Il Napoli non è più schiavo del suo passato recente. Si allena e trascina la città a non esserlo del suo passato remoto. Non aderisce più ad un’unica idea di gioco
Il gioco estatico del Napoli esiste ma è confinato
È morto il sarrismo, viva il sarrismo. È terminata la necessità di aderire ad un’unica idea di gioco per esistere ed è emersa la disponibilità della squadra al sacrificio – che è “il ricordo di un giorno che è durato quanto ere remote”. Il sacrificio del Napoli, la sua difesa bassa quando serve, il suo accorciarsi ed allungarsi dove gli eventi lo richiedano, sono il vitello che si immola per ricordare un passato che ci è alle spalle.
Ora non è più peccato spazzare qualche pallone, come Sarri ha perentoriamente rammentato dopo la partita con il Feyenoord; non è criminoso chiudersi sulla bandierina dell’angolo avversario per far scorrere i minuti come a Ferrara. Il gioco estatico del Napoli sarriano esiste ma è confinato – e così ancora più letale – in una logica più vasta, nella quale la squadra azzurra può gestire i suoi tempi, le sue cadenze: si trasforma, muta più volte in novanta minuti, in costante evoluzione. Ed ogni movimento sullo scacchiere ne è l’esempio, come il cambio di Callejon per Rog, che evoca una nuova metamorfosi nel futuro partenopeo.
Tirare il Napoli per la giacchetta
Il Napoli non è più schiavo del suo passato recente. Si allena e trascina la città a non esserlo del suo passato remoto. È una notizia enorme in un mondo che ha difficoltà gigantesche a proseguire senza guardarsi troppo indietro. Il fardello del passato tramortisce persino l’Olanda – che dalle nostre parti è ancora la patria del calcio totale. Il Guardian parla del declino arancione dovuto all’ossessione per il passato, una nazione calcistica alla merce’ di carnefici che si chiamano Cruyff e Van Basten, i quali giudicano l’oggi ed il domani perdenti in nome delle loro vite vittoriose.
Tanti usano e useranno il Napoli per combattere le proprie battaglie particolari. Lo fa persino il grande Sacchi, che elogia Sarri con una onnipresente vena narcisistica, col piglio di chi vede la propria storia rivivere nel tecnico toscano – con un pizzico di rivalsa sul “sistema”. È lo stesso vezzo di chi usa il Napoli per combattere le onnipresenti battaglie dell’anti-juventinismo militante.
Ma questa squadra, questo Napoli, è soprattutto libero. Ed è una gioia poterlo dire. Libero di spaziare in un domani che può costruire autonomamente. Ha sacrificato anche la sua idea di gioco per ottenere il dominio, sul campo e oltre. Uno a zero fuori casa, il risultato perfetto. L’avversario colpito e tenuto distante per novanta minuti col pugno aristocratico. Era la storia di una avanguardia cittadina. Lo rimane. Oggi più che mai.