Novanta minuti di tifo incessante, con tamburi, bandiere e canti (anche sul ritmo di “Bella ciao” e “Bandiera rossa”). Esprimevano gioia, non rancore
Come nei sogni di bambino
Il calcio come lo ricordavo. Il calcio come nei sogni di bambino. I novanta minuti di tifo incessante dei tifosi della Stella Rossa mi hanno riempito il cuore e fatto tornare alla mente perché, da piccolo, mi innamorai perdutamente dello stadio con i suoi tamburi, le sue bandiere, le sue figure di varia umanità le cui emozioni dipendevano da quel che accadeva sull’abbagliante prato verde.
La diversità rispetto al campionato
La Champions è il pass per un ambiente esclusivo dove poter ammirare le squadre più forti del mondo, calciatori straordinari che altrimenti vedresti soltanto in televisione. Ma anche tifoserie di altri Paesi, che continuano a vivere il calcio come tu lo hai scolpito nella memoria – forse distorta – di piccolo appassionato. La diversità è innanzitutto fisica. Ai tifosi delle squadre ospiti, al San Paolo, è giustamente concesso la parte superiore di quella che un tempo era la Tribuna laterale. Non sono stipati sotto, quasi invisibili, come avviene nelle partite di campionato (quando alle tifoserie avversarie è permesso di venire in trasferta a Napoli). Con le bandiere e i tifosi avversari allo stadio, usciamo dalla dimensione di ghetto che ormai ha assunto il calcio italiano, dove il confronto con l’avversario non è mai arricchimento ma esclusivamente scontro e scambio di nefandezze. Ed è stato bello ieri, per tutta la giornata, attraversa Napoli e sentire parlare in serbo.
La prima tifoseria avversaria che mi colpi fu quella del Bayern, nel lontano 2011, in quella che resta la Champions più bella mai disputata dal Napoli. Riempirono le gradinate con le loro bandiere, le loro sciarpe e i loro cori. Mesi dopo, li vidi invadere pacificamente Madrid dopo aver vinto ai rigori la semifinale col Real. E pensai: chissà cosa sarebbe successo in Italia, a Napoli come altrove. Dopo aver vinto i rigori, tifosi avversari festeggiare nella piazza più importante della città avversaria. Lo scorso anno mi piacquero i tifosi del Besiktas. Ma ieri sera quelli della Stella Rossa mi hanno proprio aperto il cuore. Mi hanno riportato all’età di sei-sette anni, quando era impossibile guardare il campo perché lo spettacolo sugli spalti era decisamente più affascinante.
Non c’è paragone con le tifoserie italiane
Ultimi in classifica nel girone di Champions – torneo che non giocavano da 27 anni -, al seguito della loro squadra che aveva poche speranze di vincere e che sul campo ha preso tre gol di cui il primo dopo dieci minuti. Nulla ha intaccato la loro performance. Tamburi (tra l’altro suonati anche con cambi di ritmo), bandiere, canti, cori. Canti stentorei, quasi mai nenie autoreferenziali come quelle che oggi si ascoltano negli stadi italiani. C’era gioia nel loro tifo, non c’era rancore, non c’era spirito di rivendicazione (che pure non manca da quelle parti). Hanno mortificato il tifo del San Paolo, lo avrebbero fatto in qualsiasi stadio d’Italia. Il silenzio li colpiva giusto nel momento del gol subito, come se fosse una stilettata. La certificazione che la partita la seguivano eccome. Un secondo dopo, erano di nuovo a cantare a suonare e a saltare. E nel secondo tempo, oltre al gol confezionato da Hamsik e Mertens, l’aspetto più emozionante è stato un coro sulle note di Bella Ciao intonato in serbo per cinque minuti buoni, se non di più. Anche se le Delije, i tifosi della Stella Rossa, sono nazionalisti e di estrema destra come da ricordo di Ivan Bogdanov in Italia-Serbia, a Genova, di qualche anno fa.
Con una tifoseria così, è impossibile non dare in campo tutto quello che hai. Se non lo facessi, ti sentiresti un ladro. A fine partita, i napoletani sono andati via. Il San Paolo è rimasto vuoto. Loro, come da disposizioni della polizia, dovevano rimanere lì. Hanno continuato a cantare, dopo aver perso 3-1 e le residue speranze di passare il turno. E regalato l’ultima chicca: un coro con “Bandiera rossa” in serbo. Sarei rimasto per ore ad ascoltarli.
Se torno a nascere, nasco tifoso della Stella Rossa.