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Io, napoletana e bergamasca, all’Azzurri d’Italia: le emozioni della mia prima Atalanta-Napoli

Atalanta-Napoli. una voce di dentro: ci scrive Vittoria, napoletana trapiantata a Bergamo. Il razzismo che esiste, l’atmosfera in tribuna, tensione, insulti e la gioia finale.

Io, napoletana e bergamasca, all’Azzurri d’Italia: le emozioni della mia prima Atalanta-Napoli

Terra straniera

Per molti non è facile capire cosa voglia dire vivere “in terra straniera”, vivere in un mondo in cui la maggior parte delle persone residenti al nord ti considera uno quasi uno “straniero”.

Il razzismo territoriale qui al settentrione è all’ordine del giorno, alcuni non lo danno a vedere e se lo tengono per sé, altri invece lo manifestano in ogni forma e in determinate circostanze, anche non sportive.

Quest’ultima affermazione si è avvalorata ancora di più qualche giorno fa, quando io di persona ho ascoltato molti commenti che, magari nella rabbia, magari nella delusione della sconfitta, sono usciti fuori senza dare ad essi un minimo di peso. Per ben 17 anni di vita non ho mai avuto l’occasione o meglio, non ho mai avuto l’entusiasmo di andare allo stadio dell’Atalanta.
Ho sempre sentito e letto quanto Bergamo venisse considerata una delle città più razziste d’Italia e forse anche questo ha bloccato mio padre a non portarmi in un ambiente così pesante.

Una fede

Ma passati gli anni, è aumentata quella che prima era passione per il Napoli, oggi è diventata fede. Mai avrei pensato di essere così emotivamente coinvolta per questa squadra, l’amore per la città si è legato a quello per il Napoli.

Domenica scorsa, finalmente ho avuto l’occasione di vedere il mio Napoli allo stadio di Bergamo. La mattina mi sono recata allo stadio con la solita ansia che mi accompagna nei pre match. Questa volta però non potevo condividerla con papà, non potevo sentire i suoi lunghi sospiri prima del fischio d’inizio, non potevo commentare la formazione con lui, non potevo mangiare la solita pizza scaramantica.

Iniziai a incamminarmi verso l’ingresso del mio settore, passeggiando fra le persone sentivo accenti diversi a differenza di quelli che si sentono fuori dallo stadio a Napoli, ma l’atmosfera era quasi la stessa: bandiere che sventolavano, cori, striscioni. Dalle tante persone che c’erano non era facile trovare il settore giusto, così abbiamo chiesto informazioni ad una coppia che sembrava abbastanza tranquilla.

Insieme alla mia amica ci avvicinammo, abituata con lei, napoletana, a parlare spesso in dialetto, prima di domandare, nella mia testa cercavo di fare un cambio di accento in modo da non essere facilmente riconoscibile per quella “terrona” e rischiare poi magari di essere presa a maleparole.
Con la cantilena bergamasca chiesi indicazioni e loro mi risposero “sta la, sta la, a gira a destr”. Li guardo, sorrido. La casualità.

Lo stadio

Finalmente trovato l’ingresso, entrammo nello stadio. Salgo i pochi scalini e sembrava quasi essere in campo. Pochi minuti e inizia la partita, tutto tranquillo, solo una trentina di persone intorno a me che di Bergamo non sembravano affatto.

Da cosa me ne sono accorta? I panini con la mortadella e gli “amma vencere oggi” sono facilemente riconoscibili. La tribuna d’onore era diventata la tribuna Posillipo di Napoli.

Alle frasi incoraggianti dei tifosi napoletani presenti, si sovrapponevano frasi poco eleganti di qualche signora che forse non gradiva la nostra presenza.
Per tutta la partita c’è stato un clima molto civile in tribuna, a parte i soliti cori che purtroppo negli stadi italiani si sentono ovunque. Sembrava di vedere la partita a casa: poltrona, ottima visuale, mancava solo la telecronaca, ma dato la presenza di Caressa se ne poteva fare anche a meno.

I pochi tifosi nel settore ospiti si facevano sentire, e ai cori “lavali col fuoco “ partiva in risposta un “ale ale Vesuvio”. In campo si lottava per ogni pallone, entrambe le squadre volevano vincere. L’ambiente “caldino” dello stadio incoraggiava e spingeva la squadra neroazzurra, ma la voglia di vittoria, la voglia di far vedere chi è veramente il Napoli e cosa è realmente capace di fare in un campo così ostico era tanta.

Dopo l’intervallo

Finito il primo tempo, sembrava fino a lì una partita abbastanza equilibrata. Serviva solo il gol. Dopo l’intervallo ci si aspettava un tempo ricco di emozioni e così è stato. 20^ minuto goal del Napoli. Forse non mi sono mai trattenuta così tanto ad esultare e, trattenermi io, vuol dire non fare la pazza come è il mio solito.

Essendo in un ambiente formale non ero a mio agio. Finito di esultare, mi sono girata intorno e vedevo da una parte, persone che si abbracciavano, urlavano, saltavano sulle poltroncine; dall’altra teste basse e volti schifati.
L’esultanza per i giocatori è stata quasi liberatoria, esultare sotto la curva avversaria vuol dire cazzimma. I soliti cori contro Koulibaly e la bottiglietta lanciata dagli spalti, hanno però rovinato la festa.

Dopo il gol

Ma non era il momento per dare importanza a quei ventimila e passa ignoranti bergamaschi, l’unica cosa che serviva era la testa, mantenere i nervi saldi e portarsi a casa in qualunque modo questa vittoria. Neanche dopo il goal gli atalantini in tribuna si sono fatti sentire molto. Mancavano 15 minuti, la tensione era tanta, piano piano saliva sempre di più, e i bergamaschi la partita volevano pareggiarla. Poche occasioni, ma quando si avvicinavano alla nostra aerea, avevo quasi paura di guardare.

Gli sbuffi continui del signore accanto a me e la continua domanda “quanto manca ?”, mi ricordavano mio padre. 45° scoccato, 4 minuti di recupero e tutta l’Atalanta nella nostra metà campo. A ogni nostra riconquista della palla era quasi come un goal. Minuto 46, go di Hamsik, li è stato un urlo liberatorio anche il mio. Ma purtroppo è risultato invano, dato il goal non convalidato.

Altri due minuti, i bergamaschi ci credevano. L’ansia era incontenibile, mani in faccia,un occhio che cercava di guardare e il tic delle gambe che non riusciva più a fermarsi. Probabilmente l’ultima parata di Reina è stata l’unica cosa che ho visto in quei due minuti. Da lì ho capito che era fatta. Rimessa dal fondo, fischio finale,

È FINITA.

Dopo il fischio finale

Sospiro di sollievo e un urlo di gioia da parte di tutti, con un sottofondo leggero di “un giorno all’improvviso”. Il rito si fa ovunque. Calciatori e tifosi in delirio quasi come se fosse l’ultima di campionato. L’importanza di questa partita era troppa.

Ci avvicinano alla ringhiera e iniziammo a cantare. L’atmosfera era bella, mi sentivo “a casa”. Il sorriso dei napoletani, dei calciatori e persino l’esultanza di Sarri ha dato dimostrazione di quanto questa partita valesse.

Tutta questa gioia è stata quasi rovinata dagli insulti di scarsa importanza di poche persone che passavano accanto a noi: “mantenuti, colerosi, tornatevene al vostro paese”. Per persone come me, molto emotiva e diretta, era impossibile stare zitta e far finta di niente.

Qualche parolaccia, qualche insulto, un battibecco di poco conto, ma niente e nessuno sarebbero stati capaci di rovinare la festa.

Atalanta 0

Napoli 1

Io ci credo!

#20maggio2018

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