Il Napoli ha problemi di approccio mentale, prima che tattici. La squadra di Ancelotti ha preparato una partita che non è riuscita a mettere in pratica.
Oltre banalità e luoghi comuni
Storicamente, l’obiettivo della nostra analisi tattica è andare oltre le banalità e i luoghi comuni del giorno dopo. In qualche modo, vogliamo cercare di capire il perché di una vittoria, un pareggio o una sconfitta del Napoli senza rifugiarci in argomenti diretti e immediati, come dopo il match di Marassi potrebbero essere (sono stati) il turn over, i tanti gol subiti, la prestazione negativa di alcuni uomini-simbolo. Tutti questi sono dati di fatto, ma in qualche modo sono cause concorrenti, non scatenanti, rispetto ad un determinato risultato.
Anche perché, ovviamente, la lettura più realistica e precisa di Sampdoria-Napoli è stata di Carlo Ancelotti nelle interviste del postpartita. Questa: «Nel secondo tempo ho visto un Napoli che lottava, nel primo tempo no. La spiegazione è abbastanza chiara: abbiamo iniziato in maniera identica rispetto alle altre due partite. Non siamo riusciti a ribaltarla, abbiamo regalato il primo tempo con il nostro atteggiamento. Soprattutto il primo gol è stato regalato, eravamo posizionati bene».
Oltre la tattica
Dopo aver letto queste parole, è più facile analizzare la partita, capire dove guardare per individuare le motivazioni della sconfitta. Ancelotti ne ha fatto un discorso di atteggiamento e intensità, parametri che vanno di pari passo con il modello di gioco, pur essendo oltre la pura analisi tattica. Un dato su tutti, per capire cosa intendiamo e di cosa parliamo:
Dal sito Whoscored.com
La Sampdoria attacca da sinistra verso destra, ed in questa rappresentazione va identificata con il colore arancione. Nel campetto appena sopra, sono segnalati tutti i tackle tentati dai calciatori in campo. Accanto, le squadre titolari e il numero di tackle tentati per ogni elemento. Cifre e posizioni non mentono: il Napoli non ha retto l’impatto fisico con gli avversari, soprattutto nel reparto di mezzo: 5 interventi tentati per i tre centrocampisti di Ancelotti (in realtà solo per Allan), addirittura 19 per quelli di Giampaolo (con Linetty a quota 11). E poi l’intensità della pressione, che si misura anche dal dove avvengono questi tentati contrasti: per la Sampdoria c’è una chiara propensione ad attaccare gli avversari in zona molto alta di campo; per il Napoli, appena 5 eventi oltre la linea di metà campo. Di questi, 3 sono arrivati nel secondo tempo.
I gol di Defrel
Da questo tipo di atteggiamento nasce la prima rete di Defrel, molto contestata da Ancelotti: contrasti poco convinti nonostante il buon posizionamento, la Sampdoria ha guadagnato il pallone mettendo più foga negli uno contro uno, denotando una miglior condizione fisica rispetto al ritardo perenne dei giocatori del Napoli sulle seconde palle.
La scarsa convinzione di Zielinski e Hysaj
Come detto in apertura, vanno smontati i luoghi comuni. Il gran gol di Defrel di cui abbiamo appena scritto è arrivato alla prima conclusione costruita dalla squadra di Giampaolo. A fine partita, i tentativi della Sampdoria saranno 9 in totale (perfettamente in media con le partite giocate contro Lazio e Milan), di cui solo 3 nello specchio della porta.
Conseguenza logica: il Napoli non difende male, né tantomeno concede molte occasioni nitide agli avversari. In realtà, la squadra di Ancelotti paga ad ogni partita una disattenzione diversa: contro la Lazio si è trattata di una pessima lettura dei centrali sulla palla in profondità, il Milan ha sfruttato il difetto strutturale dei cambi di gioco. La Sampdoria, esattamente come detto da Ancelotti, ha sfruttato un atteggiamento poco reattivo e quindi poco cattivo dei giocatori del Napoli rispetto alle cose da fare in campo. Sopra, un due contro uno in contrasto. In occasione del secondo gol di Defrel, tutto nasce da una palla persa in maniera scellerata da Zielinski.
Come nasce il gol della Sampdoria: Zielinski appoggia lentamente verso Mario Rui, in orizzontale e in direzione della fascia sinistra. Passaggio moscio, Mario Rui in ritardo e Saponara (il calciatore che vedete dietro Diawara) riesce a giocare il pallone all’indietro. A quel punto, il Napoli fa fatica a rientrare e offre a Bereszinsky la discesa facile sulla fascia destra.
Insigne e Mario Rui sono lenti nel sincronismo difensivo, non coprono sulla destra e alimentano lo scompenso del tre contro due in area di rigore.
Ovviamente, questo nostro giudizio numerico e di pura logica non assolve la squadra di Ancelotti da colpe evidenti. Si tratta di problemi “mentali”, come spiegato sopra, ma anche essenzialmente tattici. Che, però – e qui smontiamo un altro luogo comune -, non vanno e non possono essere riferiti al turn over: la presenza di Hamsik e/o Callejon non avrebbe modificato di una virgola il sistema del Napoli, che ha pagato scompensi gravi in fase offensiva a causa della buona prova della Sampdoria e della difficoltà di connessione tra centrocampo e reparto d’attacco. Un parametro che non sarebbe cambiato con Hamsik centromediano e soprattutto con Callejon esterno, un giocatore finale, un esecutore piuttosto che un costruttore.
È stata una questione di organizzazione e contro-organizzazione, il Napoli ha preparato una partita che non è riuscito ad attuare fattivamente sul campo, mentre la squadra di Giampaolo ha trovato esattamente quello che voleva. Ha stretto il campo in fase difensiva senza schiacciarsi troppo, una volta recuperata palla è riuscita a tenerla per lunghi tratti, soprattutto nel primo tempo, e in questo modo ha impedito al Napoli di prendere fiducia attraverso il possesso e/o le verticalizzazioni.
Altezza e larghezza delle squadre in campo
Nella squadra di Ancelotti, la regia non è più un ruolo (che appartiene al centromediano) ma un compito, che fa capo a soluzioni da cercare azione per azione e non a meccanismi consolidati. Diawara non è riuscito a imporsi, a farsi vedere per poter giocare il pallone, chiuso nella morsa di Saponara (perfetto in fase difensiva) e così il Napoli è stato costantemente obbligato ad aprire e cambiare il campo. Una scelta che è andata a nozze con il dispositivo difensivo della Sampdoria, che non chiudeva sugli esterni e i terzini in sovrapposizione ma preferiva rimanere stretta e presidiare gli spazi in area.
Qualche dato a supporto: possesso palla praticamente pari a fine partita (51% in favore del Napoli); numero di cross effettuati (21 a 12 per gli azzurri); passaggi lunghi (73 contro 48 sempre a favore della squadra di Ancelotti); numero di palloni spazzati (30 a 18 per la Sampdoria, di cui 22 nella propria area).
Conclusioni
Cosa deduciamo da questi numeri? Semplice: il Napoli di Genova ha avuto un problema offensivo, più che puramente difensivo. Non a caso, il sito Opta ha pubblicato una statistica eloquente al termine del match di Marassi:
6 – Il Napoli ha subito sei gol coi primi sei tiri nello specchio della porta subiti finora in questo inizio di campionato. Bersaglio.
— OptaPaolo (@OptaPaolo) 2 settembre 2018
Un dato eloquente
Al di là dei luoghi comuni, il Napoli di Ancelotti è una squadra che riesce ad essere pericolosa solo quando impone alla partita un preciso ritmo di gioco. Finora gli è riuscito meglio con i due centrocampisti centrali (contro la Samp in apertura di ripresa e contro il Milan), ma a Roma con la Lazio il reparto di mezzo a tre aveva funzionato in maniera perfetta tra il 35esimo e il 60esimo. Questione di alta pressione, di fiducia che nasce attraverso il possesso.
La transizione che Ancelotti predica è quella da una squadra meccanica e meccanizzata ad una più fluida, un passaggio concettualmente difficile, specie per chi è abituato a giocare in un certo modo. La mancanza di equilibrio può e viene compensata attraverso alcuni spostamenti di uomini, anche tra campo e panchina, ma soprattutto attraverso un’applicazione feroce in alcuni momenti chiave della partita. Il Napoli di ieri è stato lento, impacciato e anche sfortunato nel primo tempo, ha concesso campo alla Sampdoria e ha subito due gol. Avrebbe potuto rimontare, l’inizio della ripresa è stato promettente ma gli episodi restano decisivi in uno sport non esatto come il calcio.
Resta la sensazione di una squadra con valori molto alti, ma ancora incapace di risolvere il confronto/contrasto tra vecchio e nuovo, di metabolizzare appieno il cambio concettuale che Ancelotti ha in mente. Contro Lazio e Milan, questo problema in itinere è stato mascherato da alcune fasi di gioco ad alta intensità. Ieri sera, contro la Sampdoria, la piccola impresa non è riuscita.