La Roma ha fatto la partita che poteva e doveva fare, il Napoli ha costruito tanto ma ha fatto fatica a trovare la soluzione giusta.
La differenza
Napoli e Roma si sono ritrovate al San Paolo in due momenti molto diversi. Se la squadra di Ancelotti ha (già) trovato una sua dimensione tattica ed emotiva, quella di Di Francesco è ancora in costruzione. In una situazione del genere valori similari in campo si esprimono in due modi diversi: i giocatori che sono in una fase del progetto più avanzata esprimono il loro gioco, i propri principi e/o la strategia pensata per vincere quella partita; gli altri, invece, cercano le contromisure per limitare gli avversari, quindi per limitare i danni.
Sono due posizioni differenti, ideologicamente è più giusto pensare al calcio come un gioco che punti alla supremazia in campo, ma un atteggiamento come quello della Roma non è assolutamente da condannare. Anche perché, la differenza con il Napoli – in questo momento della stagione – è decisamente ampia. Non tanto per la qualità dei calciatori, quanto per le certezze costruite in questi primi mesi di partite ufficiali.
Inoltre, Di Francesco ha dovuto fare i conti con molte assenze, prima della partita e in itinere. Come dire: l’atteggiamento speculativo dei giallorossi, specie nella ripresa, non è da condannare. Un allenatore deve farlo, specie quando la sua idea di calcio è più propositiva. Al tempo stesso, però, l’urgenza e la logica del risultato rendono positiva la serata della Roma e quasi positiva quella del Napoli, nonostante l’espressione di gioco sia stata nettamente a favore della squadra di Ancelotti. Che, pur essendo stata bloccata dalle contromisure (vedi sopra) della Roma, ha disegnato la prestazione più efficace di tutta la stagione, almeno dal punto di vista statistico. Qualche dato: 26 tiri verso la porta di Olsen, appena 5 tentativi concessi agli avversari. Non è un caso che il tecnico azzurro si sia detto «orgoglioso» della sua squadra nel postpartita.
La sfida del 4-4-2
Il nuovo Napoli e la nuova Roma hanno un modo simile di interpretare il gioco. Entrambe le squadre giocano una fase offensiva liquida, con un sistema poco identificabile, mentre in difesa utilizzano un 4-4-2 scolastico.
Il 4-4-2 in fase di non possesso della Roma, in un frame della partita e nel campetto posizionale della Lega Calcio. I dati sono riferiti al primo tempo. I giallorossi giocano in dodici per il cambio Cristante-De Rossi.
Non a caso, le grandi occasioni del primo tempo (ovvero nel momento più “tattico” del match) sono arrivate grazie ai movimenti contro-intuitivi dei calciatori più associativi, Pellegrini, Under e Fabian Ruiz. Il Napoli ha difeso in situazioni di scompenso ogni qual volta la Roma riusciva a muovere i suoi uomini offensivi tra le linee e dietro le linee, dopo il bel gol di El Shaarawy l’occasione successiva nasce con un movimento dell’esterno turco ad accentrarsi e a trovare Dzeko dietro i centrali difensivi di Ancelotti. È il rischio di quando scegli di difendere attaccando la palla, in avanti piuttosto che all’indietro.
L’occasione di Dzeko
Ripetiamo, però: alla fine dei conti, il Napoli ha offerto una prestazione difensiva di livello quasi assoluto, considerando che che i tiri concessi agli avversari sono in numero più basso rispetto alla media stagionale (8 su 10, e due di questi sono stati ribattuti). Merito della pressione esercitata dalla squadra di Ancelotti fin dal primo minuto, un atteggiamento “esploso” dopo il gol subito. Il 4-4-2 di Di Francesco permetteva alla Roma di coprire benissimo tutti gli spazi interni, una sensazione che si è acuita nella ripresa quando i giallorossi hanno abbassato il loro baricentro, rinunciando in pratica ad ogni velleità offensiva.
Imprecisione
Torniamo al punto di partenza. Quando i giocatori e l’allenatore della Roma si sono resi conto di dover subire, di non avere la forza emotiva e tattica per poter ribattere alle azioni del Napoli, allora si è attivato il meccanismo di autoconservazione. Se il Napoli continuava ad attaccare, bisognava renderlo inoffensivo. E allora il 4-4-2 del primo tempo è diventato un 4-5-1 ancora più arcigno e chiuso nelle linee centrali, la squadra di Ancelotti si è letteralmente rifugiata sulle fasce, una soluzione “sconsigliata” contro una difesa guidata da Manolas. E, soprattutto, se hai già effettuato il cambio Mertens-Milik.
Pellegrini difende come mezzala sinistra, Dzeko è isolato in avanti.
Alla fine del match, il Napoli avrà tentato per 48 volte (!) il cross. Per tutta risposta, solo due-tre occasioni nitide sono nate sfruttando questo meccanismo. Certo, il gol di Mertens arriva da un pallone scodellato al centro da Insigne, ma si è trattata di un’azione casuale. Come dire: il Napoli è stato costretto a giocare in un certo modo da una Roma virtuosamente difensiva, che sfruttava la sua maggior fisicità in area. Il bello (o il brutto) del calcio sta nel fatto che una buona strategia può diventare inefficace per pochi secondi. Quelli decisivi. La Roma è stata sfortunata a subire gol in un modo tatticamente anormale, ma allo stesso modo Di Francesco era stato fortunato a incappare nella prima serata negativa di Insigne in questa stagione.
Prima abbiamo scritto il dato dei tiri tentati dal Napoli (26). Di questi, solo 5 sono entrati nello specchio della porta. I numeri vanno contestualizzati, ma spesso descrivono una partita meglio di ogni parola. Se Insigne tira 8 volte e non centra mai lo spazio delimitato dai pali, se il Napoli costruisce 2,25 gol attesi (contro 0,87) e ne realizza soltanto uno, vuol dire che ieri sera c’è stato un problema di finalizzazione.
Napoli-Roma, mappa delle conclusioni. In arancione, quelle tentate dalla squadra di Ancelotti.
Finora il Napoli è stata una squadra molto efficiente dal punto di vista offensivo, i 19 gol segnati in Serie A (secondo migliore attacco dopo quello della Juventus) non sono molto distanti alla cifra di gol attesi costruiti (poco meno di 20). Quindi, non è ancora il momento di preoccuparsi per una carestia di gol. Del resto, il Napoli è reduce da cinque reti segnate in due trasferte, dopo la sosta. E una di queste trasferte era a Parigi, non un campo qualunque.
Conclusioni
Dal punto di vista tattico, la partita di ieri sera aggiunge e toglie poco alla narrazione del Napoli di Ancelotti. La squadra azzurra ha trovato una fisionomia precisa, in fase attiva e passiva. In questo momento, il 4-4-2 difensivo offre garanzie importanti, e il gioco di Fabian Ruiz in avanti permette di trovare le giuste variazioni sul tema nella zona sinistra, che continua ad essere quella più utilizzata per costruire il gioco (41%) ieri sera.
L’ingresso di Zielinski al posto di Hamsik ha dato maggiore imprevedibilità alla fase di rifinitura, permettendo al polacco e allo spagnolo di scambiarsi la posizione e inventare, letteralmente, nuovi corridoi. Probabilmente, questo potrebbe essere il prossimo step di Ancelotti, pensare di allargare le possibilità offensive della sua squadra inserendo un altro calciatore in grado di strappare in avanti nel doble pivote. Ieri è stata una soluzione di emergenza, potrebbe essere interpretata come un’idea dal primo minuto (un abbozzo c’era stato anche a Udine, con Verdi largo a sinistra e Zielinski accanto ad Allan). La mancanza di alternative sugli esterni (lo stesso Verdi e Ounas sono indisponibili) sta precludendo la strada degli esperimenti al tecnico emiliano. Potrebbe essere un modo per trovare maggiori soluzioni, ora che Milik sembra attraversare un momento di forma interlocutorio.
La sensazione è che il Napoli stia proseguendo in un percorso di crescita chiaro e definito, positivo contro avversari più morbidi. Non a caso, il Napoli finora ha perso solo contro la Sampdoria in partite agevoli, poi ha pareggiato con Stella Rossa, Roma e Psg. Ed è stato sconfitto a Torino dalla Juventus. Sono numeri accettabili per una squadra ancora in fase di assemblamento, che ogni domenica studia, trova e/o si inventa nuove soluzioni per dominare il gioco. A volte, contro la forza e le contromisure degli avversari, possono non bastare per vincere. Ma questo è un discorso, tecnico e prettamente emotivo, che esula dall’analisi tattica.