È fatta con il Torino, un luogo narrativamente e tecnicamente perfetto per Mazzarri: il tecnico livornese garantisce risultati e la progressione della squadra e dei singoli.
Un bravo allenatore
Walter Mazzarri è un allenatore di grandi qualità. Non c’è modo di smentire quest’assioma, perché qualsiasi tipo di rimostranza sul suo lavoro si scontra con la forza dei risultati. Ovunque sia andato, Mazzarri ha fatto risultati buoni se non ottimi. In alcuni casi, ha costruito veri e propri miracoli. Probabilmente, in proporzione alla rosa a disposizione, è il tecnico con i migliori risultati grezzi nella storia recente del Napoli. Oltre la retorica di Aronica e Campagnaro a Stamford Bridge, ci sono due qualificazioni dirette alla Champions in quattro stagioni intere a Napoli. C’è la Coppa Italia, c’è la Supercoppa di Pechino persa un po’ così. Prima ancora, ci sono Livorno, Reggina e Sampdoria. Nessun fallimento, nessun esonero.
E poi, il lavoro sui calciatori: ci sono il lancio definitivo di Hamsik e Cavani, la razionalizzazione (per quanto possibile) di Lavezzi. La prima scoperta di Insigne, anche se poi il vero salto di qualità di Lorenzo si deve al lavoro di Benitez e Sarri.
Insomma, Mazzarri è un tecnico con credenziali e un curriculum importante. Il suo personaggio è la sua condanna, la sua comunicazione ha finito per incastrarlo. Quasi più di un passaggio sbagliato all’Inter, sbagliato per tempistica, approccio, percezione, autoconsiderazione. L’addio al Napoli e l’approdo in nerazzurro sono stati gestiti male, malissimo, sia da Walter che dall’Inter stessa: l’uomo di San Vincenzo credeva di essere pronto per una squadra già grande, almeno per blasone, quando invece il gioco e soprattutto la sua presenza mediatica erano ancora parametrati su altre realtà; dall’altra parte, Moratti l’ha ingaggiato in un momento di transizione, forse anche di transizione nascosta. Così Mazzarri è rimasto solo, con una squadra inadeguata e comunque portata fino al quinto posto – al primo anno. Poi è stato schiacciato dagli eventi, ha pagato gli errori e ora, dopo la parentesi inglese al Watford, ripartirà. Dal miglior luogo possibile.
Il Torino
Ecco, prendiamo tutti i topos della storia del Torino e mischiamoli con la narrazione di Walter Mazzarri. È un incastro perfetto: la dialettica del cuore-Toro, della maglia sudata, del tremendismo granata. E il calcio essenziale e gagliardo di Mazzarri, la sua ricerca dell’equilibrio attraverso l’intensità. Al di là delle (futili) discussioni sulla difesa a tre, sull’attitudine al contropiede, sull’esaltazione della giocata dei singoli, il sistema di Mazzarri si è sempre rivelato adatto a una dimensione di questo tipo. Ovvero, un livello di qualità medio-alto da spostare in avanti, da far progredire. Questo è Mazzarri, allenatore da crescita assicurata nel collettivo, nelle individualità, nei risultati.
Mentre scriviamo e stiamo per pubblicare, Gianluca Di Marzio lancia il tweet definitivo. Eccolo qui, ci siamo. Bentornato, Walter. Meritavi ampiamente questa nuova occasione per dimostrare di essere all’altezza di contesti importanti. Non possiamo che salutare con gioia il tuo ritorno alla Serie A, non possiamo che guardare con simpatia questo perfetto matrimonio col Torino. Appuntamento al San Paolo, giornata numero 36. Per applaudirti, poi per batterti. Com’è giusto che sia.
#Mazzarri sulla panchina del @TorinoFC_1906: accordo raggiunto @SkySport
— Gianluca Di Marzio (@DiMarzio) 4 gennaio 2018