La solita polemica, oggi il quotidiano ci ritorna: «A Napoli brucia più il nostro titolo che l’eliminazione dalla Champions» e cita Totò e Scarpetta
Salutame a soreta
Il titolo di ieri di Libero (“Salutame a soreta”) ha – come facilmente prevedibile – provocato indignazione in città. Si sono pronunciati praticamente tutti. Chi con più stile, chi con meno. Oggi il quotidiano milanese torna sull’argomento con un titolo che parte dalla prima pagina e si intitola: “Brucia più il titolo di Libero che la sconfitta del Napoli”.
Come sempre accade in questi casi, Libero fa scrivere l’articolo a un napoletano: Mattias Mainiero. Che poi, in fondo, è lo stesso principio dell’“ho amici gay, negri (con la g) o ebrei”.
Anche loro hanno un napoletano e lo espongono
Il quotidiano parte però da un errore piuttosto grossolano. Scrive Mainiero: «Il giornale va in edicola, a Napoli lo comprano e scoppia il putiferio». Insomma, dove vive Mainiero? Il titolo – rilanciato la mattina da rassegne stampa su twitter – è circolato rapidamente sui social. Il giornale non lo ha comprato nessuno. Un giornalista esperto di carta stampata dovrebbe ormai saperlo. Ma riportiamo il cuore dell’articolo:
Se ne occupano tutti: siti e radio locali. E non ce n’è uno che gradisca. Alcuni ci vanno giù anche con la mano pesante, tirando in ballo l’etica professionale, la semantica napoletana e via discorrendo. Gesù mio, per un titolo che voleva essere, ed è, solo ironico.
Mainiero prosegue:
“Di nuovo: calma, ragazzi. Da napoletano a napoletani infuriati (si autodenuncia): ma mica questo è un reato di lesa maestà. Mica è un attacco ad una squadra ita- liana. Mica è un’espressione di gioia perché gli azzurri so- no stati sconfitti. «Salutame a soreta», lo sappiamo tutti, è un modo di dire napoletano, ormai diventato italiano. Per gli amanti dei modi di dire: una volta, ma molti anni fa, «salutame a soreta» era un detto con una valenza sessuale. Si alludeva ad una conoscenza intima con la sorella del destinatario della frase. Ci siamo capiti, inutile insistere. Poi, con il tempo, il detto ha assunto valenza decisamente più bonaria, per diventare quasi un intercalare. Totò usa la frase nel suo film «Un turco napoletano». Prima di lui lo aveva fatto Eduardo Scarpetta, il celebre drammaturgo napoletano. Lo sappiamo bene: le citazioni servono a puntellare il pensiero debole. E infatti noi citiamo Totò solo per far capire che la frase è davvero di uso corrente, che, anche grazie ai film, ha superato i confini napoletani e che oggi ha perso qualsiasi connotato di cattiveria”.
Il Napolista ha poco da dire. Non ne abbiamo scritto ieri, non ci interessa granché. Ci fa sorridere ogni volta che Napoli si risente per cose del genere. È più o meno la solita storia: l’oleografia la possiamo usare solo noi. Libero prova a mascherare la propria ostilità (per non dire altro) nei confronti dei napoletani e ha ottenuto il suo quarto d’ora di notorietà in città dove le vendite languono. Ma li rassicuriamo, in edicola non è andato nessuno.