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Morata: «Sarri mi chiese dell’indipendenza dei Paesi Baschi»

La Gazzetta intervista il centravanti del Chelsea: «Il gioco di Sarri è l’ideale per me, non sono costretto a stare spalle alla porta»

Morata: «Sarri mi chiese dell’indipendenza dei Paesi Baschi»

“Il suo gioco è perfetto per me”

La Gazzetta dello Sport intervista Alvaro Morata centravanti del Chelsea e ovviamente parla anche del suo rapporto con Maurizio Sarri. Elogia l’ex tecnico del Napoli.

«Mi avevano detto che è un tecnico che gioca molto bene con la palla e che ama il lavo­ro tattico, però anche che ha una buona rela­zione personale con i giocatori, e così è stato. Sar­ri conosce alla perfezione la differenza tra i vari momenti nella vita di una squadra: quando bisogna lavorare in campo è il primo a dare l’esem­pio e sembra un generale, quando deve scherzare con lui muori letteralmente dalla ri­sate. E il tutto si riflette sul gruppo, stiamo molto bene in­sieme e giochiamo un bel cal­cio: siamo appena un po’ in­ dietro in classifica solo perché abbiamo fatto alcuni pareggi. Ma siamo con Sarri da poco, non abbiamo ancora perso e va benissimo così anche per­ ché la competizione in Premier è durissima. E migliore­remo».

“Con lui non gioco spalle alla porta”

E ancora: «Mi ha sorpreso che parlare con lui non c’è bisogno che succeda qualcosa, che t’in­fortuni, che giochi bene o male. È sem­pre disponibile e interessato: ti chiede come stai, come ti va la vita, questioni di calcio ma an­che la prima cosa che gli viene in mente, non so, la situazione politica del tuo Paese. Una del­le prime volte che lo incontrai mi chiese cosa pensavo dell’indipendenza dei Paesi Baschi. Rimasi a bocca aperta, non me l’aspettavo. Ci mettemmo a parlare con passione, e non è una cosa tanto scontata».

Morata ovviamente parla anche del campo. Non sono pochi i sostenitori di Sarri che si sono lamentati del centravanti spagnolo. Ma l’ex Juve e Real Madrid parla solo bene del suo allenatore.

«Il suo sistema è perfetto per me: quasi tutti i palloni mi arrivano quando sono di fronte alla por­ta e non è la stessa cosa di quando giocavo spalle alla por­ta e dovevo girarmi. Quello non è il mio gioco. Uno dei posti do­ve ho giocato meglio è stato al­la Juve e anche lì non dovevo girarmi, dovevo solo attaccare lo spazio e correre con la palla in avanti. Come ora: avrei po­ tuto segnare qualche gol in più se fossi stato più preciso».

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