Il problema della successione Sarri-Conte è solo una delle grane cui deve far fronte l’oligarca russo: la faida politica tra Mosca e Londra rende marginale la gestione tecnica del Chelsea.
Poche ore alle 24
Allora, tra circa sei ore scadrà la clausola rescissoria di Maurizio Sarri, erede designato (?) di Antonio Conte sulla panchina del Chelsea. E non ci sono novità in tal senso, anzi da giorni va avanti una vera e propria guerra di posizione tra il club londinese e il Napoli in merito a questa operazione. Nonostante stiamo camminando sulla deadline, la situazione non si sblocca: il Chelsea non ha intenzione di pagare gli 8 milioni della clausola, anzi di impegnarsi a farlo. Sì, perché oggi come oggi non dovrebbe versare soldi, ma solo “avvisare” il Napoli della sua volontà di farlo. La fine “economica” di questa clausola è intorno al 10 giugno. Ci sarebbe ancora tempo.
Nel frattempo, Conte è ancora sulla panchina del Chelsea. Virtualmente, almeno. Perché è stato “esonerato” da tempo, solo che anche con lui non c’è un accordo per la buonuscita. Anzi, le ultime notizie da Londra raccontano che Abramovich e il suo board hanno intenzione di avviare una battaglia legale con il manager salentino perché «avrebbe avuto contatti con altri club mentre era un dipendente del Chelsea». In questo modo, sperano i dirigenti dei Blues, questa somma da pagare per l’addio dovrebbe essere scongiurata. Un’ipotesi appetitosa, dato che si tratta di molti soldini, almeno 9 milioni di euro.
Un problema laterale
Insomma, il Chelsea ha un allenatore sotto contratto e uno da contrattualizzare. Solo che non vuole pagare né per licenziare il primo, tantomeno per chiudere l’accordo con il secondo. Immaginate per un attimo se il Napoli, all’alba del mese di giugno, vivesse una condizione di questo tipo. La rivoluzione armata sarebbe un’ipotesi concreta.
Al Chelsea, però, il problema è un altro. O meglio: questo è un problema laterale, rispetto alle vere grane cui Abramovich deve fare i conti. Qualche giorno fa, per dire, la Gazzetta dello Sport ha spiegato che l’attuale braccio di ferro (eufemismo al ribasso) diplomatico tra Londra e Mosca potrebbe spingere l’oligarca russo a vendere la squadra. Oggi, invece, è arrivata la notizia per cui «un clima di investimento sfavorevole» ha bloccato il progetto di (ri)costruzione di Stamford Bridge. Nel frattempo, Abramovich ha preso la cittadinanza israeliana ed è sempre più osteggiato dall’ambiente politico britannico. Insomma, una polveriera pronta ad esplodere. Che, in qualche modo, “giustifica” la gestione tecnica un po’ confusa (altro eufemismo al ribasso) del Chelsea Football Club. Una squadra smembrata da due anni emotivamente antitetici (il primo bellissimo, il secondo terribile) con Conte, che non si è qualificata alla prossima Champions League e che ha bisogno di un urgente restyiling di mercato.
Una vera e propria crisi gestionale
Insomma, siamo davvero di fronte a una crisi gestionale di primissimo livello. Che nasce da turbamenti politici ben più importanti rispetto alla “semplice” managerialità di una squadra di calcio. Il progetto di Abramovich, più volte riscritto durante i suoi tre lustri londinesi, sembra essere arrivato a un punto di non ritorno dopo anni di vittorie e soddisfazioni. Un’eventualità che oggi, alla luce di quanto sta succedendo, sembra essere ben distante dalla realtà. A meno di una risoluzione improvvisa di tutti i nodi, da Sarri a Conte fino al nuovo stadio e allo stallo politico (vero punto fondamentale della faccenda). Abramovich è famoso per i suoi coup de théâtre. Vedremo se anche stavolta sarà in grado di sorprenderci.