A Repubblica: «Pensare che cambiando il sistema, cambiano i risultati, è calcio da bar. Sarebbe come se i Rolling Stones si mettessero a suonare il liscio»
L’intervista a Repubblica
Marco Giampaolo parla di sé e del suo calcio in un’intervista a Repubblica. Il concetto più interessante è quello di “calcio isterico”, da cui il tecnico della Sampdoria non vuole farsi condizionare. Queste le sue dichiarazioni più significative: «Io non mi posso far condizionare dall’oggi e dal calcio isterico. Sono alla Samp da due anni e mezzo, non cancello 29 mesi per 20 giorni, abbiamo tracciato una strada, non cambio, seguo il mio percorso, con serietà e ambizione. Cambiare modulo o modo di giocare? Sarebbe come se i Rolling Stones si mettessero a suonare il liscio».
La spiegazione più approfondita di questo approccio al lavoro: «Se entrassi nello spogliatoio e dicessi da oggi si cambia perderei credibilità. Peggio: farei smarrire certezze al mio gruppo, perché loro sono convinti del calcio che vogliamo esprimere. Deragliare dalla propria idea è sempre sbagliato. È anche un problema di caratteristiche della squadra, la Samp è stata costruita per giocare in questa maniera. Possono cambiare gli interpreti, ma il modello è questo, non posso venire al campo con il frac e la Ferrari, mi devo presentare in tuta. Pensare che cambiando il sistema, mutano i risultati, è calcio da bar. Di più: se perdessimo con uno schema nuovo, si direbbe che questa squadra è senza identità. Ma il protagonista resta il calciatore, con la sua qualità».
Sarri
Giampaolo parla di Sarri: «Un maestro per espressione di gioco e cambio di mentalità. Non avrebbe mai tradito le sue idee, pronto a giurarci. Ma senza quei talenti, avrebbe fatto più fatica».
Per vincere, Giampaolo segue l’esempio del Barcellona: «Tattica, intensità, tecnica, divertimento. Una squadra deve giocare a calcio, avere la passione per ciò che fa. Avete presente il riscaldamento prima di Inter-Barcellona? I catalani: 20 minuti, giochicchiando, secondo il luogo comune italiano un brutto approccio alla partita. Gli interisti, invece: tre quarti d’ora alla massima intensità. Poi c’è il fischio dell’arbitro e si parte da zero. Decidono la qualità dei singoli, la forza mentale, la cura dei dettagli. Questione di cultura».
La Juventus: «Vince perché ha giocatori più forti, mentalità vincente. Ogni anno migliora. L’ho detto ad Allegri, è talmente più forte che si aggiudica le partite decidendo prima quanta benzina usare. Mentre le altre devono pigiare l’acceleratore al massimo. Anche Napoli e Inter, o chi sta dietro, il Milan di Gattuso, che a me piace molto, la Lazio e la Roma, che ora è una squadra da lavori in corso».