Un dirigente di Spea parlerà, ma Repubblica Genova raccoglie lo sfogo degli investigatori. Ad Avellino si indaga sulle barriere di cemento installate da Autostrade sul viadotto di Monteforte Irpino
Arriva una possibile svolta nelle indagini sul crollo del Morandi, o, almeno, una falla nel muro di silenzio innalzato da Autostrade per l’Italia. A rivelarlo, oggi, la Repubblica Genova e Il Secolo XIX.
Emanuele De Angelis, direttore tecnico di Spea, tra gli indagati per il crollo, si è detto disposto a parlare con gli inquirenti: “Adesso che so cosa mi si contesta, mi preparo a rispondere per la prossima volta che sarò interrogato”, ha detto al pm Walter Cotugno.
La crepa nel muro del silenzio
Lo scorso 5 novembre, convocato in Procura, De Angelis era rimasto in silenzio, poi, di fronte alle contestazioni del pm, ha avuto un ripensamento ed ha fissato un nuovo appuntamento.
Secondo le indiscrezioni che filtrano dal Palazzo di Giustizia, le contestazioni a De Angelis sono incentrate sul progetto di retrofitting, che proprio l’ingegnere firmò, insieme a Massimiliano Giacobbi (responsabile del progetto).
Il ragionamento sarebbe questo: il primo intervento di potenziamento sulla pila 11 risale al 1993; solo dopo 24 anni si decide di intervenire sulle pile 9 e 10: perché? Già nel 1981 Morandi stesso lamentava le condizioni critiche del ponte e l’ammaloramento per la corrosione dei trefoli di acciaio. Come mai, di colpo, nell’autunno 2017, Autostrade accelera sull’intervento? Ci sono state ragioni di urgenza? Se è così, De Angelis e Giacobbi non potevano non saperlo.
L’avvocato Massimo Ceresa Gastaldo, che difende entrambi i tecnici Spea, non conferma né smentisce il cambiamento di rotta del suo assistito.
I rapporti non idilliaci tra Spea e Autostrade
Il Secolo XIX ipotizza che c’entrino i rapporti non idilliaci tra Spea e Autostrade, anche se si tratta della stessa società. Dopo le accuse di relazioni ammorbidite e giudizi “a tavolino” sulla sicurezza del viadotto crollato, alcuni dirigenti di Spea hanno puntato il dito contro Autostrade sulla base di un documento acquisito dalla Finanza in cui si sottolinea come la stessa Spea, nel 2009, avesse avvisato Aspi di problematiche sul Morandi.
La società sottolineò, all’epoca, la necessità di aumentare la frequenza dei controlli sul ponte: da un controllo ogni tre anni ad una cadenza annuale, in particolare sulla pila 9. Autostrade, però, non solo ignorò l’indicazione, ritenendola costosa, ma preferì affidare altre valutazioni a istituti esterni e non direttamente a Spea. Un’altra circostanza che sarebbe oggetto di contestazioni tra le due società.
Silenzio e omertà
Quali che siano le motivazioni che hanno indotto De Angelis ad un ripensamento, in un’indagine in cui a farla da padrona sono il silenzio e l’omertà l’inversione di tendenza è una buona notizia.
Ieri anche Massimo Meliani, responsabile di Ponti e Viadotti di Autostrade, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
“È una indagine sempre più difficile — dicono magistrati e investigatori (lo riporta La Repubblica Genova) — manca la parola degli indagati, ed è una cosa vergognosa davanti a un disastro del genere. Neppure un rigurgito di coscienza nei riguardi di 43 morti”.
Riprendono i rientri degli sfollati nelle case
Sono riprese le attività di recupero dei beni degli sfollati dalle loro case, sospese tra martedì e ieri per alcuni allarmi dei sensori montati sui monconi del viadotto rimasti in piedi.
Il sindaco, nei giorni scorsi, ha ipotizzato anche un terzo turno di rientro: altre due ore a disposizione che agli sfollati sembrano oro.
Un libro per raccontare le vite sconvolte dal crollo
Si chiama “Sotto il ponte Morandi”. Edito da Erga Edizioni, è scritto da Francesca Rovereto, 36 anni, genovese. Racconta le vite sconvolte dal crollo del 14 agosto.
Rovereto abita a Voltri: su quel ponte passava ogni giorno per andare al lavoro in un’azienda proprio sotto la parte crollata e, nei giorni di festa, per raggiungere il centro della città. “Quando caddero i primi calcinacci, danneggiando molte macchine nel parcheggio aziendale – scrive – ci fu chi disse: quel ponte prima o poi viene giù. Non drammatizziamo, tagliò corto una collega ingegnere, siamo in Italia, in un paese civilizzato ed evoluto come il nostro non vengono giù i ponti”.
Il ricavato delle vendite del libro andrà in beneficenza, probabilmente, dichiara l’autrice, a commercianti e piccoli imprenditori che hanno subito danni economici in conseguenza del crollo.
La nonna di Samuele: “Mi manca il suo sorriso”
Genny Anzaldi, nonna del piccolo Samuele Robbiano (8 anni, la più piccola delle vittime), è intervenuta ieri alla Notte dei talenti, la premiazione dei disegni realizzati nelle scuole della Liguria sulla tragedia del Morandi.
“Ringrazio tutti per la solidarietà – ha detto – Io vado avanti a fatica. Si fa fatica quando ti manca una figlia e un nipotino che era la mia ragione di vita. Per me la cosa più importante era il suo sorriso”.
Tante le scuole presenti, anche quella del piccolo Samuele. La sua classe, però, non c’era: i bimbi stanno seguendo un percorso psicologico e non avrebbero potuto partecipare ad un evento del genere.
Avellino. Si indaga sulle barriere di Autostrade
Il Fatto Quotidiano torna sulla tragedia di Monteforte Irpino, in cui il 28 luglio 2013 persero la vita 40 persone. Il procuratore di Avellino, Rosario Cantelmo, dopo l’inchiesta per cui di recente sono state chieste pene pesantissime per i vertici di Autostrade, che gestisce quella tratta, ha deciso di avviare una seconda indagine per la quale al momento non ci sono indagati.
La nuova inchiesta non riguarda solo Acqualonga, ma l’intera manutenzione, da parte di Autostrade, dopo la tragedia, sui viadotti della A16, in particolare le condizioni delle barriere laterali di cemento del tipo New Jersey.
Con un decreto apposito il magistrato impone ad Autostrade di esibire e consegnare “gli atti relativi agli interventi manutentivi sulle barriere laterali dei viadotti” tra le uscite di Baiano e Benevento. Cioè i viadotti Pietra Gemma, Vallonalto II, Sabato, Vallone del Duca, Carafone, Lenze Pazze, Boscogrande, Del Varco, Vallonalto I, Scofeta Vergine e Francia.
L’iniziativa scaturisce da un’altra indagine tecnica effettuata nel 2016 e 2017 dall’ufficio territoriale dell’Ivca, l’Istituto di vigilanza sulle concessionarie autostradali del Mit: “Gli ispettori hanno accertato la sussistenza di ‘gravi inadempimenti’ – scrive Il Fatto – derivanti ‘dall’inadeguato stato manutentivo dell’infrastruttura e da una carenza delle condizioni di sicurezza’.
In merito alle barriere laterali i tecnici ministeriali hanno constatato “la vetustà dei dispositivi di sicurezza e l’anomalia degli ancoraggi al suolo avvenuti mediante barre filettate e non con Liebig”.
“Gli ispettori si sono imbattuti in una realtà doppiamente preoccupante – continua il quotidiano – La prima preoccupazione deriva dalla constatazione che i vecchi dispositivi di tipo Liebig dopo tanti anni non sono in grado di svolgere a dovere il loro compito. La seconda preoccupazione scaturisce dalla decisione di sostituirli con barre filettate non omologate”.
Nell’adunanza del 26 luglio 2018 il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha bocciato il nuovo sistema di ancoraggi adottato da Autostrade per l’Italia perché “non è sufficientemente documentata la sostanziale equivalenza tra il dispositivo modificato e quello dotato di qualificazione”.