Arriva il decreto tanto atteso, che scontenta un po’ tutti. La Procura: i ritardi nella ricostruzione non sono addebitabili a noi
Arriva finalmente il decreto per Genova: quaranta pagine (e 47 articoli) di cui in realtà solo nove dedicate al capoluogo ligure e all’emergenza post-crollo, mentre le altre riguardano altri temi, come la proroga della Cassa integrazione e interventi per le zone terremotate, compresa Ischia (per il terremoto dell’agosto2017), oltre alla disposizione per la quale il presidente della regione Campania Vincenzo De Luca dovrà lasciare la carica di commissario alla Sanità entro 90 giorni.
Diminuiti i fondi previsti inizialmente
Inviato ieri al presidente della Repubblica per la firma, il decreto ha deluso un po’ tutti: i 90 milioni destinati al porto in una prima bozza sono scesi a 30; per il trasporto pubblico locale erano stati previsti 80 milioni che si sono ridotti a 20; le originarie 500 assunzioni in deroga per gli enti locali sono scese a 250; mancano riferimenti ai risarcimenti degli sfollati; alle aziende danneggiate, artigiani e commercianti con sede nella zona del crollo, è riconosciuta una somma fino al 100% della perdita del fatturato e massimo di 200mila euro; spariscono i fondi per il Terzo Valico.
La sostenibilità dell’onere finanziario per la copertura sarà “verificata in sede di accordo governativo”.
Il decreto è bocciato dal presidente della Regione Toti e dal sindaco Bucci.
Oggi Mattarella dovrebbe firmarlo e inviarlo poi alle Camere, che dovrebbero discuterlo dal 22 ottobre.
Il commissario straordinario
Entro dieci giorni dall’entrata in vigore del decreto verrà nominato il commissario, che resterà in carica 12 mesi rinnovabili al massimo per tre anni. Potrà nominare a sua volta due sub commissari e avere sotto di sé una struttura di 20 persone. Opererà in deroga ad ogni disposizione di legge extrapenale, fatto salvo il rispetto dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea. Potrà guadagnare massimo 200mila euro l’anno.
Autostrade esclusa dalla ricostruzione
I lavori di ripristino del viadotto e tutte le attività connesse saranno affidati dal commissario “ad uno o più operatori economici che non abbiano alcuna partecipazione, diretta o indiretta, in società concessionarie di strade a pedaggio, ovvero siano da queste ultime controllate o, comunque, ad esse collegate, anche al fine di evitare un indebito vantaggio competitivo nel sistema delle concessioni autostradali”.
Autostrade dovrà solo pagare, entro 30 giorni dalla richiesta del commissario straordinario, senza essere coinvolta nella ricostruzione. Se dovesse aprire un contenzioso e non pagare, allora la ricostruzione sarà finanziata dallo Stato per i prossimi 11 anni con 30 milioni di euro l’anno.
Interviene la Procura: “Il ritardo nella ricostruzione non è colpa nostra, anzi”
Ieri, alla Camera, Toninelli ha dichiarato che “le attività indispensabili per la ricostruzione del ponte di Genova non potranno che seguire al dissequestro dell’area”.
Sul punto è intervenuto ieri il procuratore Francesco Cozzi: “Non blocchiamo nessuna demolizione. Non è vero che sia necessario aspettare la fine degli accertamenti dei periti per dare inizio alla demolizione e alla ricostruzione – scrive Il Fatto Quotidiano – Anzi, nel mandato ai periti è scritto che devono essere concordate modalità di demolizione idonee a salvaguardare le prove”.
Per l’incidente probatorio potrebbe essere utile e necessario, anzi, demolire il moncone sul lato est, che ha sicuramente un grado di pericolosità maggiore perché è tenuto dagli stralli: “Ci sono alcuni elementi pericolosi del ponte che potranno essere esaminati soltanto una volta rimossi – ha dichiarato Cozzi – Non possiamo pensare che i periti per svolgere il loro lavoro rischino la vita”.
Insomma, la demolizione del ponte sarebbe addirittura necessaria per proseguire l’inchiesta.
Ieri è stato reso ufficiale il provvedimento del Consiglio superiore della magistratura, che proprio per via dell’emergenza del Ponte Morandi, ha concesso alla Procura di Genova due magistrati extradistrettuali, assegnati cioè all’ufficio solo in via temporanea: “È una boccata di ossigeno per noi, perché purtroppo non possiamo occuparci soltanto delle indagini sul crollo del viadotto”.
Le indagini sui sensori prescritti dal Politecnico di Milano
Tornano alla ribalta, sul fronte indagini, i famosi sensori prescritti dal Politecnico di Milano nella consulenza del 2017 commissionata da Autostrade.
Il Politecnico consigliava di installare i sensori prima, durante e dopo il progetto di retrofitting ma la società scelse una soluzione più economica e meno avanzata e di posizionarli solo al termine dell’intervento.
La tesi degli investigatori è la seguente: è possibile che la mancata adozione dei sensori sia legata all’obiettivo di scaricarne i costi sui contribuenti, attraverso i pedaggi? Ne parla Il Secolo XIX.
Il progetto di retrofitting era infatti considerato un miglioramento dell’opera e non semplicemente una manutenzione ordinaria (il cui costo sarebbe stato sostenuto solo dalla concessionaria delle rete, cioè Autostrade): la convenzione firmata con il governo prevedeva che parte degli investimenti, in questi casi, potessero essere recuperati attraverso aumenti dei pedaggi.
I sensori avrebbero potuto monitorare in tempo reale possibili oscillazioni e dunque, probabilmente, avrebbero potuto evitare la tragedia, portando alla chiusura del traffico in caso di segnali poco confortanti. La decisione di Autostrade di optare per una soluzione meno costosa potrebbe essere stata influenzata da valutazioni di carattere economico che hanno provocato un abbassamento dei livelli di sicurezza.
La risposta di Autostrade
Sulla questione che gli interventi di manutenzione straordinaria potessero comportare un aumento delle tariffe interviene Autostrade, come al solito con una nota sul suo sito web.
La società precisa “che gli interventi di manutenzione straordinaria non concorrono in alcun modo a determinare aumenti tariffari”, come chiunque può verificare leggendo il testo della Convenzione.
“Gli interventi di manutenzione straordinaria rientrano, infatti, nella più ampia voce ‘Altri Investimenti’ di cui all’art. 2 comma 2 lettera C della Convenzione e sono definiti come interventi di ‘ammodernamento e rinnovo della rete in concessione’ – scrive – In particolare all’interno della voce ‘Altri Investimenti’ rientrano sia gli interventi di tipo evolutivo, quali il retrofitting del viadotto Polcevera, che gli interventi di cui al Capitolo F2 identificati come iniziative di modesta entità. Tutti gli interventi di cui al Capitolo ‘Altri Investimenti’ sono investimenti capitalizzati, ma non soggetti ad alcuna remunerazione. Ogni interpretazione che attribuisca ad Autostrade per l’Italia la decisione di aver risparmiato sulla manutenzione ordinaria del viadotto Polcevera per trarre arricchimento dall’aumento delle tariffe attraverso l’incremento della manutenzione straordinaria, dunque, è assolutamente falsa e tendenziosa”.