acre aroma della Marlboro che, abituati alla maglia color Madonna dell’Arco, chiedevano al padre: ma chi siamo? Gli azzurri?
Il clone di Arrigo Sacchi
E poi c’era il clone di Arrigo Sacchi che ce le ha fatte a zuppetta per tutta la partita perché Hysaj, mo c’ha la maglia di Gabbiadini e porta male, Ghoulam ha fatto un mese di ritiro ma le punizioni so’ sempre le stesse, Insigne ha ripigliato a fa ammmore c’o palo e Sarri nun fa trasì a Unas (che non era nemmeno in panchina).
E poi c’era il grillo di Emiliano che ad ogni gol mangiato, sfiorato o accarezzato mi veniva in mente con la sciarpa al collo che ridacchiava e mi proiettava sistematicamente alla classica palla persa al 90′ di Kulì che manda l’attaccante in porta, una svirgolata di Ghoulam al centro dell’area o un tiro centrale da 40 metri con Reina che vola sulla sua sinistra a strappare mammole.
Non possiamo lamentarci
Considerando che è la prima partita della stagione, e considerando la presenza dal vivo di sciarpate ed appollaiate civettuole, penso che non ci si possa lamentare. Certo è che negli ultimi 15 minuti, con il doppio vantaggio numerico, senza troppa frenesia e con un Milik più attento, avremmo potuto infliggere il ko definitivo. Per esempio, nei minuti di recupero, io avrei fatto entrare Murgia. Sta di fatto che il Napoli, non ancora la 100%, gioca molto bene in trasferta e con un Mertens così, si possono dormire sonni tranquilli.
La ruota bucata
Poteva andare meglio, ma ricordandoci delle classiche cappellate difensive, poteva andare anche peggio. Meravigliato, sono uscito dallo stadio contento perché in fondo la sfiga tanto temuta non aveva provocato danni. Ho però capito che forse, non potendo cogliere un Napoli così collaudato, la seccia ha centrato noi. Effettivamente, le manovre prima di parcheggiare hanno schiattato uno pneumatico dell’auto nel marciapiede. Il tutto beffardamente a pochi metri da un gommista che, ovviamente, a quell’ora era chiuso. Senza il ruotino, col carro attrezzi che si è presentato dopo ore e con una fame allucinante, mi sono ritirato, con ancora i lividi delle ginocchiate di Andrè The Giant sulla gamba, dopo le 2.
La prima partita di cartello è andata. Bene, ma non benissimo.
Il Minao, dopo aver stravolto tutte le leggi scaramantiche per l’intera giornata ha avuto il coraggio di chiudere la nottata con “io lo sapevo. È colpa di Emiliano. Quello è juventino nel midollo. È venuto per secciare”.
Spontanea e diretta la mia risposta a chiudere la sua chiusura di nottata: Antò, ma vafancul. Tu e isso.
Gianluigi Trapani ilnapolista © riproduzione riservata