Ponte Morandi / Nemmeno l’ad di Autostrade risponde alle domande dei pm, il suo avvocato (l’ex ministro) fornisce la loro versione
Anche Giovanni Castellucci, ad di Autostrade, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Il difensore: “Interrogatorio rinviato”
Convocato ieri davanti ai pm di Genova dopo il rinvio dovuto allo sciopero dei penalisti, dopo un’ora di permanenza davanti in Tribunale, il manager ha fatto sapere, tramite il suo avvocato Paola Severino, che l’interrogatorio è solo rinviato a quando l’incidente probatorio sul Ponte Morandi sarà concluso: dopo quella data “l’ingegnere ha dichiarato la disponibilità a rispondere a tutte le domande”.
Questo “in considerazione della gravità e della complessità dei tragici fatti del 12 agosto”, dice l’avvocato, tra l’altro sbagliando la data della tragedia che è costata la vita a 43 persone, avvenuta il 14 agosto e non il 12, come sottolinea Il Fatto Quotidiano in un inciso tra parentesi.
La memoria difensiva
Castellucci ha però consegnato al procuratore di Genova, Francesco Cozzi, una corposa relazione di parte di quasi 300 pagine, in cui sono ricostruiti gli interventi di Aspi successivi al crollo del viadotto: aiuti a 300 famiglie sfollate, finanziamenti per 11 milioni alle imprese che hanno subito un danno e analisi della rete autostradale compiuta dai Direttori di Tronco e da società terze.
L’ad di Autostrade, scrive l’edizione genovese di Repubblica, ha dichiarato: “In quanto capo azienda ho ritenuto di adempiere a un dovere etico, dando informazioni chiare ai magistrati in merito alle ulteriori verifiche e accertamenti sulla sicurezza della rete che stiamo conducendo anche con l’ausilio di società esterne. Ho evidenziato nel dettaglio che dopo la tragedia di Genova abbiamo promosso un’operazione straordinaria di monitoraggio delle infrastrutture della nostra rete. L’esito è assolutamente confortante. Ho rassicurato i magistrati che la nostra rete è sicura”.
La possibile strategia difensiva contro Spea
L’intento della relazione, però, spiega un non meglio precisato investigatore al Sole 24 Ore, potrebbe essere di spiegare ai pm come il monitoraggio della rete autostradale fosse rimesso a società diverse da Aspi, che dovrebbero segnalare tutti i rischi: sarebbe un modo per scaricare le responsabilità su Spea Engineering, che non parlò nella sua relazione di rischi imminenti per il ponte, ma solo della necessità di interventi sui due piloni.
Il Fatto Quotidiano chiama in causa una frase pronunciata dalla Severino che “lascia intuire la strategia difensiva”: l’ad di Autostrade – dichiara l’avvocato ex guardasigilli – risponderà “nei limiti delle sue competenze e delle sue deleghe che non hanno a oggetto gestione e operatività”. Frase che potrebbe essere letta anche così: i controlli sul ponte non erano sua competenza.
Nel documento presentato ieri è precisato anche che i lavori di manutenzione della rete autostradale non sono “scaricati” sulla tariffa pagata dai viaggiatori, come invece era riportato nella relazione voluta dal ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, ma rappresentano un costo “secco” per l’azienda.
L’addio di Castellucci ad Aspi
Potrebbe essere, questo, l’ultimo atto ufficiale di Castellucci in Aspi, scrivono oggi i quotidiani, che riportano la dichiarazione del manager: “Per il ruolo importante a livello mondiale che Atlantia ha assunto negli ultimi tempi il processo di riduzione delle mie responsabilità in Autostrade che era iniziato prima della tragedia è ripreso”. Vorrebbe quindi concentrarsi su Atlantia: “poco più di un cambio di ufficio”, lo descrive Il Fatto Quotidiano.
Non è escluso, scrive Il Sole 24 Ore, che Castellucci possa formalizzare le sue dimissioni in occasione della prossima assemblea, prevista per aprile 2019. Milano Finanza, invece, considera possibile che Castellucci firmi il bilancio 2017 e poi abbandoni Autostrade per dedicarsi alla holding Atlantia.
In ogni caso, scrive il giornale finanziario, “la sostituzione dell’attuale ceo avverrà in continuità e quindi salvo sorprese il nuovo manager sarà pescato all’interno dell’azienda”.
Impossibile pensare ad un nome, per ora, “non esistono rose di candidati già disponibili”. La scelta dipenderà anche dai tempi dell’avvicendamento. La famiglia Benetton sarebbe divisa tra chi preme per un imminente cambio al timone e chi invece è più attendista: nel secondo caso, scrive sempre il giornale, “c’è anche chi azzarda, per la guida dell’azienda, un tandem formato dalla presidente Monica Mondardini e da Roberto Tomasi, attuale dg, promosso a nuovo ceo”.
È un’ipotesi che al momento non trova riscontro, senza contare che Tomasi è entrato in azienda soltanto il primo ottobre scorso.
La Repubblica ricorda che sul cammino di Castellucci, oltre alla tragedia del Ponte Morandi dove è indagato con altre 20 persone, pende anche quella del bus di Avellino, l’incidente stradale che nel 2013 provocò 40 morti. L’ad di Aspi è imputato con altri dirigenti della società e rischia una condanna a 10 anni per omicidio colposo plurimo. La sentenza arriverà tra metà dicembre e fine gennaio.
La Finanza indaga sugli appalti senza gara
La Repubblica Genova scrive che Autostrade è nel mirino della Guardia di Finanza anche per gli appalti senza gara.
Tra le migliaia di fotocopie, documenti e progetti acquisiti finora nel corso dell’inchiesta sul crollo del Morandi, risulterebbero molti, infatti, negli ultimi dieci anni, i lavori affidati a trattativa privata, senza seguire la procedura di gara pubblica.
Fra questi, ce ne sono due che interessano più da vicino il crollo del viadotto: quello della Weico, azienda di Bolzano che la notte precedente il disastro lavorava al montaggio del carroponte proprio sotto la campata 9 crollata e quello della Pavimental (società sempre dello stesso Gruppo Atlantia), pure impegnata sul ponte fino alle sei del mattino.
Secondo gli inquirenti, Autostrade, pur essendo una società privata, è concessionaria di un bene pubblico, svolge un servizio pubblico e dovrebbe rispettare il Codice degli appalti come le pubbliche amministrazioni e le società miste a partecipazione pubblica.
Autostrade sostiene che i lavori di installazione del carroponte erano stati concordati con un “contratto di fornitura in opera previa indagine di mercato”, già nel 2015, come quelli a Pavimental. Aspi assicura che sono stati affidati regolarmente e precisa che il progetto di retrofitting sul ponte Morandi, invece, seguiva la regolare procedura di gara pubblica, anche se affidato a Spea, delegata al monitoraggio delle autostrade.
Ricostruire senza demolire completamente
Emergono altri dettagli sui progetti presentati a Bucci per la demolizione e la ricostruzione.
In particolare, Il Secolo XIX racconta oggi altre ipotesi di ricostruzione che non prevedono la demolizione per intero del viadotto e che risparmierebbero su costi e tempi.
La messinese Ricciardello prevede di salvare, irrobustendolo, il troncone a ponente. Al posto delle vecchie torri strallate ne sarebbero realizzate altrettante nuove, a “V”, sfruttando le fondazioni esistenti, quasi interamente in acciaio. Ciò ridurrebbe i tempi di ricostruzione a poco più di nove mesi e i costi a 122 milioni. Tra le particolarità di questa soluzione, la creazione di un grande parco della memoria e l’installazione di una fila di pannelli fotovoltaici lungo i lati dell’impalcato.
La società parmense Pizzarotti propone due soluzioni. La prima prevede di realizzare la nuova struttura esattamente nello spazio occupato dal tracciato esistente, mantenendo anche la scansione delle pile: per sostenere la carreggiata vengono proposte delle ampie strutture a “V” prive di componenti che sovrastino la strada.
L’altra soluzione permetterebbe di demolire e costruire in contemporanea: per limitare gli ingombri, la carreggiata è progettata sovrapposta, non affiancata. Pizzarotti ha previsto 12 mesi di lavori e una spesa di 200 milioni.
Tra i progetti anche un Morandi rovesciato
Sul piatto, c’è anche l’ipotesi di un Morandi rovesciato. A proporla è la romana “Italiana Costruzioni” con la trevigiana Maeg: promettono demolizione e ricostruzione entro dodici mesi con un costo di poco inferiore ai 250 milioni.
Una “decostruzione del Morandi”, “concepita – scrive Il Secolo XIX – come opera all’avanguardia per l’utilizzo di tecniche innovative sul versante ambientale ma anche come un omaggio allo strutturalista Morandi”: quasi interamente in acciaio, il profilo della struttura ricorda l’immagine capovolta del viadotto crollato, prevede “cicli di verniciatura dell’acciaio con garanzia di almeno 25 anni, calcestruzzi di nuova generazione, acciaio inox per ridurre il rischio corrosione, asfalti drenanti e fonoassorbenti, impianti fotovoltaici e mini eolico per renderlo energeticamente autosufficiente, sistemi di monitoraggio in grado di controllare le sollecitazioni ed i carichi”.
Nel progetto anche un “luogo della memoria” ricavato all’interno di uno dei pilastri che verranno rinforzati e mantenuti.
In corsa anche una cordata italo cinese
“Se si decidesse in base a dimensioni e fatturato – scrive sempre Il Secolo XIX – non ci sarebbe partita”, nemmeno per il primo gruppo italiano delle costruzioni, Salini Impregilo. Tra le proposte arrivate a Bucci, infatti, ce n’è infatti una marchiata CCCC, che ha all’attivo centinaia di opere tra cui, ultimamente, un ponte da 55 chilometri, parte sul mare e parte in galleria, tra Hong Kong, Zhuhai e Macao.
La società si è associata con l’italiana Salc (di Milano), con la progettazione affidata alla 3TI di Roma. Il raggruppamento di imprese ha inviato al commissario più di una proposta: la più rapida, che consente di svincolare la demolizione dalla ricostruzione, consentirebbe di riaprire al traffico entro 11 mesi.
Senza il Morandi si perdono ogni anno 784 milioni di euro
Confindustria stima i danni causati dal crollo per ponte e la quantificazione, raccontata da Il Secolo XIX, è devastante. Per ogni anno senza ponte le perdine per Genova saranno di 178 milioni di euro per le attività portuali e logistiche e di 54 milioni per quelle industriali. Extra-costi per il personale dipendente fino a 68 milioni di euro; l’impatto economico a carico dei genovesi sarà di 64 milioni sugli spostamenti casa-lavoro e di 27 milioni di euro sulla riduzione dei consumi; l’impatto indiretto sul Pil di tutto il Nord-Ovest equivale a 784 milioni di euro l’anno (di cui 117 milioni sulle attività turistiche).
FOTO DA LA STAMPA