Tra Autostrade, Ministero e Spea. Tra le ipotesi di reato anche disastro colposo. Intervista quasi irritante dell’ad di Autostrade Castellucci
Venti indagati per il crollo del Ponte Morandi, che lo scorso 14 agosto ha fatto 43 vittime. Le notifiche dovrebbero arrivare già questa mattina e riguardano manager e funzionari di Autostrade e del Mit. Le accuse contestate sono disastro colposo, omicidio stradale colposo plurimo e omicidio colposo per violazione delle norme antinfortunistiche.
Sapevano, ma non hanno fatto nulla
Sapevano che esisteva un pericolo oggettivo ma non hanno pianificato alcun intervento di manutenzione straordinaria (“Le manutenzioni sul viadotto Morandi erano carenti”, secondo La Repubblica è questo che sarà scritto nell’avviso di garanzia).
Anzi, hanno autorizzato l’apertura di cantieri per lavori di minima entità mettendo così a rischio la sicurezza degli operai, oltre che di automobilisti e abitanti delle case circostanti.
Gli indagati per Autostrade
Ecco i nomi riportati dai quotidiani questa mattina. Per Autostrade: l’amministratore delegato Giovanni Castellucci, il direttore operativo centrale Paolo Berti, quello delle manutenzioni Michele Donferri Mitelli e il suo predecessore Mario Bergamo, il direttore del Primo Tronco Stefano Marigliani, il suo predecessore Riccardo Rigacci, il responsabile del progetto di retrofitting Paolo Strazzullo, il responsabile del controllo viadotti Fulvio Di Taddeo e il responsabile dei rapporti con i consulenti Massimo Mellani.
I nomi per il Ministero
Per il Ministero, invece, ci sono il direttore generale per la vigilanza, Vincenzo Cinelli, il suo predecessore Mauro Coletta, il funzionario della Quarta divisione Giovanni Proietti e il funzionario della Prima divisione Bruno Santoro (che fa anche parte della commissione di inchiesta ministeriale istituita da Toninelli), il capo ufficio ispettivo territoriale di Genova Carmine Testa, il provveditore delle Opere pubbliche di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta Roberto Ferrazza e il dirigente del provveditorato Salvatore Bonaccorso.
Gli indagati per Spea Engineering
Infine, gli ingegneri della Spea Engineering, la società controllata del gruppo Atantia, che realizzò il progetto di rinforzo: i progettisti Massimiliano Giacobbi e Emanuele De Angelis e il coordinatore dell’ufficio sicurezza Massimo Bazzarelli.
Il nome del ventesimo indagato è ancora avvolto dal mistero.
Nelle prossime ore, scrive la Stampa, sarà formalizzata anche la richiesta di incidente probatorio e il coinvolgimento amministrativo di Autostrade, che potrebbe essere notificato anche al presidente Fabio Cerchiai.
Il disastro poteva essere evitato
I verbali di interrogatorio, gli scambi di messaggi in chat, le mail tra gestore e controllori del ministero e i resoconti delle riunioni dimostrano “come un mese prima della tragedia i tecnici avessero individuato proprio negli stralli il punto maggiormente debole – scrive Il Corriere della Sera – senza prendere adeguate contromisure”, prima fra tutte la limitazione del traffico.
Nei messaggi, tecnici e funzionari scrivevano, a proposito dei tiranti: “Non reggono”. Senza però prendere provvedimenti mirati, se non quelli minimi, come i lavori che sono terminati proprio all’alba del 14 agosto e che riguardavano proprio il pilone 9, quello crollato. Il cantiere aperto era un pericolo, sia per gli operai che vi lavoravano che per i 130mila veicoli che vi passavano ogni giorno.
L’intervista di Castellucci a La Stampa
Una lunga intervista a Giovani Castellucci ad di Autostrade è pubblicata da La Stampa, a firma di Daniele Grillo e Matteo Indice.
Un’intervista che lascia l’amaro in bocca, a parere di chi scrive, in cui Castellucci, parlando un freddo burocratese e usando gli stessi toni della conferenza stampa indetta proprio il giorno dei funerali delle vittime del crollo, sembra glissare sulle responsabilità del Concessionario.
“Sentiamo tutta la responsabilità e il dolore per essere stati i gestori del viadotto, con le nostre strutture tecniche e i nostri uomini – dichiara Castellucci – Il ponte era affidato a noi ed è crollato. Ma la colpa presuppone comprensione delle cause, che dovranno essere accertate al meglio”. Gli intervistatori gli domandano se quella di Autostrade è stata una cattiva gestione: “Dovrà esser accertato. Il ponte è caduto, è un fatto” risponde l’ad.
Una delle probabili cause del crollo è il cedimento dei tiranti del pilone 9, per sistemare i quali, nel 2015, Autostrade aveva ideato una ristrutturazione che forse avrebbe potuto evitare la tragedia: come mai il progetto è arrivato solo due anni dopo, nel 2017? “Non ho competenze tecniche e una conoscenza del progetto adeguate – risponde Castellucci – ma normalmente progetti complessi richiedono tempi lunghi. Nei manuali di manutenzione sta scritto che gli interventi vanno eseguiti in anticipo. Farlo prima? Valutazione che lascio ad altri. Se ci fosse stata una percezione di pericolo imminente, chi aveva la possibilità d’intervenire lo avrebbe fatto, avendone ogni facoltà. E l’obbligo. Il cda non ha queste facoltà”.
Nessuna competenza tecnica, conoscenza inadeguata del progetto, mancata facoltà del cda nel decidere di intervenire, nessuna percezione del pericolo imminente: dichiarazioni quasi irritanti, a nostro parere.
La preoccupazione delle ripercussioni sul traffico può avere rallentato la pratica? “Per noi la sicurezza è elemento estremamente importante, sul quale abbiamo sempre investito molto, riducendo del 75% il tasso di mortalità sulle nostre strade”.
Ancora, gli intervistatori gli ricordano di come, il 18 luglio scorso, in consiglio comunale, due dirigenti tecnici di Autostrade (Mauro Moretti e Paolo Strazzullo) rincuorarono gli abitanti dell’area sottostante il ponte sulla solidità del viadotto mentre poco meno di un mese dopo il ponte crollava: “I tecnici presenti avevano tutti gli elementi per rispondere e rassicurare. I fatti hanno dimostrato che quelle rassicurazioni erano infondate”, risponde Castellucci. Come se il ponte fosse crollato per opera e virtù dello spirito santo.
Ha incontrato i familiari delle vittime? Gli chiedono i giornalisti: “Il rispetto per il dolore altrui mi ha spinto a non impormi. Farò tutto il possibile per alleviare la sofferenza di queste persone. Come azienda e anche personalmente”. Come se si potesse alleviare il dolore e la sofferenza di chi ha perso madri, padri, figli e nipoti che semplicemente credevano di viaggiare su una strada sicura.
L’Aiscat risponde a Toninelli
Abbiamo scritto ieri delle accuse di Toninelli all’Aiscat, indicata come autrice di pressioni affinché non venissero desecretati gli atti relativi alla concessione ad Autostrade.
Aiscat smentisce le affermazioni del ministro chiarendo che gli unici contatti con Toninelli si sarebbero limitati alla “richiesta di disponibilità di date per l’assemblea del’associazione”.
Il ministro, però, pubblica su Twitter le carte relative alle comunicazioni di Aiscat e Autostrade in due distinte lettere: “Carta canta, le bugie hanno le gambe corte”, scrive a corredo.
Le lettere, però, fanno notare i giornali, portano le date di gennaio e marzo 2018, quando il ministro era Graziano Delrio. Aiscat replica che si trattava di risposte a richieste di pareri da parte del Ministero, Toninelli che le lettere rendono evidente che le pressioni erano sia precedenti al suo insediamento come ministro che successive.
Quegli investimenti bloccati per due anni
A sollevare la questine è Il Fatto. Tra il 2016 e il 2017 le concessionarie autostradali hanno effettuato lo sciopero degli investimenti, cosa su cui – e sul suo impatto sulla sicurezza delle reti – bisognerebbe indagare rispetto al crollo di Genova, suggerisce il quotidiano.
“I gestori privati delle corsie reagirono così all’approvazione del nuovo codice degli appalti del 2016, che all’art. 177 prevedeva la messa a gara, a partire dal 2018, dell’80% dei lavori sulle loro strade: norma che, lo diciamo subito, oggi non esiste più grazie al solito emendamento di favore”.
La questione è interessante ed è ampiamente trattata a pagina 3 del giornale. Riguarda i favori ricevuti dalla società autostrade che non si limitavano ai pedaggi ma comprendevano anche i ricavi provenienti dai lavori di manutenzione e dagli investimenti.
Due anni di lavori al rallentatore: “Noi non sappiamo se il ponte Morandi siano stato coinvolto dallo sciopero, ma possiamo ricordare le date: – scrive Il Fatto – l’avvio del progetto di retrofitting del viadotto è del 2015; nel 2016 vengono presentate interrogazioni parlamentari sulla pericolosità del Morandi (nessuna risposta dal governo) che trovano conferma in un’analisi del Cesi; il progetto esecutivo per i lavori arriva al ministero solo nel dicembre 2017, qualche settimana dopo gli allarmi del Politecnico sulla tenuta del ponte e nei giorni in cui arriva l’emendamento Bargero; il ministero autorizza il 1° febbraio in via preliminare, ma Autostrade per l’Italia adesso ha fretta e, tra il 6 febbraio e il 13 aprile, scrive 5 lettere di sollecito al Mit; il ministero dà il via libera definitivo (in ritardo) l’11 giugno, mentre Aspi ha già avviato la procedura di gara a maggio”.