L’analisi tattica di Liverpool-Napoli: la squadra di Ancelotti è mancata in certe connessioni, quella di Klopp ha dato una lezione di pressing a tutto campo.
Il Napoli non è riuscito ad uscire
Analizzare Liverpool-Napoli dal punto di vista tattico vuol dire partire da un dato: la squadra di Ancelotti ha finito la partita con una precisione dei passaggi pari al 76%. Ovvero, una quota inferiore di dieci punti percentuali rispetto alla media del campionato, ma anche di quella relativa Champions League.
Rispetto al match d’andata, così come a tutte le altre partite giocate bene dal Napoli in questa prima parte di stagione, la differenza è tutta qui: gli azzurri non sono riusciti ad uscire dalla propria area di rigore. I demeriti degli uomini di Ancelotti, ovviamente, si mischiano con gli enormi meriti del Liverpool di Klopp. Una squadra che, a differenza del match del San Paolo, è riuscita a imporre il suo contesto alla partita di ieri sera: pressing serrato su ogni pallone, meccanismi di scalata precisissimi in ogni zona del campo e immediata ricerca della giocata verticale. È intensità in purezza, il calcio hard rock che ha portato Klopp nel gotha dei tecnici europei.
Per dirla in soldoni: il Liverpool ha giocato la partita che voleva, quella più vicina alle caratteristiche dei suoi giocatori. Il Napoli non ci è riuscito. Perché “costretto” dalla buona forma dagli avversari, ma anche perché sono mancati alcuni meccanismi e giocatori fondamentali. La statistica che sottolinea questa differenza: 22 passaggi chiave contro 5 in favore del Liverpool, dove per passaggi chiave si intende occasioni create attraverso passaggi che rompono le linee avversarie. Un evento a testa per Callejon, Allan, Mertens, Insigne e Milik. Troppo poco: il solo Alexander-Arnold ne ha messi insieme 6.
Gegenpressing
Dal punto di vista puramente pratico, l’atteggiamento migliore e più efficace del Liverpool si è tradotto in una pressione uomo su uomo fin dalla prima costruzione. Non la marcatura a uomo di Gasperini (per citare un altro sistema difensivo che depotenzia il gioco del Napoli), piuttosto una rincorsa continua e asfssiante dei giocatori rispetto alla posizione del pallone, con coppie che si formano in base alla situazione di gioco. Sotto, un’immagine esaustiva.
Il Napoli costruisce a tre dietro, come d’abitudine. Solo che stavolta l’uscita non riesce ad essere fluida, perché i meccanismi di pressione dei Reds sono praticamente perfetti. Uomo su uomo, sei elementi nella metà campo del Napoli: Albiol sbaglia il lancio sulla sinistra, alla ricerca di Mario Rui.
È una delle definizioni del Gegenpressing, marchio di fabbrica di Jurgen Klopp. Per chiarire il concetto: in realtà, il Gegenpressing “puro” è quello effettuato in transizione, ovvero nel momento in cui la squadra che deve attuare la pressione ha appena perduto il controllo del pallone. Abbiamo visto anche questo, ieri sera, in diverse occasioni. Soprattutto per questo il Napoli non è riuscito a cucire il gioco come al solito – per tornare al discorso precedente. Nell’immagine sopra si può parlare più che altro di pressing posizionale, solo che quando hai una squadra costruita con calciatori ipercinetici, geneticamente portati ad aggredire l’avversario in ogni momento della partita, per lunghi tratti e in ogni zona del campo, è molto più semplice creare questo tipo di meccanismi.
Ovviamente, questo gioco è molto dispendioso. Il Liverpool visto al San Paolo non era una squadra in grado di offrire la quantità di atletismo necessaria a sostenere questo sforzo. Ieri sera, invece, gli uomini di Klopp erano in perfetta forma. È giusto dire che abbiano attaccato il Napoli, ma è ancora più corretto scrivere che l’hanno completamente depontenziato dal punto di vista offensivo. Anzi, gli hanno tolto completamente l’aria. Tanto che solo quando sono inevitabilmente calati – e la squadra di Ancelotti è stata costretta a cercare il gol per l’urgenza del risultato – sono arrivate le occasioni da gol per Callejon e Milik. Solo che si è trattato di azioni non lineari, cioè nate da un errore individuale (Robertson che liscia, palla che finisce a Callejon) e da un lancio rimpallato male e poi addomesticato da Milik.
Come ha attaccato il Liverpool
Oltre a depotenziare il Napoli, il Liverpool ha anche trovato un modo per sfruttare i difetti strutturali della squadra di Ancelotti. Una scelta semplice, che ha pagato i suoi dividendi. In fase di attacco posizionale (cioè palla al piede, partendo da situazione statica), l’idea è sempre stata quella di cercare il pallone per Salah. Dietro le spalle della difesa, e/o nel mezzo spazio tra Koulibaly e Mario Rui. L’ampia distanza nel mismatch tra il terzino portoghese e l’attaccante egiziano si è palesata soprattutto in occasione del primo gol, ma si è percepita per tutta la partita.
È stata una scelta deliberata di Klopp, come si evince dal campetto medio delle posizioni dei Reds (sopra): maggiore densità sulla fascia sinistra, cosicché il pallone a Salah potesse creare connessioni oltre lo scompenso del duello individuale con Mario Rui. Non a caso, l’egiziano è stato il terzo calciatore del Liverpool per numero di palloni giocati (75). Un dato elevatissimo per un attaccante. Un altro dato a supporto: i Reds hanno costruito il 42% delle loro manovre sulla fascia destra.
Cosa è mancato al Napoli
L’azione che ha portato al (contestato) fallo di Van Dijk su Mertens, un giallo tendente al rosso per la violenza dell’intervento, non è importante solo dal punto di vista arbitrale. Piuttosto, mostra ciò che avrebbe dovuto essere e fare il Napoli per battere questo Liverpool. Ovvero, la miglior versione della squadra di Klopp.
Il Napoli copre benissimo sull’attacco avversario, tenendo anche la difesa non troppo schiacciata. E poi, soprattutto, trova il modo per ripartire, aziona la qualità dei suoi calciatori, cerca di esplorare e indovina tracce verticali attraverso cui sfruttare lo sbilanciamento del Liverpool. Sono bastati due passaggi precisi per liberare Mertens in duello individuale con Van Dijk.
Ecco, al Napoli hanno fatto difetto questo tipo di azioni perché è mancata questa personalità. Questa ricerca della qualità, anzi della propria qualità nonostante la forza dell’avversario. Come ha spiegato Ancelotti nel postpartita : «Siamo stati meno lucidi in costruzione, anche per merito della pressione del Liverpool». È un discorso emotivo che però dipende direttamente dal campo, perché dal punto di vista tattico Klopp ha è riuscito a presentare una squadra in grado di limitare gli avversari nelle loro caratteristiche. E ha vinto la sfida con Ancelotti.
Di suo, il tecnico emiliano ha opposto tutto ciò che ha potuto, anche i cambi sono stati indovinati. Solo che il Napoli di ieri sera non è stato abbastanza, ha perso giustamente contro un Liverpool al meglio delle sue possibilità. Il pareggio effettivamente sfiorato nel finale non avrebbe cambiato il giudizio su una partita in cui gli azzurri hanno dimostrato di essere ancora ad un livello inferiore rispetto a certi avversari.