La costruzione di un Napoli da terzo posto: un nuovo direttore generale, un nuovo allenatore e appena tre acquisti “veri”.
Quarta puntata – 1980/81
Acquisti : Krol, Marangon, Nicolini, Palo, Pellegrini C.
Cessioni : Agostinelli, Badiani, Bellugi, Filippi, Improta, Lucido, Tesser, Volpecina.
Gli anni ’70 ci lasciarono, come regalo d’addio, l’amaro sapore del calcio scommesse, lo sport preferito dagli italiani non sembrava più quello di una volta. Dopo che le camionette della polizia avevano ‘invaso’ gli stadi, nel marzo del 1980, bisognava resettare tutto. E non era facile. Molti appassionati non si fidarono più, si allontanarono da un giocattolo che sembrava troppo bello e pulito per essere vero.
Ma, nonostante tutto, quegli anni (di cui vi abbiamo raccontato nelle puntate precedenti) rimarranno scolpiti nella mente degli appassionati di calcio come una specie di terra di mezzo tra il calcio artigianale, selvaggio, sentimentale e romantico dei sessanta e il calcio business che inizierà a percorrere i primi passi agli albori degli anni ’80. Mentre in Italia iniziavano a farsi largo paninari, Timberland, loden, nuove pettinature, la TV, gli sponsor e il massiccio arrivo degli stranieri cambieranno l’ambiente e l’appeal del nostro calcio. In bene o in male, non importa.
Un mondo nuovo
Dal torneo 1980-81 sarà tutta un’altra storia: arrivano le “orde barbariche”, le frontiere sono riaperte, inizialmente uno per squadra, e compaiono gli sponsor sulle maglie delle squadre di serie A per la prima volta. Le televisioni iniziano a farsi concorrenza, Mediaset acquista diritti per partite e tornei (chi si ricorda del ‘Mundialito?) e fa concorrenza a Mamma Rai. Il polo multimediale privato si fa largo, sgomitando e reclamando un posto al sole. Addio calcio alla “buona”, con i suoi protagonisti sanguigni, a volte sopra le righe ma decisamente sinceri e schietti. Sarà un caso ma, dagli anni ’80 in poi, non si vedranno più in giro personaggi come Zigoni, Vieri padre, Vendrame, Chinaglia, Pagliari, Sollier, Braglia, epigoni di una follia calcistica che aveva avuto il suo luminare in Gigi Meroni nel decennio precedente.
Addio ad un ambiente ‘casalingo’, con le panchine in legno dietro le quali gli allenatori lanciavano decine di cicche di sigarette. Addio anche alle divise da gioco di flanella e senza scritte, al calcio della nostra infanzia, che ci ha insegnato a soffrire e, qualche volta, a gioire con la spontaneità che è propria di chi vive con tutto se stesso le emozioni uniche che solo questo benedetto sport sa dare. Benvenuto, sia chiaro, al calcio nuovo degli anni ’80, con tutte le sue contraddizioni e le sue aperture, i suoi cambiamenti e la sua velocità nel creare e annientare gli eroi della nostra passione. Sentimento che rimane, in ogni tempo e ad ogni età, come una molla che ci fa star male e ci fa sentire vivi, emozionandoci come la prima volta allo stadio.
Napoli
Ma cosa succedeva a Napoli agli albori degli anni ’80, in questo turbinio di cambiamenti? Ferlaino, con una mossa a sorpresa, ingaggia Antonio Juliano come direttore generale dopo che “Totonno” era andato a salvare il povero Bologna nella sua ultima stagione da calciatore. Era ’emigrato’ perchè aveva litigato prima con Di Marzio per motivi tecnici e poi con Ferlaino per l’ingaggio. Adesso c’è il sereno, l’apparente quiete dopo la tempesta, i due fumano il calumet della pace e parlano di programmare. Grossa disponibilità economica non c’è ma per Juliano ‘pianificare’ significa partire da un allenatore giovane, da nuove idee.
Telefona a Renna, che stava facendo cose egregie a Bari, si accorda verbalmente col tecnico ma quando Ferlaino gli dice che è già in parola con Rino Marchesi a Juliano non resta che ingoiare un amaro boccone. Vada per il tecnico ma la campagna acquisti Totonno ‘capa tosta’ la vuole fare lui. Fa tentativi innumerevoli per i registi che vanno per la maggiore nel campionato italiano, forse rivede nel suo vecchio ruolo colui da cui si può partire per costruire e dare un’anima alla nuova squadra. Cerca prima Pecci, poi Adelio Moro, troppo cari. Allora ripiega su Nicolini del Catanzaro, giocatore ancora nel pieno della maturazione.
Poi va sulla fascia sinistra. Tesser non aveva fatto male l’anno prima ma il nuovo D.G. vuole qualcuno ancora più forte. Ecco che nasce l’idea Luciano Marangon, un trenino, uno stantuffo inesauribile del ‘Real’ Vicenza. OK, il giovanotto, attirato forse dalle belle guaglione napoletane, dice di si. Un grande colpo. Prima del botto coi fuochi di artificio, leggasi l’acquisto di Krol, Juliano che fa? Si riprende Palo dal Marsala per farlo crescere all’ombra delle punte titolari e Claudio Pellegrini dall’Avellino per affiancare Damiani. Intanto cresce a dismisura l’elenco delle epurazioni, saranno ben otto le cessioni, non considerando l’addio al calcio di Caporale. Agostinelli, Badiani e Bellugi vanno alla Pistoiese neo promossa, Tesser va ad Udine, Filippi e Volpecina in serie B, rispettivamente all’Atalanta e al Palermo, Improta al Lecce e Lucido alla Ternana.
Nicolini e Marangon
Lo straniero
Ma si poteva mai chiudere qui la campagna acquisti del Napoli nell’anno della riapertura delle frontiere? Per storia, prestigio e tradizioni, il “Ciuccio” il suo buon straniero lo deve comprare. Juliano prima da la caccia a Falcao, che poi si accorda con la Roma, poi a Brady, che preferisce la Juve, e infine al belga Van der Eycken.
Alla fine il suo sguardo si rivolge all’America e precisamente al Canada dove sta ‘apparentemente’ giocando da mercenario il signor Ruud Krol, un pilastro della stirpe arancione che ha dato spettacolo nei Mondiali del 1974 e 1978. Dopo aver perso il sonno e la fantasia per averlo, Juliano finalmente riesce a far firmare il divino olandese. Rudy passa dal Vancouver al Napoli, è il primo straniero di una lunga serie che dura ancora oggi.
Questo voleva leggere e sentire il pubblico partenopeo. Migliaia di tifosi a Capodichino ad attendere il bell’olandese volante, gli abbonamenti fioccano come noccioline. Non appare contento Marchesi, che non era stato consultato nell’affare Krol, anche se deve riconoscere che la classe dell’aiace è immensa, intatta e straordinaria. A dimostrazione di una integrità fisica pressoché perfetta, il giocatore trentunenne giocò 29 partite su 30 (solo nella prima giornata fu sostituito da Cascione, un giovane della Primavera) e segnò perfino un gol nella vittoria di Brescia.
Alla fine, con un mercato fatto di soli tre acquisti reali (Krol, Marangon e Nicolini) e due ritorni alla base (Pellegrini e Palo) fu terzo posto. Fu l’anno del sogno sfumato in casa col Perugia. E fu l’anno in cui Ferlaino continuamente scavalcò Juliano fino a rinnovare il contratto a Marchesi senza metterlo al corrente. All’orgoglio di ‘Totonno’ non restava che una soluzione: la porta. Cose che solo a Napoli.
Claudio Pellegrini