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Posta Napolista: il Napoli sembra mancare di valori condivisi, non di progetti

Un nostro lettore risponde a Raniero Virgilio sulla mancanza di obiettivi condivisi: tra tifo e società, sembra mancare identità aziendale.

Posta Napolista: il Napoli sembra mancare di valori condivisi, non di progetti
Aurelio De Laurentiis (Ciambelli)

Caro Raniero, ho letto con interesse il tuo pezzo sul Napoli, descritto come un’azienda senza obiettivo condiviso. Il collettivismo di una squadra o di una azienda si basa non solo su una condivisione di obiettivi, ma nella identità che questa riesce a creare e trasmettere al suo team di managers che la guidano.

Gli obiettivi sono decisi dal vertice, sono calati in basso e monitorati attraverso i KPIs, tramite la misurazione dei quali si riesce facilmente a “timonare” (prendere decisioni correttive) per il raggiungimento del risultato.

Gli obiettivi sono mutevoli e molteplici: quelli del Napoli ricorrenti saranno l’aumento del fatturato, una gestione economica e finanziaria con una “cash neutrality” tra cessione e acquisti, un indebitamento nullo, distribuire dividendi e (intuisco) mantenere la competitività galleggiando su posizioni di classifica che permettano entrate, tra diritti TV e partecipazione alle coppe, tali da traguardare gli obiettivi di cui sopra. Obiettivi che spesso vengono “riassunti” in una parola: progetto. E il tecnico e/o i giocatori che si uniscono alla SSC Napoli, si dice, “sposano” il progetto. Cosa ha sposato Sarri 3 anni fa? Quale erano gli obiettivi, quindi il Progetto?

Il tifo

Il tifo ha un solo obiettivo: vincere. Vincere un trofeo o il derby o una partita se non addirittura il titolo. Il tifo non può essere educato a ragionamenti societari o “elitari” (debellare il papponismo). Ma il tifo diventa talvolta azionista: acquista azioni appunto, compra i biglietti, sottoscrive gli abbonamenti, pay tv inclusi e paga il “merchandise” che fa fatturato. Il tifo va allora allargato e come va attratto? Come arrivi a vendere una maglietta di Marek in Cina a 100€?  Stiamo cercando di creare un “brand”? «Se uno dovesse ascoltare i tifosi, non vincerebbe mai», ha detto De Laurentiis. Ma ignorarli fa parte dell’utopia, allo stesso modo.

Obiettivi alternativi

Io li chiamerei paralleli. I famosi “record” che da KPIs (stiamo andando bene) si tramutano in “obiettivi” (ho traguardato il numero). Ma senza vincere nulla. Ognuno si è fissato i propri anche con la fertile collaborazione della stampa: i gol per minuto, le vittorie fuori casa, raggiungere Maradona, il record dei punti etc., etc., etc. Ed errore più grande: creare aspettative! Anche il famoso “patto”è stato un peccato di valutazione. E hai ragione a parlare di fantasie.

E quando il sogno è svanito si sono “scassate le giarretelle”. Appena pochi giorni fa AdL ha stigmatizzato come abbandonare le coppe sia stato un errore che gli è costato 15 milioni, mentre Sarri puntava allo scudetto (che a lui poco importava?). E qui abbiamo la prova, provata che non si è gestito il rischio.

Illusioni e fanatismo

Il tifo è fanatismo che si cerca di ricondurre alla ragione, ma si nutre di illusioni e speranze. Il professionismo è l’esatto opposto, legato al soldo e all’opportunità. E allora dov’è il cortocircuito? È la mancanza di IDENTITÀ e dunque di VALORI. E non obiettivi, o progetti.

Quali sono quelli della SSC Napoli, qual’è l’identità aziendale in cui si riconosce il suo management e soprattutto i suoi calciatori? Quello che il tifo chiama goffamente “attaccamento alla maglia”? Quali valori oggi trasmette la Ssc Napoli ai suoi stakeholder (tifosi) e ai suoi shareholders?  Qui non voglio dare risposte ma farti riflettere e suggerirti uno spunto per il tuo prossimo pezzo.

Forza Napoli a te famiglia.

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