Indirizzato alla curva Scirea che cantava: “Un maiale non può allenare”. Un gesto che Carletto definisce: «una insopportabile mancanza di rispetto per la figura del maiale»
La trilogia
La trilogia ancelottiana – che comprende “Il mio albero di Natale” e “Il leader calmo” che è un gran bel libro – comprende anche “Preferisco la coppa” (Bur editore) scritto con Alessandro Alciato. La lettura di questi tre volumi è fondamentale per comprendere il personaggio. Ma restando solo al libro curato con Alciato, è quello che racchiude più aneddoti e in cui Ancelotti ripercorre la sua carriera da giocatore prima e da allenatore poi. Attraversa Liedholm, Bearzot, Sacchi, Capello e le società in cui ha allenato: dalla Reggiana al Milan. Il libro si ferma qui.
Ancelotti non parla male della Juventus, racconta aneddoti simpatici. Soprattutto relativi a Montero che una notte di ritorno da Atene, con Fonseca e Davids, picchiò alcuni ultras che avevano aggredito Zidane.
L’incontro con gli ultras organizzato da Moggi
Ma il rapporto con i tifosi non è mai decollato, anzi.
“Primissimi giorni di lavoro a Torino, sono quasi in sede, davanti a piazza Crimea vedo un obelisco. Bello, mi colpisce, davvero particolare quella scritta fatta con lo spray: «Un maiale non può allenare». Cuminciom ben, cominciamo bene. Dentro, ad aspettarmi, tutti i capi ultras portati da Moggi: «Dovete fare pace con Ancelotti, avete capito?». No, non hanno capito, non serve neppure spiegarglielo, risparmiate i soldi del Cepu.
Sono stato un giocatore della Roma negli anni Ottanta e l’avversaria era la Juve, sono stato un giocatore del Milan e l’avversaria era la Juve, ho allenato il Parma e per lo scudetto giocavamo contro la Juve: mi vedono come un nemico, punto e basta. Le cose non sarebbero mai cambiate e non cambieranno mai. Sono pochi poveracci in mezzo a tante gente perbene, magra consolazione. Era dedicato a loro il dito medio che una sera, da allenatore del Milan, ho alzato verso la curva Scirea. Gente di poca fantasia, sempre il solito coro: «Un maiale non può allenare». Mi fa tremendamente girare i coglioni. È un’insopportabile mancanza di rispetto verso la figura del maiale.
Che può allenare. Eccome se può. E anche vincere, alla faccia loro e di quella ben più simpatica di due miei amici di Parma, tifosi veri della Juventus, i primi a cui ho pensato dopo la Champions League vinta contro i bianconeri all’Old Trafford. Benedetto sia quell’ultimo rigore di Shevchenko a Manchester. Ho comprato due salami, li ho infiocchettati e portati a destinazione, con doppio bigliettino: «A voi il salame, a me la Coppa». Hanno riso, l’hanno presa. Perché mi conoscono meglio di altri. Sanno come sono fatto: io la coppa quasi sempre la mangio, ma quando posso la vinco. Con la forza della mia famiglia, con la filosofia che viene dalla mia terra. Maiale e tortellini: alla fine, gira e rigira, si torna sempre al punto di partenza.