Casi clamorosi, tra club e nazionali, in cui un infortunio ha rappresentato un modo per crescere, conoscere e capire qualcosa di nuovo. A Napoli, Mertens e Renica.
Precedenti azzurri
A Napoli si stanno stracciando le vesti per l’infortunio di Ghoulam, evidentemente la lezione di Milik non è bastata. Nel senso, giusto per non equivocare: è bene, anzi fondamentale, avere tutti i calciatori della rosa in perfette condizioni, sapere e poter variare in base alle esigenze. Però, come dire: gli infortuni, da calamità, possono diventare anche occasioni. Per cambiare, per scoprire, per conoscere nuove cose. Come Massimo Troisi che lascia Napoli per Firenze, pur avendo un lavoro normale. Proprio Napoli dovrebbe ricordare, oltre il caso Mertens, quello Renica-Corradini.
L’anno del secondo scudetto
Ricostruiamo: stagione 1989/90, il Napoli sta approcciando un campionato complicato, ci sono le bizze di Maradona che non vuole tornare dall’Argentina e il torneo comincia presto per finire presto. Dopo, infatti, ci sono i Mondiali da giocare. Linea difensiva titolare della squadra di Bigon – tra l’altro nuovo allenatore, appena giunto dal Cesena -: Ferrara-Baroni-Renica-Francini. In realtà Renica giocherebbe da libero, il Napoli non ha ancora sposato la moda della difesa in linea ma non è questa la sostanza. Baroni arriva dal Lecce, è uno stopper, la prima riserva difensiva si chiama Giancarlo Corradini. È a Napoli già da un anno, ha giocato molto nell’anno precedente accanto a Renica. Suo l’autogol a Torino nel match di Coppa Uefa con la Juventus, ma fu davvero un caso fortunato.
Dopo le prime tre buone giornate (due vittorie e un pareggio), Napoli in casa contro la Fiorentina. Azzurri sotto di due gol, San Paolo che fischia, Renica segna il gol dell’1-2 e si stira. Non rientrerà più (per motivi clinici). Entra Corradini, libero d’emergenza. Il gol del 3-2 è suo, come sua sarà la maglia numero sei fino a fine stagione, fino allo scudetto. Non siamo ai livelli di Mertens, ma parliamo di uno scudetto vinto. E di un ruolo da titolare.
Nesta-Materazzi
Pensiamo ad Alessandro Nesta, un uomo allergico alla fortuna (ai Mondiali). 1998, 2002, 2006: tre avventure iridate praticamente saltate. Nell’ultima, infortunio durante Italia-Repubblica Ceca, terza partita del girone. Entra Marco Materazzi, subito in gol e poi protagonista assoluto in Germania. Con altra rete e rigore segnato nella finale contro la Francia. Oltre alla storica testata di Zidane e ad aver calciato uno dei cinque rigori che ci fecero alzare la coppa.
Anche i Mondiali del 1982 furono caratterizzati da un caso del genere. Roberto Bettega, titolare designato di Bearzot, fu fermato da un grave incidente pochi mesi prima dell’edizione spagnola. Al suo posto fu impiegato Graziani, attaccante generoso e partner perfetto di Paolo Rossi. Sappiamo com’è andata a finire. Esattamente come al Portogallo di Cristiano Ronaldo, giusto un anno e mezzo fa. Finale europea contro la Francia, il fenomeno col numero 7 si fa male ed esce. Non entra il matchwinner Eder, ma va bene lo stesso. Lusitani sul tetto continentale.
Anastasi e Boninsegna nel 1970
Senza dover ricorrere per forza a un successo in Coppa del Mondo o ad un Europeo, può bastare anche una finale: 1970, Anastasi resta vittima di uno scherzo di spogliatoio e lascia il posto a Boninsegna e Prati. Lodetti, già partito per il Messico, torna per far posto agli attaccanti di Inter e Milan. Il primo diventa titolare accanto a Gigi Riva: regala a Rivera l’assist del 4-3 alla Germani e segna il gol del momentaneo 1-1 in finale contro il Brasile di Pelè.
Lo stesso Pelè che, otto anni prima in Cile, aveva guardato praticamente tutto il Mondiale dall’esterno dopo l’infortunio iniziale. Al suo posto, Amarildo con la dieci. E Brasile campione. Stessa situazione ed esito diverso a Italia 90, per l’Argentino: Pumpido, titolare in Messico quattro anni prima, si fa male durante il match con l’Urss. Dalla panchina si alza El Vasco, Sergio Goycochea. Sarà decisivo nel percorso fino alla finale, ne farà le spese anche l’Italia. Renica è in buona compagnia.
Madjer che non superò le visite mediche: fu la fortuna dell’Inter
Casi clamorosi per squadre di club: Ramon Diaz-Madjer, Inter 1988/89. I nerazzurri acquistano l’algerino dal Porto, durante le visite mediche si accorgono che qualcosa non va. Immediato cambio di direzione, acquistato dalla Fiorentina l’argentino ex napoletano. Inter dei record, con Diaz decisivo come partner di Aldo Serena.
Anche sulla sponda rossonera, più o meno nelle stesse stagioni, è successo qualcosa di simile. Lo scudetto del 1988 conquistato senza Van Basten, infortunato dopo poche giornate di campionato: giocò Virdis che fu grande protagonista del primo successo di Sacchi. E poi la Champions League del 1994, vinta sempre senza l’olandese colpito dai problemi cronici alla caviglia. Al suo posto, Capello scopre la forza di Provvidenza Massaro.
Ovviamente, la nostra memoria è umana e ha un limite. Invitiamo i nostri lettori a proporci e ricordare i loro “casi”. Un modo per esorcizzare l’ansia per un post-Ghoulam che sarà complesso, ma che potrà rappresentare un’occasione. Per Mario Rui, intanto. Poi, nel caso, per il Napoli.