L’allenatore desidera costruire una squadra duttile, che possa scegliere come giocare in ogni partita. Anzi, in ogni azione. Un mix tra reattività e proattività
La partitella condizionata
Molti nostri amici ci hanno chiesto quali sono le differenze tra gli allenamenti di Sarri e quelli di Ancelotti. Per quanto abbiamo potuto percepire in questi giorni di preparazione a Dimaro, la presentazione fatta dal nuovo staff tecnico (papà Carlo e figlio Davide) rispetto al nuovo progetto tattico individua anche le distanze nel lavoro sul campo. Per spiegarla in maniera più semplice, e immediata: il Napoli di Ancelotti si prepara in maniera diversa perché giocherà in maniera leggermente diversa, esattamente come ci hanno detto e ci stanno dicendo dall’interno della squadra, fin dal primo giorno.
Ce ne siamo accorti oggi, una volta di più. All’inizio della seduta mattutina, Ancelotti ha organizzato una partitella condizionata, ovvero un undici contro undici a tutto campo che partiva da condizioni precise. Per esempio, il pallone appoggiato dal portiere a uno dei due centrali difensivi. Le due squadre in campo reagivano a questa situazione secondo il modello tattico, applicavano le istruzioni del tecnico.
Questa è la differenza: rispetto al meccanismo provato e riprovato (e riprovato ancora) da Sarri in fase difensiva – ma il discorso è espandibile anche al gioco d’attacco -, Ancelotti allena la squadra secondo un metodo situazionale. Nel paragrafo precedente, il termine chiave è reagire. Perché il Napoli di Ancelotti reagisce rispetto a quello che gli sta intorno, sceglie come muoversi rispetto alla palla e agli avversari. Non cerca solamente di imporre il proprio contesto difensivo ed offensivo, ma ha un menù ampio di soluzioni da cui pescare.
Il mix tra reattività e proattività
Ovviamente, questo metodo di lavoro non vuole e non deve portare a una rivoluzione drastica. Nel senso: il Napoli è e resterà una squadra proattiva, che cerca di comandare il gioco e di gestire la partita secondo le caratteristiche dei propri uomini, che comunque rimangono inclini al possesso palla nello stretto, ad uno stile tecnico, orizzontale, veloce negli spazi stretti.
Allo stesso tempo, però, Ancelotti sta lavorando perché i riferimenti che guidano finora questo organico possano diventare più elastici. Un concetto di ampliamento fondato sulla qualità, il nuovo tecnico desidera costruire una squadra elastica, che possa scegliere come giocare in ogni partita. Anzi, in ogni azione. Che abbia un background fisso, di qualità, ma che sappia recitare anche a soggetto. Ecco, la metafora della recitazione è perfetta per la situazione: Ancelotti pensa a un Napoli che abbia un copione scritto, ma che possa anche ragionare sull’idea del canovaccio, come la commedia dell’arte, in cui l’intreccio esiste ma cambia il modo di interpretarlo sulla scena. O meglio: può cambiare, dipende dal talento degli attori.
È un misto tra reattività e proattività, che in questo caso è di tipo soprattutto difensivo. Ma anche in attacco, come abbiamo detto sopra: l’idea di inserire il cambio di gioco sull’esterno, quindi di tenere fissi in ampiezza i laterali difensivi e offensivi, è un investimento sulla qualità individuale dei calciatori. Come quella degli attori di cui abbiamo appena parlato. È un qualcosa in più rispetto al passato. Del resto, l’obiettivo di una società è quello di migliorarsi, sempre. Ancelotti ha scelto questa strada, per il Napoli. Per chiudere il cerchio con la domanda iniziale: il nuovo allenatore scende in campo e prepara la squadra perché questa strada venga asfaltata, illuminata e segnalata bene. Il principio di gioco che si esprime nella situazione, nel nome del talento. Difficile, ma suggestivo.