Il più grande merito di Sarri è aver creato un gruppo che da mesi non molla l’obiettivo. E che non ha avuto paura nella partita più importante
Il grande lavoro di Sarri
Juventus-Napoli non l’ha decisa un episodio. Non è stato casuale il gol di Koulibaly al novantesimo all’Allianz Stadium. È stato invece la misura della crescita mentale e dell’applicazione del Napoli. Succede così, nello sport e non solo. Lavori, sudi, ti sacrifichi e un giorno, possibilmente nell’occasione più importante, ne raccogli i frutti. Ci siamo soffermati più volte su questo aspetto. La nuova solidità psicologica del Napoli è uno dei più grandi risultati raggiunti da Maurizio Sarri. Per chi scrive, nettamente il più importante.
Un percorso lungo, che ora è arrivato a uno snodo fondamentale. Se il Napoli ha sbancato Torino e se è a un solo punto dalla Juventus, è perché sin da agosto Sarri è riuscito a mantenere il gruppo concentrato sull’obiettivo. Sì, ieri sera il Napoli non ha derogato dai suoi principi, è vero. Ma, soprattutto, ha messo in mostra il suo gioco o comunque la propria idea di gioco nell’occasione importante quando in genere ti tremano le gambe.
È questa la fondamentale differenza tra il Napoli degli anni scorsi e quello di ieri sera. Gli anni scorsi eravamo noi a perdere punti in casa della Spal e del Crotone, noi a sbagliare le partite-chiave, noi ad avere il braccino nei momenti clou. In campionato lo abbiamo fatto spesso, con Mazzarri, con Benitez e con Sarri. Ieri sera, no. E non è solo una questione di gioco. Puoi avere un sistema di gioco come quello di Sarri e non riuscire a mettere due passaggi in fila, o non riuscire a raddrizzare la partita col Chievo nei cinque minuti finali.
C’è del metodo nel gol
Così come c’è del metodo nel gol. Gol cercato. Si è giocato praticamente a una sola porta. E se Buffon ha deviato quella palla in corner, è perché avevano addosso la tensione e la paura. Un tiro cross di Insigne che il portiere della Nazionale ha preferito accompagnare in corner. La Juventus, come successo tante volte nel corso della partita, non riusciva a uscire dalla propria area palla a terra. Il Napoli ha così conquistato un’occasione, perché quest’anno i calci da fermo sono chance concrete per il Napoli. E qui torniamo all’applicazione. Cross di Callejon, Koulibaly salta in cielo, segna e José lo aspetta, serafico, sereno, per l’esultanza. Come se fosse la cosa più normale del mondo. Perché è un avvenimento che era già accaduto nella loro testa.
Spesso ho criticato Sarri proprio per l’eccessiva attenzione – a livello mediatico – al gioco espresso, come se fosse l’unico aspetto importante. Il lavoro dell’allenatore è stato evidentemente graduale. Quest’anno il Napoli ha concesso di meno dal punto di vista dell’estetica, come è fisiologico che accada quando si sale di livello. Anche la mistica che avvolge il Milan di Sacchi è decisamente forzata. Sì, quella squadra giocò partite straordinarie, come quella del 4-1 al Napoli e il 5-0 al Real Madrid, ma tante volte furono partite vinte per 1-0, match bloccati come quello di ieri sera. Sacchi fa finta di non ricordarsene.
Stamattina, leggendo i giornali, sembrava che se Koulibaly non avesse segnato si sarebbe accusato il Napoli di non aver osato abbastanza. È un concetto non condivisibile. Ed è legato all’idea di squadra che deve obbligatoriamente andare al di sopra delle righe. Il Napoli ha giocato come sa, e come deve essere giocata una partita decisiva che può essere sbloccata anche all’ultimo minuto. Accade in tutti gli sport: dal tennis al pugilato.
Allegri vittima del suo personaggio
E qui c’è un’altra differenza importante della partita di ieri sera. Allegri è diventato vittima del proprio personaggio, quello legato all’idea che il calcio non è il circo; si è immedesimato a tal punto da offrire una squadra inguardabile, ben al di là della recente tradizione. Incapace di effettuare un solo tiro nello specchio della porta. È assurdo paragonare la partita dell’andata con quella di ieri sera, lì segnarono dopo pochi minuti e – al di là delle statistiche – controllarono la partita e furono più pericolosi del Napoli.
Sarri, invece, ieri sera non ha rinunciato ai propri teoremi ma ha giocato una partita intelligente, accorta, badando con un pressing asfissiante a far morire sul nascere ogni azione bianconera, consapevole che prima o poi – continuando a giocare – un gol avrebbe potuto segnarlo. Juventus-Napoli è la partita che certifica la definitiva maturità di Sarri e del suo gruppo. L’allenatore lo ha dimostrato anche nelle interviste. Ha mostrato una calma olimpica. E ha ragione a dire che il campionato è ancora nelle mani della Juventus. Non lo avevamo perso dopo Milano, non lo abbiamo vinto dopo Torino. La novità è che sappiamo di avere un gruppo vincente, solido, e che non soffre il male di pancia prima degli esami.
Per chi obietta che non è un gol all’ultimo minuto a decretare la crescita psicologica di una squadra, la risposta è che invece sono proprio il gol, la vittoria, il passaggio di un limite a certificare un passaggio in un altro quadro. È l’essenza dello sport. Non è mai un caso quando salti un centimetro in più del tuo record personale. Così come non furono casuali i gol di Altafini e Zaza, e nemmeno quello di Renica.