Domani scade la clausola rescissoria sul contratto di Maurizio Sarri, e le notizie dal Regno Unito non vanno verso il matrimonio: Abramovich non vuole pagare.
Il precedente
Registriamo che c’è un po’ di stupore, in Inghilterra, per quello che sta succedendo nel rapporto triangolare tra il Napoli, Sarri e il Chelsea. Ed è strano, perché proprio il Chelsea, nel 2011, ha pagato la clausola rescissoria di un allenatore. Era André Villas-Boas, allora enfant prodige del Porto, vincitore di una Europa League a 33 anni. Oggi, invece, c’è questa situazione per Sarri, un po’ più complessa.
Ricostruiamo i l contesto. I club di Premier League hanno contratti diversi per i loro manager. In Italia esiste l’istituzione dell’esonero, tale per cui un allenatore resta a libro paga della società fino a quando non si esaurisce o viene sciolto il suo contratto. La situazione di Sarri, per il momento non ancora ufficialmente esonerato. Nel Regno Unito, invece, il mercato degli allenatori è aperto e liberalizzato, quindi c’è un trattamento di fine rapporto che cancella ogni legame con il vecchio club, fin dal momento della separazione. Due modi diversi di vedere e programmare il calcio, anche perché gli allenatori possono allenare due club nella stessa stagione.
Sarri come un asset
Il Napoli sta esercitando la sua forza contrattuale senza concedere spiragli . La clausola rescissoria di Sarri, – Il Napolista l’ha già spiegato qui – è in realtà una clausola anti-dimissioni per il tecnico che deve pagare una penale di otto milioni in caso di addio volontario (oppure la lascia pagare a un club che vuole metterlo sotto contratto). Anche rinunciando al suo stipendio. In realtà, la definizione migliore sarebbe “clausola di programmazione”. Perché inizia a febbraio e scade il 31 maggio, ovvero il periodo in cui un club avvia la programmazione per la stagione successiva. Anche questo è stato scritto sul Napolista, via Di Marzio.
Bene, quindi la situazione è estremamente semplice: Sarri, in questo momento, è da considerare un asset. Esattamente alla pari di un calciatore. Un asset su cui il Napoli ha apposto un prezzo di vendita minimo che scade domani, 31 maggio. Da dopodomani, chiunque voglia acquistare Sarri (voglia “far liberare” Sarri, questo è il termine migliore) deve sedersi con De Laurentiis, e trattare. Oppure, lo stesso Sarri resterà a libro paga del Napoli, esonerato dal suo lavoro da allenatore (vedi sopra), ma prigioniero del suo contratto. Anche perché dall’Inghilterra arrivano voci secondo cui Abramovich non avrebbe minimamente intenzione di pagare la clausola. Il Napolista l’ha scritto ieri sera adombrando anche l’ipotesi di una battaglia legale; oggi il Mirror ha raccontato il contrario, solo che il tempo stringe. Allo stato attuale delle cose, Sarri resterebbe legato (nel senso più profondo del termine) al Napoli fino al termine del suo contratto, nel 2020.
Cosa succede
Gli scenari sono diversi: il Chelsea avrebbe incontrato Laurent Blanc per cautelarsi, l’ha scritto France Football. Potrebbe tesserare Sarri con un atto di forza, ma a quel punto si andrebbe alla guerra legale con il Napoli. Potrebbe sedersi a trattare con De Laurentiis, per gli otto milioni o per uno scambio con un altro asset dei Blues (David Luiz?), o magari per uno sconto. In ogni caso, sono rimasti sorpresi (eufemismo) per questa situazione.
Insomma, il Napoli ha il contratto dalla sua. Sarri, nel 2016, ha firmato un accordo consensuale che ora non gli consente di liberarsi. E che lo equipara a un calciatore, senza se e senza ma. Nel Regno Unito faticano a crederci, ma questa è la verità. E domani scopriremo un’altra puntata fondamentale di questa storia senza precedenti. La scadenza della clausola è una deadline vera, Abramovich deve decidere in fretta se ripetere quanto fatto per Villas-Boas o cambiare strategia. Il Napoli, da par suo, ha già annunciato Ancelotti. Ha tutto da guadagnare, e niente da perdere.