Sarri non parla di Orsato, dal Napoli giusto un accenno sui social. Dalla città considerata degli eccessi arriva una lezione di stile. Mica come quei cafoni a Madrid
Non c’è più l’uomo del lamento
La reazione del Napoli al week-end in cui ha probabilmente perduto lo scudetto, è stata british. O forse dovremmo cominciare a dire che è stata napoletana. Nel post-partita di Fiorentina-Napoli, Maurizio Sarri è stato inappuntabile dal punto di vita comunicativo. Tanto perfetto da sembrare irreale. L’uomo del lamento ha lasciato spazio all’allenatore che non si nasconde dietro gli alibi. “Abbiamo perso per colpa nostra, perché non c’eravamo con la testa, e se non c’eravamo per motivi extra-calcistici vuol dire che siamo di fronte a un altro nostro limite”. Chapeau. Da registrare e far ascoltare nelle scuole calcio prima di ogni lezione.
Resta la domanda insoluta: se il Napoli non si è dissolto per l’arbitraggio di Orsato – e quindi per il pensiero che mai e poi mai il Napoli avrebbe potuto vincere il campionato – allora per quale motivo si è dissolto? Perché la squadra in campo non c’è stata nemmeno nei primi sei minuti, altrimenti Koulibaly non si sarebbe fatto sorprendere come un giocatore amatoriale su un lancio innocuo verso il tutt’altro che irresistibile Simeone seppure autore di una tripletta. Si potrebbe parlare di crollo fisico eppure atleticamente, appena sette giorni prima, il Napoli aveva dato una dimostrazione di superiorità contro la Juventus.
Sarri più europeo
Sarri ha rimediato applausi dal punto di vista comunicativo, ma la squadra in campo l’ha pur messa in lui. E se dobbiamo seguire le sue indicazioni, e cioè che bisogna pensare esclusivamente al campo, allora di responsabilità ne ha eccome. Il Napoli tutto è sembrato tranne una squadra che stesse giocando la partita della vita. Lo abbiamo scritto: crediamo che ci sia dell’altro dietro la volontà di Sarri di non parlare di Orsato, lui da sempre sostiene che debba pensarci la società a difendere il Napoli.
Resta da sottolineare quanto sia cambiato nelle ultime due domeniche l’atteggiamento mediatico di Sarri. Decisamente più misurato, per semplificare diciamo europeo. Dopo la vittoria allo Stadium, addirittura si mostrò preoccupato del clima di Napoli, la definì – quasi alla Benitez – una città senza equilibrio; a Firenze, dopo la sconfitta più brutta della stagione, ha trovato anche il modo – intelligente – di disinnescare con una battuta la figura rimediata con la giornalista di Canale 21 Titti Improta.
Dalla società giusto un accenno
Anche la società ha scelto un profilo british. O napoletano, se preferite. De Laurentiis è rimasto in silenzio. Resta solo un commento affidato ai social in cui ci si definisce orgogliosi per quanto fatto, con un incipit da romanzo:
Ieri, dopo la partita, ho chiamato mio figlio. Era molto triste. Gli ho detto che non doveva esserlo, ma lui: «la frustrazione va oltre la tristezza». Gli ho risposto che «si deve accettare la sconfitta con orgoglio quando ci si è battuti a testa alta e con il cuore».. Essere “azzurri” significa vincere facendo leva soltanto sulle proprie forze. Le nostre vittorie valgono oro e sono la gioia dei tifosi napoletani che, nel mondo, soffrono, gioiscono per la loro squadra e possono dire con orgoglio».
Giusto un accenno, quel “vincere facendo leva soltanto sulle proprie forze”. Per il resto, nulla. Al contrario dell’Inter. Per carità di patria, sorvoliamo sul sindaco de Magistris.
Atteniamoci alla cronaca. Una settimana dopo aver sbancato lo Stadium, il Napoli è si dissolto a Firenze disputando una non partita. La sera prima, la Juventus ha battuto 3-2 l’Inter al termine di una partita rocambolesca, segnata dalla mancata espulsione di Pjanic ma anche dalla rimonta dei bianconeri che hanno segnato due gol in due minuti, così come da Handanovic statua di cera (per cortesia, riguardatelo sul gol di Cuadrado) e da Spalletti che ha fatto di tutto per perdere una partita che sembrava vinta. Tutt’attorno, dai social ai giornali, alle tv, è stato un parlare di scandalo e di Orsato, qualcuno come Maurizio Crosetti ha addirittura utilizzato Repubblica per sfogare la superata paura e tessere l’elogio della razza sabauda (a proposito, ma sono proprio sabaudi quelli che avvitano bulloni da cent’anni?).
A Napoli invece, almeno dal fronte istituzionale, non si è fatta una piega. Proprio Napoli la città che viene sempre descritta come senza regole, densa di nullafacenti che vivono soltanto per il calcio (per non parlare della camorra), dove sembrava che non si potesse più prendere un treno nel week-end fino a fine campionato. E invece niente. Abbiamo perso uno scudetto. Amen. È l’ora del tè. Altro che quei cafoni della vil razza padrona (cit.) che a Madrid inscenarono quella cagnara tra pattumiere, insensibili e attacchi al vertice degli arbitri. Da Buckingham Castel Volturno, è tutto.