Capiamo la necessità di raccogliere consenso a Napoli e di segnare una distanza dalle gerarchie del calcio italiano, ma i tempi sono importanti e anche le scelte passate.

Maramaldo nacque a Napoli
C’è modo e modo. E ci sono anche i tempi per andare all’incasso. Sempre che ci si muova nel modo corretto per farlo. Ieri Aurelio De Laurentiis, a eliminazione ancora calda della Nazionale dai Mondiali, ha avvertito l’urgenza di dire la sua. E lo ha fatto perché, nelle sue intenzioni, c’era l’esigenza di rimarcare la sua distanza dai dirigenti del calcio italiano. Recentemente, ha fatto sentire forte e chiaro il suo dissenso in Lega a proposito della vendita – per lui, una svendita – dei diritti tv della Serie A all’estero.
Va però anche ricordato che, dopo un’iniziale distanza, De Laurentiis votò la prima volta per l’elezione di Tavecchio e non si pronunciò pubblicamente per la recente rielezione che fu invece fortemente sostenuta dalla Juventus.
Il desiderio di mietere consenso
Capiamo il desiderio di raccogliere consenso a Napoli, ma l’attacco a Ventura per Insigne così come il ricordo dell’esonero a Napoli possiamo senza dubbio catalogarli sotto la voce maramaldeggiare. Fabrizio Maramaldo del resto nacque proprio all’ombra del Vesuvio. Insigne in panchina è una ferita aperta non solo per Napoli, come ha dimostrato il video di De Rossi che ha fatto il giro del mondo ed è stato ripreso persino dal ct della Germania Loew. Tra l’altro, non avendo partecipato alla disfatta epocale, Insigne non si è deprezzato. Anzi.
E in ogni caso è facile sparare il giorno dopo la disfatta. E non si rimedia nemmeno una bella figura.