«La passione ce la mettiamo noi». Un altro mondo rispetto a Napoli che è orma, imbevuta di cultura ultras, dove De Laurentiis è definito con sprezzo il romano (oltre al pappone)
L’emozione del giorno
Non ce ne voglia Aurelio De Laurentiis, ma il momento più emozionante della conferenza stampa di presentazione del nuovo presidente del (la) Bari è stato all’inizio. Quando il sindaco Antonio Decaro ha brevemente illustrato, ripetuto, i motivi della sua scelta. «I tifosi del Bari mi hanno chiesto tre cose: competenza, trasparenza e rispetto. Ha ricordato il calcioscommesse; ha alluso, senza citarlo, a Masiello e alla sua clamorosa autorete contro il Lecce, che si è scoperta anni dopo essere frutto di un illecito sportivo».
E poi ha concluso con una frase che in qualsiasi contesto civile sarebbe l’abc di un rapporto sano tra la città e il presidente della locale squadra di calcio. La normalità. Eppure ascoltarla oggi, a Bari, ha provocato un brivido, un’esperienza irripetibile: «Noi – rivolgendosi a De Laurentiis – non abbiamo scelto un tifoso ma un imprenditore che si occupa di calcio e porta risultati sportivi ed economici. La passione sarà messa dalla città di Bari». Bum.
Una forma di imbarbarimento culturale
Quindi basta percorrere 264 chilometri, magari anche meno, per sentirsi meno straniero. Tifare Napoli a Napoli regala una strana sensazione di estraneità. Il presidente che ha rilevato il Napoli da un’aula di tribunale e l’ha portato al secondo posto e alla seconda fascia Champions, è un romano. Oltre che un pappone, ça va sans dire. Non ama Napoli e quindi non si immola per la città e la sacra passione dei tifosi napoletani. Pensa unicamente al profitto. Una forma di imbarbarimento culturale, che a Napoli è estesa senza differenze di censo.
A pensarla diversamente si è talmente minoranza, soprattutto per chi vuole esporsi: in tanti preferiscono rimanere in silenzio, ed è comprensibile considerato il disumano livello di violenza verbale raggiunto. Non sono affatto pochi coloro i quali rinunciano a giornate estenuanti. Ormai la cultura ultras ha permeato la città a ogni livello. Eppure basta volgere lo sguardo verso un’altra città del Sud, Bari appunto, e magicamente cambia l’orizzonte.
Se ne frega della sua passione calcistica
Il sindaco Decaro, giustamente, se ne frega della carta d’identità di De Laurentiis, così come se ne frega della sua passione calcistica. Al sindaco di Bari interessa avere un presidente che faccia grande la Bari. E per loro “fare grande” significa ovviamente diventare come il Napoli. Ci metterebbero la firma col sangue. Si accontenterebbero di molto meno. Loro, a Bari, il profitto lo reclamano. Sanno che più la Bari aumenta i profitti, meglio sarà per il club. A Bari come in qualsiasi altro luogo del globo. Tranne Napoli.
Non è soltanto un paragone tra Decaro e il suo collega de Magistris. È proprio la città a pensarla diversamente. Decaro – che è anche presidente Anci – evidentemente sa che la gran parte della cittadinanza la pensa allo stesso modo. Non ha bisogno di vellicare il populismo più gretto per guadagnare consensi. A Napoli, invece, da de Magistris in giù, è tutto un rincorrere questa presunta napoletanità che rende Napoli la caricatura di sé stessa.
A Bari sono felici del romano presidente del Napoli. L’importante, per dirla alla Deng, è che faccia il gatto: ossia che acchiappi il topo. A noi resta quel brivido di gioia per aver assaporato la normalità. Sia pure a distanza di 264 chilometri.