Napoli-Bologna, l’analisi tattica: perché Ancelotti ha scelto il 4-4-2, il calcio liquido e le differenze rispetto al passato.
La lezione del 4-4-2
Napoli-Bologna è una partita che ha un certo impatto sul racconto tattico della squadra di Ancelotti. Il tecnico emiliano, ieri, ha mostrato – di nuovo – i motivi che l’hanno spinto a modificare lo schieramento base del Napoli, inserendo il doble pivote a centrocampo. Il 4-4-2 in fase di non possesso era ed è una scelta inevitabile se l’idea era quella di utilizzare dei terzini portati al gioco d’attacco. Il Napoli è andato e sta andando proprio in questa direzione, secondo un approccio al gioco fluido in fase offensiva ma estremamente rigido quando c’è da recuperare il pallone.
Il campetto medio posizionale del Napoli
Sopra, vediamo la rappresentazione grafica di questi concetti. Come contro la Spal, Ancelotti ha scelto Malcuit e Ghoulam come laterali difensivi. Una scelta sbilanciata in avanti, perché l’idea era quella di forzare il dispositivo difensivo del Bologna giocando tantissimo sugli esterni. È una strategia che il Napoli ha utilizzato spesso in questa stagione, soprattutto contro squadre arrivate al San Paolo con un piano partita estremamente difensivo. Proprio perché l’intenzione è di far spingere molto entrambi i terzini, Ancelotti ha deciso di rinunciare ad un centrocampista, fissando letteralmente due calciatori davanti alla difesa che attuano le coperture preventive in fase di transizione. Il famoso doble pivote.
È un concetto che abbiamo spiegato molte volte: l’idea di Ancelotti era quella di creare due catene offensive funzionanti in contemporanea, a destra e a sinistra, mantenendo il modulo 4-3-3. Solo che l’assenza di un centromediano in grado di garantire un buon rendimento difensivo, soprattutto in transizione, ha reso il Napoli troppo sbilanciato in avanti nelle prime partite della nuova stagione.
Sarri ovviava al problema tenendo più basso Hysaj, e concentrando la costruzione del gioco sulla sola fascia sinistra. Ancelotti ha deciso di insistere sul suo progetto, e per farlo ha rinunciato al centrocampo a tre per avere quattro uomini fissi per coprire sulle ripartenze avversarie. I terzini possono rimanere alti, ma il Napoli non va quasi mai in inferiorità numerica. Anche se gli avversari ribaltano velocemente l’azione.
Napoli-Bologna
E arriviamo di nuovo a parlare di Napoli-Bologna. Con queste premesse è più chiaro capire come Ancelotti abbia cercato di vincere la sfida contro la squadra di Inzaghi, una delle più conservative in Serie A. Sotto, i dati del baricentro e il campetto medio posizionale dei rossoblù evidenziano questa tendenza. Se ci aggiungiamo che il Bologna ha il terzultimo attacco della Serie A, la 15esima quota di tiri per match e conta appena 9 gol su azione manovrata, abbiamo un quadro eloquente dell’approccio tattico di Inzaghi.
Per penetrare nel fortino avversario, il Napoli ha giocato una partita molto offensiva. Il campetto in apertura dell’articolo ci ha mostrato le posizioni medie, sotto andiamo nel concreto e vediamo come gli esterni d’attacco creino spazi per i terzini, dando vita a un vero e proprio 2-2-5-1 in fase di rifinitura. È un’evoluzione in potenza del 4-4-2: i laterali si muovono in sovrapposizione esterno-interno a seconda della situazione, la seconda punta si muove dietro il centravanti. Il primo gol di Milik nasce proprio da una situazione di questo tipo, con Malcuit che attacca la fascia, e poi cerca il cross al centro. Anche la seconda rete dell’ex Ajax nasce da una situazione simile, con il terzino francese in avanscoperta.
Callejon si apre per lasciare la traccia interna a Malcuit; Verdi è strettissimo al centro, Ghoulam sale ad accompagnare l’azione; Milik e Mertens attaccano l’area; solo Zielinski è fuori inquadratura, addirittura più arretrato rispetto ad Allan. È uno dei due uomini fissi in copertura, e ora Allan è salito in appoggio alla fase di costruzione.
Il Napoli non ha sofferto
Dal punto di vista puramente tattico, il Napoli ha sofferto realmente solo nei primi dieci minuti di gioco. Ovvero, nel momento in cui ha dovuto registrare le spaziature della linea a quattro senza l’esuberanza di Koulibaly. Dal quindicesimo all’80esimo minuto, il Bologna ha costruito 4 tentativi verso la porta di Meret. Due di questi da situazione di palla da fermo (il gol di Santander e un colpo di testa di Falcinelli su corner). La percezione del dominio della squadra di Ancelotti non è stata netta, ma il Bologna ha costruito una sola occasione da gol su azione dinamica in tutta la partita, dopo pochi secondi di gioco con Poli. Tutte le altre chance sono arrivate da palla inattiva. Anche i 3 tentativi concessi dall’80esimo al 90esimo sono arrivati da punizioni e/o corner.
Il gioco da fermo resta un aspetto della tattica calcistica, Ancelotti dovrà lavorarci. È stato uno dei punti negativi di una serata complessivamente poco brillante. In una partita strategicamente non sofferta come suggerirebbero il risultato e le sensazioni, il Napoli ha lasciato in bilico il risultato per mancanze evidenti nella pura creatività offensiva. I dati dei passaggi chiave sono didascalici: 3 per Mertens e 3 per Fabian Ruiz. Uno per Milik e Verdi. Zero per Callejon, Allan e Zielinski. Certo, ci sono stati molti cross dalle fasce (36 per l’esattezza), ma ieri è come se il Napoli avesse voluto/potuto sfruttare solo questa selezione. Come se non ci fossero alternative.
L’ingresso di Fabian Ruiz ha reso più vario e fluido il possesso sulla fascia sinistra, dal lato di Verdi e Ghoulam. Proprio loro hanno offerto una prestazione anonima, la sensazione è che la presenza di un esterno più puro abbia penalizzato l’algerino. Le condizioni fisiche non ottimali dei due calciatori (anche Verdi era reduce da una lunga assenza) e l’attenta difesa del Bologna in area hanno reso complicata la costruzione di buone occasioni da quella parte. Anche se Verdi è riuscito a mettere per due volte un compagno a tu per tu con il portiere. È la forza del talento, che si manifesta a sprazzi anche in una serata non proprio brillante. Sotto, vediamo un momento di buon interscambio tra l’ex Bologna e Ghoulam. Da qui nasce il tiro a giro di Mertens deviato splendidamente da Skorupski.
Conclusioni
Lo screen appena sopra ci mostra il calcio offensivo di Ancelotti in purezza. Giocatori che attaccano l’area da più posizioni, o meglio da posizioni non fisse, dopo aver creato lo spazio. Una codificazione meno rigida, eppure studiata. Prima abbiamo spiegato il 4-4-2 in fase difensiva, o meglio i motivi che spingono e hanno spinto il tecnico emiliano a fare questa scelta. Tutto è correlato. E si tratta di una scelta efficace, oltre ai numeri del campionato (appena 11 gol subiti in 16 partite dall’adozione del nuovo modulo) abbiamo visto come anche ieri sera il Bologna abbia creato davvero pochi problemi, se non su palla da fermo.
In molti scrivono e pensano che il Napoli sia una squadra che abbia abbandonato il gioco corale per affidarsi alle individualità. E che solo grazie a queste abbia vinto alcune partite, ad esempio quella di ieri. È una lettura superficiale, perché in un solo pezzo – questo, non molto differente dagli altri già pubblicati nella prima fase della stagione – abbiamo mostrato quanto lavoro di pianificazione strategica ci sia dietro ogni scelta di Ancelotti. Solo che il nuovo tecnico predica un calcio diversamente dominante rispetto a quello di Sarri, il Napoli 2018/2019 ha un’identità meno chiara ma più mutevole rispetto al passato, c’è meno possesso palla e quindi la percezione del campo e del pallone in pieno possesso è inferiore. C’è meno spettacolo puro, ma anche fine a se stesso.
Però le percezioni e lo spettacolo puro non fanno classifica, e non fanno i numeri. Il Napoli 2018/2019 ha il terzo miglior attacco della Serie A, ha una media gol pressoché immutata rispetto allo scorso anno (2.02 contro 1.96) e tira di più verso la porta avversaria (18.5 conclusioni ogni 90′ contro 17.3). Questa è la realtà. Il resto sono gusti che si travestono da opinioni.