Sono bastate due amichevoli perdute per ascoltare e leggere di tutto su uno degli allenatori più vincenti e innovativi del calcio moderno
Napoli come Mandrake
«La più grande stronzata mai sentita da quando l’omo ‘nventò er cavallo». La frase che Armando Pellicci, in arte Er Pomata, rivolge all’amico Bruno Fioretti alias Mandrake sarebbe perfetta come risposta ai commenti social ex-post sul Napoli di Ancelotti. Che poi, ex-post: sei amichevoli giocate, quattro vittorie e due sconfitte. Certo, le partite giocate contro Liverpool e Wolfsburg hanno acceso qualche spia rossa sul cruscotto del mister, ne abbiamo scritto anche noi, per diverse situazioni.Allo stesso modo, però, abbiamo letto e sentito e registrato disamine assurde sull’attuale allenatore del Napoli. Che, è bene ricordarlo, è e resta uno dei più vincenti professionisti della storia di questo sport. Prima come calciatore, poi (soprattutto) come allenatore.
Ma questo, a Napoli, non basta. Non può bastare come garanzia preventiva, o semplicemente come “patente” per giustificare i risultati negativi di alcune amichevoli. Ci vuole qualcosa di più.
In realtà, non riusciamo a capire neanche cosa ci vorrebbe in più, da parte dell’attuale tecnico del Napoli. Siamo ai principi della solita guerra di posizione dei “tifosi” azzurri contro qualsiasi espressione diretta della Ssc Napoli. È successo con Benitez, è successo con Sarri, prima che arrivassero i risultati (e la posizione antisocietaria del tecnico). Quindi, basterà che il Napoli di Ancelotti vinca un paio di partite, magari proprio le prime, per spegnere parte dei commenti negativi. Così come sarebbe bastata una dichiarazione opposta a quella di aziendalista, per ricevere un trattamento diverso. Nel frattempo, ci siamo dovuti sorbire una marea di stronzate (cit. Pomata) davvero senza controllo. Perché senza senso. Ne abbiamo raccolte un po’, giusto per dare la dimensione della critica social (purtroppo non solo social) di Napoli e dintorni. Nel titolo le definiamo castronerie per non incorrere nella censura dei social network.
Italianismo
Ancelotti sarebbe un allenatore italianista, ovvero legato a un calcio speculativo, difensivo, non spettacolare e non divertente. Ovviamente, si tratta di un’analisi talmente poco profonda che non meriterebbe risposta, non fosse altro che per la varietà tattica (di)mostrata dal tecnico di Reggiolo durante tutta la sua carriera. Solo che si tratta di una lettura talmente elementare, basica, che merita di essere sbugiardata. Con un paio di immagini a supporto:
Questo frame è tratto da Wolfsburg-Napoli, ed è stato pubblicato nel pezzo di ieri sulla partita giocata in Germania. Si contano otto calciatori del Napoli nella metà campo avversaria.
Minuto numero 12′ di Liverpool-Napoli, la squadra di Ancelotti è già sotto di due gol eppure la linea non si schiaccia a protezione della porta, resta praticamente a centrocampo, anzi orientata secondo la posizione del pallone, verso sinistra. Nel momento in cui Koulibaly appoggia ad Hamsik, c’è un solo calciatore di movimento del Napoli dietro la linea immaginaria della palla. Ed è Albiol, difensore centrale.
Ci sarebbero altri 2300 frame che permetterebbero di fare debunking rispetto alla piattezza di questa analisi tattica, che vive del e sul problema enorme della narrazione binaria del nostro calcio. Per chi segue (e anche per chi spiega) il gioco, almeno in Italia, esiste solo il bianco e il nero, non ci sono i grigi di mezzo. Una squadra che gioca in verticale e non fa possesso palla gioca “catenaccio e contropiede”; una squadra che effettua molti passaggi pratica il tiqui-taca, mentre se non lo fa “lascia il pallino del gioco agli avversari”; una squadra che vince 1-0 è “cinica”, mentre una che vince 4-3 fa “calcio-champagne”.
Si tratta di luoghi comuni che attecchiscono perfettamente a Napoli (ma non solo, ovviamente), anzi hanno già attecchito. Oltre Sarri, non ci può essere squadra offensiva, oltre il suo “Tiqui-Taca” verticale deve esserci per forza la speculazione difensiva. Basta andare nello storico di Ancelotti per capire che si tratta di pura adattabilità. Oppure, ancora meglio: basta riguardarsi le partite del Napoli 2018/2019 per ritrovare una squadra che non difende bassa, anzi ha perso le partite che ha perso per un approccio ancora troppo offensivo rispetto alle proprie possibilità fisiche. L’ha spiegato Ancelotti nelle interviste postpartita, dopo la sconfitta di Dublino e dopo quella di Wolfsburg.
Abbiamo provato a spiegarlo anche noi, per esempio in questo pezzo. Eppure dobbiamo leggere di calcio all’italiana e difesa bassa, di cose lontane dalla realtà perché questo Napoli è diverso (ma neanche tanto) da quello di Sarri. Ci piace farci del male così, senza nemmeno renderci conto che lo stiamo facendo. Di come lo stiamo facendo.
I gol subiti
Ancelotti è uno che subisce tanti gol. Che poi non sappiamo se considerare questo assunto come un’estensione o una negazione di quello appena sopra. L’abbiamo letto, ed è un clamoroso falso storico. Nonostante la predilezione per le squadre tecniche e aperte in attacco, Ancelotti è uno degli allenatori più attenti alla costruzione di una fase difensiva efficace. Resta pur sempre il primo erede di Arrigo Sacchi.
Un riepilogo veloce, anno per anno, della carriera di Ancelotti
- Milan 2002/2003: 30 gol subiti in 34 partite, seconda miglior difesa
- Milan 2003/2004: 24 gol subiti in 34 partite, seconda miglior difesa
- Milan 2004/2005: 28 gol subiti in 38 partite, seconda miglior difesa
- Milan 2005/2006: 31 gol subiti in 38 partite, seconda miglior difesa
- Milan 2006/2007: 36 gol subiti in 38 partite, quinta miglior difesa
- Milan 2007/2008: 38 gol subiti in 38 partite, quarta miglior difesa
- Milan 2008/2009: 35 gol subiti in 38 partite, seconda miglior difesa
- Chelsea 2009/2010: 32 gol subiti in 38 partite, seconda miglior difesa
- Chelsea 2010/2011: 33 gol subiti in 38 partite, miglior difesa
- Psg 2012/2013: 23 gol subiti in 38 partite, miglior difesa
- Real Madrid 2013/2014: 38 gol subiti in 38 partite, terza miglior difesa
- Real Madrid 2014/2015: 38 gol subiti in 38 partite, quinta miglior difesa
- Bayern Monaco 2016/2017: 23 gol subiti in 34 partite, miglior difesa
Sono numeri che non necessitano di commenti ulteriori, anzi servono a integrare il discorso del primo paragrafo. Il Napoli è una squadra offensiva, come tutte quelle allenate da Ancelotti durante la sua carriera. Difficilmente Ancelotti ha avuto la miglior difesa, ma solo in tre campionati su 13 ha pareggiato il numero di partite e il numero di gol subiti. La media è decisamente inferiore, e non abbiamo considerato le partite europee. Quelle in cui, storicamente, Ancelotti dà il meglio di sé. Come dire: tre Champions League, una finale persa e altre due semifinali giocate non sono frutto di una squadra che non sa difendere bene. Non può essere così.
Ancelotti gestore di campioni, allenatore bollito, squadra senza idee tattiche
Inizieremmo da una quote di Pep Guardiola, tratta dal libro Herr Pep, che racconta la prima stagione al Bayern Monaco del tecnico catalano:
«Adoravo lavorare con i giovani della cantera. È molto più semplice allenare i giovani che non i giocatori più esperti. Molto semplice. Lì davvero senti che stai allenando. Con i veterani devi stare attento e misurare sempre ciò che dici, come lo dici, e considerare il risultato dell’ultima partita. Non fai altro che guardare continuamente l’espressione sulle loro facce e devi essere certo di scegliere le parole giuste. Con i ragazzini, puoi semplicemente prenderli per la collottola e cercare di tirare fuori tutto il loro talento. È come spremere un’arancia.
Ecco, quindi chi scrive di Ancelotti gestore fa un complimento enorme all’allenatore di Reggiolo. Guardiola, che possiamo considerare come il tecnico più vincente e storicamente impattante della nuova generazione, spiega che è più facile allenare i giovani. Per estensione, anche i calciatori con minore ego e personalità. Lavorare con calciatori affermati è un upgrade, rende completo un bravissimo tecnico. Poi, se i commentatori vogliono credere di essere più preparati, di avere maggiore esperienza rispetto a Guardiola, si accomodino.
Come cambiò il Real Madrid
Per estensione, le squadre di Ancelotti sarebbero necessariamente senza idee, basate semplicemente sul talento dei famosi campioni. Per sbugiardare anche questo punto, riprendiamo le parole di un signore che si chiama Cristiano Ronaldo:
È un allenatore fantastico ed una persona fantastica. Mi ha aiutato tanto ad ottenere quello che siamo riusciti ad ottenere quando abbiamo lavorato insieme. Come allenatore non c’è bisogno di dire nulla.
In questo senso, vi rimandiamo ai concetti espressi nel nostro primo longform sulla figura di Ancelotti e sul suo lavoro di campo, espresso proprio negli anni di Madrid:
Al suo arrivo in Spagna Ancelotti aveva provato a costruire una squadra orientata sul possesso palla, per organizzarsi e disorganizzare. A stagione in corso ha dovuto cambiare qualcosa: aveva capito di avere a disposizione un parco attaccanti innamorato delle corse in campo aperto (Bale, Di Maria, Cristiano Ronaldo su tutti). Così, chiudersi dietro per attaccare in spazi più ampi poteva pagare ottimi dividendi contro squadre come il Barcellona e il Bayern di Guardiola (finale Copa del Rey e semifinale di Champions), e contro tante avversarie in Liga.
Dopo la conquista della Décima, però, Xabi Alonso e Di Maria vennero rimpiazzati con Kroos e James. Il cambio Xabi → Kroos avrebbe peggiorato le fasi di difesa posizionale; il cambio Di Maria → James (complice anche gli infortuni di Bale) avrebbe demineralizzato gli sprint in ripartenza. Così è tornato sull’idea di una squadra votata al possesso e alla costruzione di azioni manovrate. Ha costruito centrocampo di soli palleggiatori – Isco-Kroos-Modric-James -, che aveva la presunzione di sfidare in estetica alcuni dei pezzi più pregiati del patrimonio artistico spagnolo.
Le idee, appunto. Ed evitiamo di riscrivere come modificò il Milan trasformandolo nella squadra delle mezze ali e di Pirlo davanti alla difesa. Le stesse idee che in qualche modo stanno caratterizzando il suo approccio al Napoli. È lo stesso paradosso di cui sopra, della squadra difensiva: piuttosto che adagiarsi sul lavoro di Sarri, sui suoi meccanismi già rodati nella memoria muscolare dell’organico azzurro, Ancelotti ha deciso di esplorare strade nuove. Di fare qualcosa in più, come detto e spiegato chiaramente dal figlio Davide nell’intervista rilasciata al Napolista. Il Napoli sta imparando a giocare in maniera diversa, ed è per questo che sta pagando dazio nelle amichevoli serie. Piaccia o meno, la squadra vista fino all’anno scorso non esisterà più. Proprio perché ci sono delle nuove idee da apprendere, sviluppare, su cui lavorare. Serve tempo, serve pazienza. Serve non buttare merda.
Bollito
L’ultima chiosa non meriterebbe risposta. Perché si abbevera alla fonte del sospetto, del paracospirazionismo. Praticamente, Ancelotti sarebbe un allenatore finito, e sarebbe arrivato a Napoli solo per «sistemare suo figlio e suo genero nel grande calcio. Da tempo è in parabola discendente e non convince». Passiamo oltre sul fronte familiare, e andiamo alla stagione 2017/2018. Giusto un anno fa, dopo la vittoria in Bundesliga e un quarto di finale di Champions perso in modo controverso (eufemismo) in casa del Real Madrid, Ancelotti viene esonerato dal Bayern Monaco. A stagione in corso. Un terremoto, giustificato dai risultati negativi della squadra. Che, al momento dell’allontanamento di Ancelotti, aveva perso una partita in campionato e una in Champions League. E aveva vinto la Supercoppa di Germania in agosto. Non possiamo chiudere che con un video esplicito nei confronti della parte più chiassosa dei commentatori/tifosi della Ssc Napoli: