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La vittoria di Ancelotti sui cori razzisti, da leader politico

Da solo, senza alzare la voce, ha evitato invocazioni al Vesuvio durante Atalanta-Napoli. Un modello per i nostalgici della Prima Repubblica

La vittoria di Ancelotti sui cori razzisti, da leader politico

Senza cori sul Vesuvio

La leadership è più o meno come il coraggio per Alessandro Manzoni: “se una non ce l’ha, non se la può dare”. E il giorno dopo Atalanta-Napoli, sono tante le orecchie che dovrebbe fischiare in Italia. Da solo, Carlo Ancelotti è riuscito in quella che fino a pochi giorni poteva essere considerata una titanica impresa: far disputare Atalanta-Napoli senza cori di discriminazione territoriale, senza invocazioni al Vesuvio né canzoncine di dubbio gusto sul colera e la scarsa pulizia dei napoletani.

Da solo, senza mai alzare la voce, senza minacciare – ben sapendo, da consumato politico, che la minaccia è un’arma a doppio taglio – ha portato il tema “razzismo e discriminazione territoriale” al centro del dibattito. Al punto da costringere il neopresidente della Federcalcio Gravina a una di quelle esternazioni che non possono non far sorridere: il numero uno del calcio italiano è intervenuto per segnalare agli addetti ai lavori, in primis agli arbitri, che dalla 14esima giornata di campionato sarebbe stata di nuovo applicata la norma dimenticata. La norma che prevede lo stop alle partite in caso di cori discriminatori.

Modello Prima Repubblica

Sta qui la grandezza di Carlo Ancelotti. Da consumato politico, ha semplicemente ricordato che la legge esisteva. Bastava applicarla. Il suo carisma ha fatto il resto. Non ci addentriamo nella disputa politica, di certo però Ancelotti potrebbe diventare un modello di riferimento per i nostalgici della Prima Repubblica. Per coloro i quali il nuovismo della politica può anche bastare, per chi ripensa con le lacrime agli occhi alla politique politicienne. I più estremisti trascorrono i loro pomeriggi ad ascoltare dotti discorsi di Craxi e/o De Mita colui il quale sosteneva che “compito della politica è creare politica”.

Ovviamente Ancelotti rifiuterebbe simili etichette. Farebbe finta – da navigato tenente Colombo – di non cogliere il riferimento, oppure lo liquiderebbe con una risata. Lui ha semplicemente posto il tema di una legge che esisteva e che era finita nel dimenticatoio. È riuscito a far giocare Atalanta-Napoli senza cori razzisti. In Italia stiamo messi così male che la notizia oggi è l’uomo che morde il cane.

Anche i tifosi hanno capito che il loro avversario era Ancelotti. È ad Ancelotti che i bergamaschi hanno dedicato i primi cori al fischio d’inizio. È di Ancelotti che ha parlato la titolare interista del bar di fianco allo stadio, in via Marzabotto, il Queen’s bar: «Queste cose si dicono in tutti gli stadi, da sempre. Per il resto, noi tifiamo contro l’Atalanta».

A tanti dirigenti italiani saranno fischiate le orecchie

Il pubblico di Bergamo ha dato dimostrazione di maturità, ha creato un bel clima, di grande civiltà. Questo deve essere il calcio: una festa di sport, in cui c’è un vincitore e un vinto. È stata una bellissima serata per tutti, anche per i tifosi dell’Atalanta che saranno sì dispiaciuti per la sconfitta, ma contenti per l’atteggiamento della loro squadra. C’è stato un segnale di come dovrebbe essere una serata di sport dentro e fuori dal campo.

A tanti dirigenti del calcio italiano saranno fischiate le orecchie. Bastava una personalità autorevole che ponesse il problema. È la prima parte della frase che oggi ci regala un vuoto che sembra drammaticamente incolmabile. In poche settimane, Ancelotti ha ottenuto più di quanto accaduto in tanti anni di calcio italiano. E anche di proteste napoletane. L’autorevolezza è un concetto pressoché sovrapponibile alla leadership. E al coraggio manzoniano.

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