Falli da dietro, decima giornata: il rigorino per la Juventus, l’impresa del Frosinone firmato da Ciano&Pinamonti, il Clasico. E la notte del San Paolo.
Falli da dietro – Commento alla decima giornata del campionato di calcio 2018/2019
“Dai, Calva!”.
Non è una battuta di un fortunato vecchio film di Verdone.
Non è una frase rivolta a un compagno di scuola un po’ tonto che esagera, per invitarlo a non rompere e ritornare a cuccia.
E’ l’esclamazione che pronuncia Daniele Rugani, riserva ergastolana, nel corso della partita Empoli-Juve, all’arbitro Gianpaolo Calvanese, reo di aver assegnato un angolo non gradito.
Ed è un po’ la sintesi inquietante del rapporto confidenziale che esiste fra ergastolani e classe arbitrale.
Così va il calcio in Italia. Così va il calcio in Italia nei primi anni del XXI secolo.
In verità “Daicalva” aveva già fatto il suo dovere, concedendo il solito rigorino che avrebbe assicurato i tre punti alla più brutta Juve dell’anno dopo i trionfi dell’ Old Trafford.
Poi loro sono di gran lunga i più forti.
Hanno il migliore del Pianeta, in grado di vincere da solo una partita. Senza aiuti.
E vinceranno a mani basse tutto quello che c’è da vincere.
In Europa anche. Forse.
Dove se la giocheranno ad armi pari con Pep e col Barça.
Il pistolero
Il Clasico, già.
La partita più bella dell’anno.
La prima senza la Pulce e CR7.
Sul pari una ventina di minuti di calcio spaziale.
Poi dilagano i catalani.
Sale in cattedra Il Pistolero che ne fa tre.
Ma il gol di testa è roba di un altro mondo. Pazzesco.
Ci vuole una massa muscolare titanica non umana intorno al collo.
Uno sternocleidomastoideo (si dice così?) dalle proporzioni smisurate.
Mostruoso.
Ciano&Pinamonti
Si torna sulla Terra , e si plana sul civettuolo stadio Paolo Mazza, a Ferrara.
Per la sorprendente impresa Frosinone.
Non esistono amori felici diceva un poeta esistenzialista negli anni 50.
Non esistono partite facili esclama Semplici nel pre-partita.
I Salesiani guardano dall’alto in basso i pellegrini ciociari, dopo l’impresa storica dell’Olimpico.
E Moreno Longo, tecnico interessantissimo e molto stimato, immancabilmente li punisce.
Riuscendo a imporre il proprio gioco e a esibire i gioiellini di famiglia.
Come Camillo Ciano ventottenne scugnizzo di Marcianise, con un veloce passaggio nel Napoli di una decina d’anni fa.
Faceva coppia con Insigne nella Primavera e facevano gol a grappoli, quei due.
Piede sinistro fatato, dribbling mozzafiato, intuizioni da campione vero.
Un talento purissimo mai consacrato.
A Ferrara Camillo gioca forse la sua partita più bella, premiata anche da un gol splendido.
Ma il gol più bello è di Andrea Pinamonti diciannove anni scuola Inter.
Tiro di prima di sinistro che si insacca all’incrocio.
Segna, si toglie la maglia e scoppia in inarrestabili lacrime di gioia.
E’ il suo primo gol in Serie A.
E’ l’immagine più schietta che esalta il bel calcio di provincia ruspante e genuino .
Il festival dello spreco
Non ci sono partite facili.
I Sangue-oro scendono al San Paolo e si confermano bestiaccia nerissima.
Sono poco più che una squadretta.
Ma segnano subito un gol sghembo, poi si piazzano in area.
E rimangono lì per tutto il resto della gara.
I beneamati sono in uno stato di forma straordinario.
Corrono e pressano per tutta la partita.
E attaccano senza sosta, attaccano senza un attimo di respiro.
Supremazia a centrocampo straripante con il Fenicottero Andaluso uomo ovunque.
Collezioneranno 26 tiri in porta, 47 cross, 19 angoli, 72 % di possesso palla.
Ma pagano la mancanza di peso e la poca determinazione sotto porta.
Ci vorrà il cross geniale del Pibe di Fratta, per tutta la gara in ombra, che recupera sul fondo una palla ormai persa.
La scodella al centro per l’accorrente Lazarillo, il quale cicca provvidenzialmente e serve sbilenco l’arrembante Fiammante Fiammingo che non può sbagliare.
Due pareggi allo scadere in una settimana. Uno subito, uno conquistato.
Continua il festival dello spreco.
Ma la squadra è bella. E ci farà divertire.
Fa niente se quelli si allontanano.
Sempre stati lontani da noi, quelli.
Morto il presidente del Leicester.
Si chiamava Srivaddhanaprabha.
Se ci fate caso il suo nome è uguale al botto provocato dallo schianto dell’elicottero.