La qualità nella gestione dei momenti, cosa significa avere e perdere Ghoulam, alzare o abbassare intensità del pressing e amministrare la partita.
La questione del tempo
Da un po’ di tempo, la nostra analisi tattica si concentra sulla gestione del tempo, ovvero dei momenti della partita. Ieri sera c’è stata Napoli-Manchester City, un’ennesima dimostrazione di come possa (debba) avvenire l’amministrazione dei vari periodi di gioco all’interno di uno stesso match. Il Manchester City è stato perfetto, il Napoli no. Questa analisi, per quanto banale e banalizzante, in realtà scoperchia il mondo. Perché la gestione esatta dei momenti di una partita fa parte del portfolio dei calciatori, i migliori calciatori sono quelli che sanno fare tutto. E tra tutto, c’è anche – se non soprattutto – questo. Quindi, questione di qualità. Di inesperienza, se vogliamo. Di coraggio, come ha detto Sacchi. Che diventa «presunzione» secondo la Gazzetta. Ma qui andiamo nel giudizio personale. Vediamo come, dal punto di vista tattico, si è espressa la differenza tra le due squadre.
Come difende una squadra proattiva: gli uomini sotto la linea del pallone sono quasi in parità numerica rispetto agli attaccanti avversari. Per il Napoli nel primo tempo, la linea difensiva più Insighe e Jorginho contro tre giocatori del City più De Bruyne. Per la squadra di Guardiola, la linea difensiva più i tre centrocampisti contro quattro calciatori del Napoli più Hamsik.
Appunto, due frame che dicono come, in realtà, la differenza non ci sia. Quantomeno nell’approccio al gioco. La caratteristica principale delle squadre proattive è quella di accettare gli scompensi in fase difensiva. Portare molti uomini in avanti, in fase attiva come passiva, vuol dire lasciarne di meno dietro. È automatico, è matematico. Sopra, i due frame sono presi in momenti “alternativi” rispetto all’inerzia del match. Il City che attacca durante la prima parte (favorevole al Napoli) e viceversa. Ebbene, entrambe le squadre hanno una superiorità numerica risicata in fase difensiva. Parliamo di numero di giocatori, gli spazi di campo sono più intasati dal City in fase di copertura. Questo dipende dal minuto di gioco. Leggi sopra: gestione dei momenti della partita.
Le due squadre hanno deciso di affrontarsi così, non hanno rinunciato alla loro identità. Il City ha utilizzato meno la dinamica dell’andata in fase di costruzione (il 3+2 con Delph accanto a Fernandinho), anche perché – almeno inizialmente – il Napoli teneva molto il pallone e Guardiola ha optato per Gundogan come uomo di supporto accanto a Fernandinho. È stata una scelta non tanto di tattica o di posizionamento, quanto semplicemente riferita alle caratteristiche del calciatore. Gundogan ha una personalità offensiva meno spiccata di Silva, ma ha mantenuto gli stessi movimenti e le stesse funzioni del titolare spagnolo in fase di costruzione. Un momento di gioco che, durante la prima parte, è stato fortemente inibito dalla pressione alta del Napoli.
Per bypassare questa dinamica, la prima scelta di Guardiola è stata affidarsi ai lanci lunghi (saranno 57 a fine partita, contro i 17 del Napoli), poi si è passati alla retrocessione di Aguero a centrocampo per offrire un’altra soluzione pulita ai palleggiatori del City senza rinunciare a tenere gli esterni altissimi e larghissimi. Gestione, in questo caso si potrebbe anche definire adattamento al contesto. Ma la sostanza non cambia.
La prima fase di costruzione del City e le posizioni medie degli undici titolari di Guardiola. In alto, al 26esimo, Guardiola ha già chiesto al suo centravanti argentino di aiutare in ripiegamento. Sotto, invece, notiamo come il 4-3-3 del tecnico catalano non sia stato alterato dal cambio Gundogan-Silva.
Il miglior Napoli
Per cercare di frenare la squadra di Guardiola, o quantomeno limitarla, abbiamo scelto un frame preciso durante la prima fase della partita. Un’immagine che spiega come il Napoli abbia ragionato.
Sei uomini del Manchester City e altrettanti del Napoli mentre i difensori di Guardiola si scambiano la palla in zona bassa. Copertura preventiva di tutte le linee di passaggio – tranne quella più ravvicinata ed elementare – e pressing sull’uomo con copertura preventiva sul calciatore lasciato libero. I due calciatori simbolo di questa alta pressione sono Allan, che va su Delph insieme a Callejon, e Jorginho, che scala subito su Gundogan. In questo modo, nei primi 25 minuti, il Napoli ha recuperato moltissimi palloni. Una squadra di possesso come il Manchester City ha messo insieme un’accuratezza nei passaggi pari all’82% contro l’89% degli azzurri. Certi ritmi, però, non possono durare per 90′. È un Napoli bellissimo, il migliore possibile, ma è fatalmente limitato nel tempo.
Come il City ha ribaltato l’inerzia
Tornando al punto di partenza: il Napoli ha gestito male l’emergenza Ghoulam, il City ha alzato la propria pressione proprio in quel momento e la struttura difensiva di Sarri ha ceduto. La rete di Otamendi si esprime in occasione di un calcio piazzato, ma arriva durante un periodo di possesso palla e gestione totale del gioco da parte della squadra di Guardiola. È una rete episodica e costruita, con la forza del gioco e con il gioco nel momento in cui il Napoli ha dovuto riscrivere sé stesso. Anzi, in alcuni momenti successivi all’ingresso di Maggio si è visto addirittura un interscambio di posizioni tra lui e Hysaj. Episodico anche quello, ma sintomatico della confusione di una squadra non reattiva rispetto al fatto improvviso di campo. La gestione dei momenti, ancora.
Lezione di costruzione bassa in gioco posizionale: palla che dalla fascia sinistra viene spostata a destra, il Napoli segue lo sviluppo del gioco in fase difensiva e lascia scoperta la fascia mancina. Con i quadrati arancioni, abbiamo evidenziato i calciatori che occupano una posizione centrale o comunque di sinistra. Hamsik, Mertens e Hysaj danno il senso di squilibrio orizzontale del Napoli, causato dal possesso illuminato del City. Sventagliata di Stones a cercare e trovare Sterling. Sotto, il frame successivo. Lo riportiamo più per la grafica statistica della regia Uefa che per esplicare la situazione.
La squadra di Guardiola ha alzato l’intensità e la sicurezza del suo giro palla, sfruttando i dettami del gioco di posizione: muovere il pallone per muovere gli avversari e poi aprire sul lato debole. Decisivo il contributo di Sané e Sterling, che come detto restavano sempre larghissimi per garantire ampiezza. Il minor furore fisico del Napoli ha contribuito a rendere ancor più pericolosa questa dinamica.
Ripartenze e Ghoulam
Nella ripresa, dopo aver ripreso in mano la linearità del suo gioco, il Napoli ha anche rimesso in piedi la partita. Il rigore di Jorginho è arrivato al termine di un momento positivo che sembrava potesse diventarlo ancora di più – l’occasione di Callejon. Paradossalmente, dal punto di vista tattico, la scelta di attaccare in massa a questo punto della partita è più comprensibile rispetto ad altre. La differenza tra vittoria e pareggio era molto più ampia rispetto a quella tra pareggio e sconfitta.
Il contropiede del City da cui scaturisce il gol di Aguero nasce da un calcio d’angolo gestito male da Hamsik. Sané scatta indisturbato, rimpallo fortunoso e poi il Kun. Si può discutere quanto si vuole rispetto alla dimensione tattica di questo gol. L’anno scorso, a Torino in Coppa Italia, il Napoli gestì malissimo una copertura preventiva su corner a favore, ma si era 2-1 per la Juve in uno scontro a/r in Coppa Italia. Ieri sera era praticamente una partita secca.
E poi c’è poco di tattico, da spiegare. Se non i cambiamenti cui è stato costretto il Napoli dopo l’uscita di Ghoulam. Quelli hanno cambiato lo scenario e la partita, in modo forse decisivo. È una questione di posizionamento, di interpretazione del ruolo, ma anche di andamento del match. Il Napoli ha perso la spinta del terzino algerino, un calciatore che si distingue dalla massa per una gran tecnica di base e una fisicità importante. Caratteristiche che garantiscono (garantivano) a Sarri un vero e proprio hub creativo sulla sinistra, senza rinunciare alla copertura in fase passiva. Hysaj ha qualità diverse, depotenziate tra l’altro da un adattamento a un ruolo per lui non naturale. Per tenere bene in difesa, non si quasi è spinto in attacco. Tra l’altro, temporalmente, il suo utilizzo a sinistra è arrivato dopo che il Napoli aveva già speso molte energie.
Confronto tra due heatmap: a sinistra quella di Ghoulam, a destra quella di Hysaj. La differenza è enorme, chiarissima.
Il Napoli di ieri sera è stata una squadra organizzata e preparata bene, con i soliti difetti strutturali e tattici, genetici rispetto a un certo tipo di gioco e di atteggiamento e di organico. Ha affrontato un avversario fortissimo, più esperto nel senso di rodato – tecnicamente e psicologicamente – alla gestione della partita. La contestazione rispetto all’eccessivo coraggio/presunzione è umanamente comprensibile, ma i risultati positivi ottenuti con questo modo di interpretare il gioco sconsigliano modifiche all’identità. Non fosse altro che di Manchester City ce n’è uno solo.
La critica costruttiva che si può (si deve) fare sta nella tenuta di certi meccanismi rispetto alle avversità. Che, ovviamente, fanno parte del gioco. Il Napoli di ieri sera ha costruito solo 5.4 conclusioni verso la porta (più il rigore) in tutto il periodo senza Ghoulam. Si è trattato di big chance (Callejon solo davanti a Ederson più che la traversa da lontano di Insigne), ma non c’è stata molta continuità nella proposta offensiva. I demeriti del Napoli stanno nella difficoltà di essere realmente e ripetutamente pericoloso giocando a marce basse.
Un problema bypassabile in campionato, ma non contro avversari fortissimi, pure bravi a gestire i momenti della partita, con la tecnica e la forza giusta per esaltare il proprio gioco e sfruttare i cedimenti nelle strutture altrui. E che hanno calciatori come Sané e Sterling, ovvero 12 dribbling riusciti e 6 occasioni create in due. Differenza di qualità, e di forza. Da cui discende tutto il resto, anche le alternative tattiche.