Da tempo vogliono praticare l’eutanasia al Napoli, ma la marcia azzurra prosegue compatta, anche contro le avversità. Ora c’è la Juventus, e sarà come Serse contro Leonida.
Come un gatto, attaccati con le unghie al campionato
“Convinti che fosse un gioco a cui avremmo giocato poco, provate pure a credevi assolti, siete lo stesso coinvolti” Sebbene sia la Canzone del Maggio ( e siamo ad Aprile) che ha segnato un’epoca, la ripropongo per dare nota e musica al Napoli. Che, come un gatto, si tiene con le unghie al campionato. Abbiamo già vinto, e chi lo nega è complice. Abbiamo già vinto, attraverso la Resistenza azzurra che sta dando sfogo ad un’energia repressa ventott’anni, che sta avvolgendo una città sotto il vessillo più esplicativo del coraggio.
Possiamo discutere per ore, giorni, mesi sui limiti di questa rosa, sulle mancate operazioni di mercato, sulle scarse capacità comunicative, ma spoglieremo l’impresa del suo abito migliore: la meraviglia. Questi ragazzi si stanno lasciando prendere per mano da un popolo che già esulta solo al pensiero che siamo ancora vivi, per giocarci l’ultima fiche sul tavolo verde della storia. Domenica a Torino avremo l’arroganza di Serse ad accoglierci, la borghese boria di chi addirittura delegittima organi internazionali per una mancata qualificazione, e dobbiamo affrontarla con la sfacciataggine di Leonida.
Andremo alla cena di gala con uno smoking prestato, ma con la bellezza autentica dei ragazzi di strada che vogliono dimostrare al Paese che il vento sta cambiando. O che comunque qualcuno sta provando a farlo.
Tante avversità
Il Napoli sta durando da settembre; ha fatto i preliminari di Champions League; ha frantumato record, ha subito l’infortunio di Ghoulam e di Milik. Ma è ancora lì. Con Tonelli e Diawara, con Mario Rui e Albiol, con gente che ha deciso di sbeffeggiare l’ovvio con le prodezze degli eletti. Domenica a Torino si presenterà un gruppo che ha sulle spalle il piacere di farci entrare nella storia ma non con la pesantezza di macchiarla. Verremo accolti da un manipolo di ordinari di un’università elitaria, di professoroni con la erre moscia, e ci presenteremo con la faccia tosta di chi a morsi e a capate si è preso il posto in prima fila, per cambiare i tempi.
Erano convinti tutti che l’istinto del ragazzino stabiese avesse chiuso i giochi, ma non avevano fatto i conti con la piazza azzurra che marcia compatta. Stanno chiedendo, giornali e tv, l’eutanasia da un mese, ma la spina resta attaccata. Per dondolarci ancora un po’ sull’altalena dell’emozioni che quest’anno ha deciso di offrirci come dono.
Il Napoli va a Torino per giocarsi lo Scudetto. Ripetete questa frase almeno tre volte: “Andiamo a Torino per giocarci lo Scudetto”.
E se non vi sentite un morso che vi stringe di emozione lo stomaco, non meritate questi ragazzi.